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 2013  ottobre 01 Martedì calendario

MA LA CRISI NON FARÀ PIÙ DANNI DEL GOVERNO


A leggere ciò che scrive e dice praticamente tutto il salotto buono dei commentatori, sembra che in Italia manchino solo le cavallette. Insomma sembra che a rischio siano anche i raccolti, per colpa della rottura imposta da Silvio Berlusconi. Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco. In questa modesta ricostruzione non si vuole prendere una posizione sulle mosse politiche del Pdl (Forza Italia?). Lasciamo i giudizi a chi se ne intende di più. Ma su una cosa cerchiamo di essere freddi. L’economia italiana è da tempo che non gira per il verso giusto e le manovre messe in campo, fino ad ora, dal governo Letta non sono servite a un’acca. Volere attribuire a Berlusconi e alla sue recenti mosse il disagio dell’economia è comprensibile dal punto di vista politico, ma certamente non da quello tecnico. Tutto sommato, se una responsabilità si vuole attribuire al Cavaliere, è quella di aver appoggiato un governo che non ha segnato alcuna svolta di politica economica.
Partiamo dai numeri. A differenza di tutte Europa, l’Italia non sta dando alcun segnale di crescita. Nel documento finanziario presentato il 20 settembre da Letta e dal suo ministro dell’Economia si legge chiaro e tondo che siamo in coda alla ripresa europea. Il terzo trimestre ha visto una crescita della ricchezza dei paesi euro superiore alle previsioni. Esattamente il contrario per l’Italia, che ha dovuto peggiorare il numeretto del Pil rispetto a quanto preventivato. Colpa di Berlusconi? E non si venga a dire che sono stati i tassi di interesse. Il nostro sforamento del deficit dipende per il 75 per cento dalla congiuntura economica. Insomma il Pil cresce di meno e di conseguenze gli introiti fiscali, mentre la spesa pubblica fa sempre il suo sporco dovere: cioè sale. In queste ore gli stessi che ci raccontavano dell’inutilità di abolire l’Imu (una delle poche battaglie vinte dal centrodestra) adesso si dicono preoccupati che per la crisi di governo saremo costretti a pagare la seconda rata a dicembre. Preoccupazione legittima, ma che proviene dagli stessi che ci avrebbero fatto pagare sia la seconda sia la prima. Ma fateci il piacere.
Si dice, ed è vero, che da oggi per colpa del Cav e dei suoi ministri aumenterà l’Iva. L’alternativa però era quella di compensare la tenuta sull’Iva con l’aumento della benzina: sai che risultato. Cambiate il nome, ma sempre di tassa si tratta. A tutti i nostri maestri del pensiero che si stracciano le vesti per la crisi di governo vorremmo fare una domanda secca: quale azienda del mondo è oggi in grado di assumere a tempo indeterminato decine di migliaia di dipendenti? Semplice: la nostra pubblica amministrazione, complice le manovre messe in piedi da questo governo.
Ma andiamo avanti e pensiamo all’economia reale. Ma vi sembra normale che la nostra più importante industria pesante (l’Ilva) sia di fatto commissariata e non in grado di lavorare appieno? È normale che il commissario europeo e spagnolo abbia imposto a una nostra banca (la terza per dimensioni) la ricerca di risorse doppie rispetto al previsto? Quando ad esempio nella stessa Spagna le medesime banche, con ben maggiori guai, se la siano cavate con un prestito europeo, pagato anche dai contribuenti italiani? È forse colpa della crisi di governo se Telecom e Alitalia stanno per essere acquisite da gruppi stranieri? Sia chiaro chi scrive non si scandalizza: ma gli stessi che ritrovano interesse a giorni alterni per il nostro peso in Europa, non sono i medesimi che vorrebbero politiche protezionistiche?
Viviamo in una gigantesca bolla di ipocrisia. Si preannuncia l’arrivo delle cavallette su quel che resta del raccolto economico italiano. Ma è una balla. Come lo era quella dello spread,calato solo per l’intervento di Mario Draghi. L’economia italiana ha bisogno di uno choc e non saranno quattro mosse di buon senso messe in campo da un governo democristiano a procurarlo. Come non sarà una crisi di governo a peggiorare la nostra condizione. Il vero punto di domanda piuttosto è un altro. Davvero si crede che nuove elezioni creino una maggioranza tale da poter dare una sferzata al nostro molle e timido corpaccione statale? È un dubbio legittimo. Mentre è una certezza che con questo governo di larghe intese non si va da nessuna parte.
Nicola Porro