Paolo Siepi, ItaliaOggi 1/10/2013, 1 ottobre 2013
PERISCOPIO
Se non fosse che rischia di diventare uno stalker, con tutte quelle telefonate in giro, bisognerebbe difendere papa Francesco dallo stalking dei grandi giornalisti. Da quando ha risposto a Scalfari con un bignamino del vecchio catechismo, che il destinatario, da buon neofi ta, ha scambiato per una rivelazione rivoluzionaria, non solo il Papa, ma qualunque sottana di cardinale, arcivescovo, vescovo, monsignore, prete di città o parroco di campagna viene inseguito da molesti direttori di giornaloni, preferentemente atei o indifferenti al tema, che s’improvvisano grandi esperti in teologia, mariologia, liturgia, escatologia, nella speranza di vedersi recapitare dal postino, se non una lettera, almeno un telegramma o un pizzino.
Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Oggi abbiamo meno grandi imprese di Olanda e Belgio. E quelle che ci sono, penso alla Mossi&Ghisolfi e ai Rocca, sono rimaste tutte fuori dal giro di Mediobanca. E i Benetton hanno avuto problemi proprio quando sono entrati in quel cerchio. La banca milanese infatti è sempre stata gestita da persone di forte rettitudine morale ma, per loro, il futuro era il passato. Romano Prodi. Corsera.
Basta con la gara a chi offre più affetto a Berlusconi, la gente ci chiede di governare. Giuseppe Castiglione, Pdl, sottosegretario. Ansa.
Ormai Berlusconi ha quasi ottant’anni e sembra davvero un nonno che racconta ancora fi abe in tv a un pubblico di bambini mai cresciuti. Si è scritto più volte che Berlusconi era fi nito e non è fi nito mai. Da ingenui, non mettevamo nel conto che i suoi teorici avversari, la sinistra italiana, gli odiati comunisti, l’avrebbero salvato. È avvenuto per la prima volta con l’invenzione della Bicamerale al posto delle leggi sulle tv e sul confl itto di interesse. E poi ogni volta che era necessario. La sopravvivenza di Berlusconi è una manna per il giornalismo dei venduti, servi senza talento che hanno fatto carriera e soldi in questi anni un po’ dappertutto e ormai governano il sistema dei media E, in fondo, tutto ciò piace anche a Grillo. Curzio Maltese. il venerdì.
Si chiede di istituire una Commissione di inchiesta sul caso Moro (sarebbe la terza). La proposta è stata fatta dal Pd ma fi rmata anche da parlamentari di centrodestra e da un folto gruppo di ex dc, a partire dal primo fi rmatario, Beppe Fioroni. Si parla del «caso Moro» e, più volte de «la morte di Moro» ma non si parla mia dell’uccisione, omicidio o assassinio di Moro ad opera delle Br. Se non è stato ucciso, come è morto Aldo Moro? Di dispiacere, di cattiva alimentazione, per un tamponamento della Renault 4 su cui fu ritrovato? Marcello Veneziani. Il Giornale.
Dicono che Silvio abbia ritardato l’uscita del suo video per paura che le molte dirette tv sulla rotazione della Costa Concordia lo facessero passare in secondo piano. Sarà, ma se fosse vero che gli italiani si lasciano attrarre maggiormente dalle immagini che raccontano di una grande tragedia, non avrebbero preferito guardare Berlusconi che annunciava il ritorno di Forza Italia? Dario Vergassola. il venerdì.
Grillo non è affatto un comico, perché non fa niente per far ridere. Il suo mascherone è decisamente spaventoso, ricorda le teste mozze di Oloferne dipinte da Artemisia Gentileschi, ma senza eros e molta polvere, polvere di secoli, direi. O quelle teste di pirati infi sse nei pennoni dopo una battaglia navale nel Mar dei Caraibi. Non fa ridere, Grillo, ma non fa nemmeno piangere, l’unico sentimento che davvero suscita è di un lontano terrore e di una ravvicinata follia. I suoi non danno alcuna speranza per il semplice fatto che sembrano, e probabilmente sono, dei disperati. Hanno abbandonato la nave politica e si sono stipati sulla nave dei folli, con proclami stralunati e millenaristi; abbordano i posti di potere e, una volta che li hanno conquistati, si siedono sulle poltrone, palpeggiando il velluto e guardandosi attorno smarriti. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.
Bazoli e Guzzetti (i due azionisti forti di Banca Intesa) oggi rinnegano Tommaso Cucchiani, che pure avevano scelto, perché si sono accorti che avevano sbagliato, due anni fa, a sceglierlo. Cucchiani è un ottimo presidente, uomo di relazioni, di visioni macroeconomiche. Ma non è, come dicono in banca, un operativo; non è un consigliere delegato. Che poi è il titolo che è scritto sul suo biglietto da visita. Nicola Porro. Il Giornale.
Vi sono delle persone che hanno una straordinaria capacità di resistere nelle situazioni più disperate, di sperare quando tutto sembra perduto. Nei campi di sterminio hitleriani e dei gulag sovietici, accanto a coloro che venivano presi dalla sconforto e morivano, ve ne erano altri che resistevano. Come i Testimoni di Geova che interpretavano le paurose tribulazioni del presente come il segno dell’avvicinarsi del giudizio divino. Nelson Mandela ha resistito 27 anni in prigione e, alla fine, ha condotto alla vittoria il suo popolo. Ma perché credeva nel suo popolo e il suo popolo in lui. È l’individuo isolato che perde la speranza. Francesco Alberoni. Il Giornale.
Nei Paesi anglosassoni il plagiarism (il plagio) è un reato (lo si insegna nelle università) ma anche qualcosa di più: un discredito che uno si porta addietro per tutta la vita. Abbiamo letto di romanzieri messi al bando, di giornalisti cacciati dal posto di lavoro, di artisti che hanno dovuto sborsare multe milionarie. Tempo fa, in Germania, il ministro della difesa, Karl-Theodor zu Guttemberg, si è dovuto dimettere, dopo essere stato accusato di aver ottenuto un dottorato di ricerca dall’università di Bayreuth presentando una ricerca in gran parte copiata. Da noi, il concetto è molto più blando: il plagio diventa una citazione, la citazione un omaggio, l’omaggio una parodia. Chi è còlto con le mani nel sacco, s’inventa le scuse più fantasiose: colpa della mamma, della memoria. Intere pagine di Via col vento sono fi nite in un romanzo come «ricordo involontario». Alla fi ne, però, vale sempre la regola dello sceneggiatore Wilson Mizer: «Quando rubi da un autore, è plagio. Quando rubi da tanti, è ricerca». Aldo Grasso.
Dacia Maraini: La penna montata. Marcello Marchesi, Il Dottor Divago. Bompiani.
Nessuno ama la vita come chi sta male. Roberto Gervaso. Il Messaggero.