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 2013  ottobre 02 Mercoledì calendario

PER GLI OPERATORI IL RISCHIO-ITALIA È A LUNGO TERMINE


Si fa presto a rimproverare i mercati di "short-termism". E lo si fa spesso, quando bastonano azioni, bond, Paesi interi: li si accusa di visione corta, si biasima il mordi-e-fuggi guidato dalle logiche speculative di breve termine. Anche lo spread che si stringe e la Borsa che esulta, scommettendo sulla fiducia del Parlamento a Letta, sono esempi di short-termism e non vanno confusi con la fiducia dei mercati. Chi guarda lontano, non si fida ancora del rischio-Italia: teme la paralisi di elezioni-lampo senza riforme, da quella elettorale per garantire sul lungo termine Governi forti e stabili a quelle strutturali per sostenere la crescita.

Il timore di finire l’anno sconvolti da un’apocalisse, quella di un’Italia all’improvviso allo sbando, li rende temporaneamente ben disposti alla prospettiva di un Letta-bis che blindi il deficit/Pil al 3% e riformi il sistema del voto. Altri fattori tecnici contribuiscono a stabilizzare i mercati: il rinvio del tapering della Federal Reserve, costretta a tenere alta la liquidità per lo shut-down; la speranza di un terzo finanziamento LTRO pluriennale (le banche italiane detengono più di 400 miliardi di titoli di Stato e si stima abbiano ancora 240 miliardi dalle due LTRO); i soliti scudi anti-spread pronti per l’uso (la Bce detiene 90 miliardi di BTp dal vecchio Securities markets programme) e un habitat di tassi bassissimi.
Già ieri, tuttavia, tra gli strategist, glieconomisti, i trader italiani e stranieri che seguono il mercato italiano dei titoli di Stato e dei bond bancari c’era chi metteva in guarda la clientela dai rischi di medio-lungo termine che minano l’affidabilità dell’Italia. Più di un rapporto sull’Italia ha ammonito: «prudenza, senza riforme vere l’Italia non cresce». «Andateci cauti, un Governo debole con una maggioranza stretta in Parlamento non è il Governo riformatore che serve all’Italia». Sian Harvinder di RBS ha invitato gli investitori a studiare la Legge di Stabilità italiana che, date le circostanze, «non conterrà le riforme necessarie per evitare un declassamento di rating che invece arriverà portando l’Italia alla BBB-», un solo gradino di distanza dal livello della categoria speculativa dei junk bond. Le agenzie di rating S&P, Fitch, Moody e DBRS stanno alla finestra ma non perdono d’occhio l’Italia sulla quale gravano i loro quattro outlook negativi: alcune di esse assegnano all’instabilità politica un peso molto rilevante per un Paese come l’Italia, con un debito/Pil al 132% e crescita potenziale poco sopra lo zero per cento.
Lo short-termism trova facili rassicurazioni sul fronte delle aste: entro fine anno, stando ai calcoli di Unicredit, il Tesoro dovrà emettere 46 miliardi di titoli di Stato a medio-lungo termine (il 20% circa di un programma 2013 da 245 miliardi). Il collocamento del BTp Italia tra ottobre e novembre amplierà il bacino dei sottoscrittori. In aggiunta scadono due BTp in novembre e dicembre per 37,8 miliardi totali e questo sostiene la liquidità. Tuttavia, i cultori del rischio-Italia guardano sul medio-lungo termine dove i numeri sono meno tranquillizzanti: il 2014 e il 2015 saranno annate impegnative sotto il profilo dei rimborsi. Il 2013 è stato leggero con "soli" 155 miliardi di titoli di Stato a medio-lungo termine in scadenza contro i 194 del 2012, i 193 del 2014 e i 196 del 2015 (importi ai quali vanno sommate operazioni extra e il finanziamento del deficit).
Se oggi Enrico Letta otterrà il voto di fiducia alla Camera e al Senato, lo stesso non potrà dirsi nel rapporto tra l’Italia e i mercati, anche con Borsa e spread positivi. La fiducia dei mercati non è un affare di breve termine ma di lunga visione. Solo quando gli outlook sul rating sovrano italiano torneranno da negativi a stabili per poi diventare positivi e promettere la promozione, solo allora il restringimento dello spread e il calo dei rendimenti saranno una dimostrazione di fiducia.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
@isa _bufacchi