Gianluca Paolucci, La Stampa 2/10/2013, 2 ottobre 2013
DEBITI E GUAI CON LA GIUSTIZIA LA BRUTTA FINE DEI PATRIOTI
Gli unici ad averci guadagnato qualcosa sono i fratelli Fratini. Sono gli unici ad essere riusciti a vendere la loro quota - nel 2011 - e hanno incassato 16 milioni di euro contro i circa 15 investiti nel 2008.
Tra i «patrioti» che nell’ottobre del 2008 tirarono fuori dalle tasche 1,1 miliardi per far decollare la nuova Alitalia la sensazione di aver fatto un buon affare non è molto diffusa. A parte le perdite accumulate - oltre 750 milioni di euro a fine 2012 e altri 300 milioni nel primo semestre del 2013, il totale è pari all’aumento del 2008 - non ha portato molta fortuna agli investitori. Iniziando dai Riva, primi azionisti italiani e secondi dietro Air France, colpiti dalle inchieste della magistratura di Taranto per le vicende dell’Ilva culminati con gli arresti, un anno fa, di Emilio Riva e del figlio Fabio. Tra carcere e domiciliari troviamo anche i componenti di un’altra famiglia di patrioti, i Ligresti. La loro quota del 4,43% è ora in mano a Unipol, che ha acquisito Fondiaria Sai. Proprio le vicende legata alla gestione fin troppo familiare della compagnia hanno portato in carcere Jonella e Giulia (ora tornata in libertà dopo il patteggiamento), ai domiciliari il padre Salvatore mentre il figlio Paolo si trova in Svizzera. Un passaggio dal carcere lo ha fatto anche Francesco Bellavista Caltagirone. La sua Acqua Marcia (ha l’1,77% di Alitalia) è ora marcia davvero. In crisi dal 2010, dopo una serie di tentativi di accordi con le banche per restare in bonis è in procedura concorsuale dal giugno scorso. Un passaggio ai domiciliari lo ha fatto, nel 2009, anche Antonio Angelucci, che della compagnia ha 5,31% tramite la T.h. sa. Editore e senatore Pdl, il suo gruppo delle cliniche è finito in una inchiesta per truffe alla sanità.
Sempre nel filone guai con la giustizia, a luglio è invece arrivata la condanna in primo grado a 1 anno e 8 mesi mesi per Marco Tronchetti Provera (1,77% in capo a Pirelli) per la vicenda dei dossier illegali, per la quale ha presentato appello. Indagato a Napoli l’immobiliarista Achille D’Avanzo (2,66% tramite Solido Holding). Alle prese con una ristrutturazione del debito con le banche la Gf Group della famiglia Orsero (1,77% del capitale).
Chi ha fatto l’affare è stato il gruppo Toto. Dopo aver venduto Air One, continua a incassare i canoni d’uso di alcuni aeromobili tramite una filiera di società esterovestite. L’accordo è finito nel mirino del fisco italiano, che contesta ad Alitalia le operazioni condotte sulla flotta Air One tramite una serie di società irlandesi. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la compagnia deve pagare 33 milioni di euro. Toto non deve nulla, in vista di un accordo del 2009 che scaricava su Alitalia eventuali contestazioni relative alla rete di società estere.
Ma se Toto ancora festeggia, i Fratini non si possono certo lamentare. Se non altro per lo scampato pericolo. Com’è stato possibile che loro, e solo loro, siano riusciti a tirarsi fuori dalla partita Alitalia, ripostando addirittura una plusvalenza in bilancio? A comprare fu Intesa, grande regista dell’operazione Cai-Alitalia, nei cui uffici milanesi prese forma e sostanza la cordata dei «patrioti» durante e dopo la campagna elettorale del 2008. Che ha portato così la sua quota al 10%. Secondo le ricostruzioni, il «merito» sarebbe di una serie di contratti derivati sottoscritti con Intesa da società del gruppo fiorentino e contestati dai Fratini. Tra gli esiti della contestazione ci fu appunto il riacquisto della quota. Oltre a nuove linee di credito per il gruppo. Non tutti i derivati vengono per nuocere.