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 2013  ottobre 02 Mercoledì calendario

QUELL’ILLUMINAZIONE NELLA SISTINA CHE ALIMENTA LE SCELTE INNOVATIVE


Dal buio alla luce, dall’ansia alla pace: nel colloquio con Scalfari il Papa ci informa che all’origine della sua accettazione del Papato ci fu un’esperienza mistica, la chiama proprio così. «Chiesi di potermi ritirare per qualche minuto», racconta: «Chiusi gli occhi» e «una grande luce mi invase». Quella luce nel buio della Sistina, che lo fa Papa, non è solo un vivissimo elemento autobiografico, ma ci fornisce la chiave per intendere la serenità e l’audacia con cui egli va avanti da Papa: non voleva il Papato, ora sa che lo vivrà «con fermezza e tenacia», con «l’umiltà e l’ambizione» che un tale ruolo richiede. Anche queste sono parole dell’intervista e le usa per dire che terrà fede all’impegno di realizzare una Chiesa povera, staccata dagli interessi temporali, capace di «includere gli esclusi». Dopo quest’intervista sappiamo qualcosa di più sulla nuova figura papale impersonata da Francesco: da dove gli venga la libertà e si direbbe l’allegria con cui compie continue scelte innovative e le difende e le moltiplica con parole tranquille che non si sarebbero potute immaginare tenendo conto che il cardinale Bergoglio era già stato votato nel Conclave del 2005 e si era «tirato indietro»: per umiltà, si diceva. Ovvero sconvolto dal confronto negli scrutini con il «decano» Ratzinger. Ricordo un colloquio con il cardinale argentino Jorge Mejia alla vigilia del Conclave del 2005. Alla domanda sull’eventualità dell’elezione di Bergoglio esclamò: «È meglio che non lo votino! È un santo, sarebbe un bel Papa, ma è così umile e si spaventa così facilmente che sarebbe capace di non accettare». Quell’impressione che avevano allora i cardinali che lo conoscevano risultò poi confermata nella pausa del pranzo del secondo giorno di quel Conclave, dopo il terzo scrutinio nel quale pare fosse arrivato ad avere 40 voti, quando pregò i sostenitori di votare Ratzinger. È tornato a spaventarsi otto anni più tardi, ma stavolta ha trovato il coraggio di osare il Papato. Per un dono del Cielo, ci assicura. Il portatore di un tale Pontificato, accettato dopo così viva resistenza, può trarre dall’esperienza stessa dell’accettazione, che avrà comportato pena e consolazione, più di un incoraggiamento: per esempio a non temere critiche e calcoli, essendoci stato all’inizio quel doppio tuffo nel buio e nella luce. L’intervista conferma la sua mancanza di timori. Dice che vuole una Chiesa al servizio dell’uomo: «Che lo sia di più». Le parole sulla coscienza da seguire sempre che aveva detto nella lettera a Scalfari — e che avevano provocato polemiche — qui le «ripete» senza esitare. Promette che «farà di tutto per cambiare» la veduta «vaticano-centrica» della Curia romana. Afferma che la Chiesa «non si occuperà di politica» almeno «fino a quando io sarò qui». Chi potrà obiettare a uno che non volle essere Papa e confessa che lo è per una luce dall’alto?

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