p.rod., la Repubblica 2/10/2013, 2 ottobre 2013
È LA FINE DI UN EQUIVOCO ADDIO ALLE INTERFERENZE TRA GERARCHIE E POLITICA
Don Luigi Ciotti, il Papa nell’incontro con Eugenio Scalfari dice che «la corte è la lebbra del papato». Sembrano parole contro il Vaticano. È così?
«È strano, ma la durezza delle parole del Papa, ha un che di leggero e di salutare. E non credo che queste parole vadano ascoltate come rivolte solo al Vaticano. La denuncia, secondo me, è secca e riguarda chi ama stare vicino al potente di turno senza accorgersi che quel ruolo è una responsabilità di servizio. È a queste persone che si riferisce il Papa quando parla di corte. E mi creda, non ci sono solo in Vaticano. È il cuore umano che è tentato dal potere. E molti mediocri, considerato che non riescono a raggiungere il potere, si accontentano di diventare servi e corte del potente di turno (fino a quando questi ha responsabilità). Ha ragione papa Francesco: diventare servi del potere per acchiappare un po’ di potere (anche se di sponda), vuol dire servire il potere e smarrire la logica e la pratica del servizio. Questa è lebbra. Per tutti. Anche per il Vaticano, se questa si annida nel Vaticano».
Il Papa dice che la Chiesa non deve fare politica. Negli anni passati non è stato così, soprattutto in Italia. È una sconfessione degli ultimi decenni?
«In parte sì. Ma credo di capire che il Papa non chieda alla Chiesa di non fare politica nel senso alto del termine. Devono finire, secondo Francesco e così mi sembra di capire, contatti troppo stretti tra politici e gerarchia cattolica. Una sana indipendenza tra politica e chiesa, rende entrambi più veri e più liberi. Per molto tempo la gerarchia ha intercettato non solo il voto dei cattolici, ma ha anche condizionato le politiche concrete di alcuni Paesi. Non credo che il Papa voglia spingere la Chiesa in cielo e la politica sulla terra. Semplicemente chiede che chi si occupa di terra si assuma le sue responsabilità senza farsi scudo del cielo. Senza chiedere voti e consenso con l’alibi del cielo».
Qual è a suo avviso il segreto di questo Papa. Perché riesce a conquistare tanta gente lontana dalla fede?
«Perché è vero. Perché non dice quello che pensa, ma perché prima pensa e poi dice. Perché non ha niente di finto addosso. Nemmeno la sua umiltà è finta, accompagnata alla consapevolezza del ruolo e dei doveri che deve ricoprire. Francesco piace perché guarda negli occhi sempre quando parla: anche se davanti a sé ha milioni che lo ascoltano».
Francesco dice a Scalfari che la disoccupazione dei giovani e la solitudine dei vecchi sono «il» problema della Chiesa. Ci voleva un Papa sudamericano per sentire parole così?
«Forse. Noi siamo un continente vecchio. Siamo tentati dal contrapporre gli adulti ai giovani e di sacrificare questi ultimi per difendere i diritti e i privilegi di chi è avanti negli anni. Nel Sud del mondo non è così. Le nostre piazze sono piene di capelli bianchi. Nell’America Latina piazze e strade sono dei bambini. Papa Francesco è nel solco dei suoi predecessori: l’unico modo per non contrapporre diritti e generazioni, è partire dai giovani non dimenticando le persone anziane».
(p.rod.)