Mirko Molteni, Libero 1/10/2013, 1 ottobre 2013
IL MISTERO DELL’AEREO CON 20 MILIARDI A BORDO
Di aeroplani da trasporto carichi di miliardi di dollari in banconote, finora se ne sono visti solo nei fumetti di Zio Paperone. Ma la realtà pare superare la fantasia all’aeroporto russo di Sheremetyevo, fuori Mosca, dove da 6 anni stazionerebbe sotto sequestro un velivolo con a bordo 20 miliardi di euro, pari a 27 miliardi di dollari, in banconote da 100 euro raccolte a pacchi in 200 bancali di legno, ognuno del peso di una tonnellata. Il peso totale di 200 tonnellate è eccessivo per un comune aereo civile. Non è dato sapere di che tipo di velivolo si tratti, ma ameno che non sia un Antonov An-124 o An-225, i più giganteschi aerei del mondo, capaci di sollevare 170-190 tonnellate, la notizia pare almeno gonfiata sull’entità del carico, se non una «bufala». Ammettendo che la quantità di banconote sia inferiore e volendo prender per buona l’inchiesta avviata in questi giorni dal giornale Moskovsky Komsomolets e ripresa dalla stampa mondiale, l’aereo sarebbe atterrato sulla pista russa il 7 agosto 2007 proveniente da Francoforte, in Germania.
Titolare della spedizione, il faccendiere iraniano 57enne Farzin Koroorian Motlagh, che risiede a Teheran e sarebbe stato dipendente della Banca Centrale degli Emirati Arabi Uniti, nonché operatore di fondi d’investimento nelle isole Mauritius, salvo poi essere implicato in una frodefinanziaria. Di lui si sa poco. Dev’essersi spaventato nell’apprendere che fin dall’arrivo dell’aereo la polizia scoprì il carico sequestrando tutto. Motlagh però non si è mai presentato a Mosca per reclamare il denaro. Dovrebbe dichiarare, secondo la legge russa, un legittimo destinatario, ma evidentemente non può. Un tentativo lo avrebbe fatto «donando» il 17 marzo 2013 la somma a una sedicente «Fondazione di Carità Ucraina» guidata dal moscovita 53enne Alexander Shipilov, che ha rifiutato ogni approccio della stampa e a quanto pare, non è riuscito a metter le mani sul gruzzolo per conto dell’iraniano. Così come non ce l’hanno fatta prestanome della mafia russo-ucraina e cecena, che avevano fiutato l’affare dopo che nell’ambiente della «mala» la notizia era assurta a leggenda.
Subito si è ipotizzato fosse il favoloso tesoro di Saddam Hussein, l’ex-dittatore iracheno catturato nel 2003 e impiccato nel 2006. Il raìs aveva depositato in banche estere almeno 60 miliardi di dollari, in un modo o nell’altro entrati nel circuito finanziario globale. Certe sue proprietà, come le ville, i lingotti e il suggestivo Kalashnikov placcato d’oro trovati dai soldati americani in Iraq, erano solo la minima parte delle fortune accumulate dal dittatore.
Improbabile invece che si tratti dei soldi del Colonnello Gheddafi, scomodato troppo facilmente in questa faccenda. Essendo al potere fino al 2011, quando l’aereo era piantonato già da quattro anni, il dittatore libico avrebbe avuto tutto il tempo per rientrare in possesso della somma, anche confidando nei rapporti, di solito buoni, con la Russia. Una simile fortuna dà l’impressione di essere «orfana» e l’ipotesi Saddam pare la più plausibile, anche perché l’arrivo del carico segue la morte del raìs (30 dicembre 2006) di 7 mesi, il tempo di far calmare le acque per poi organizzare «giri» bancari. La stampa russa ha intervistato vari esperti, a cominciare dall’avvocato Vadim Lyalin, secondo cui: «Dai documenti reperiti, è tutto vero. Dev’essere stato un piano fallito per far passare attraverso i confini della Russia questo enorme ammontare di denaro».
Sbalordito l’economista Nikita Krichevsky: «La somma è pari al 6% del bilancio statale russo! Se fosse data al governo, potremmo dare una casa a tutta la prossima generazione di russi. E pensare che nell’Unione Europea non vedono così tanti contanti! È un’operazione sotterranea ». Le autorità aeroportuali di Sheremetyevo, forse su ordini superiori, tengono invece le bocche cucite sull’aereo «che scotta» e negano perfino il sequestro dei soldi nell’area dello scalo. Il mistero resta fitto.