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 2013  ottobre 01 Martedì calendario

SCONTRO SUL BUDGET USA, SI FERMA IL GOVERNO


Con lo spettro dello shutdown che incombe e nessun accordo sul budget in vista, democratici e repubblicani hanno alternato ieri scambi di accuse a frenetiche trattative per scongiurare la prima chiusura del governo americano in 17 anni per mancanza di fondi. Una "serrata" parsa sempre più probabile con il passare delle ore verso lo scoccare della mezzanotte. E che ha tenuto con il fiato in sospeso i mercati finanziari, facendo temere che lo scontro degeneri fra due settimane in un ben più grave mancato innalzamento del tetto del debito federale, con rischi di default per gli Stati Uniti.
In serata il presidente Barack Obama ha parlato al Paese, non nascondendo che lo shutdown avrebbe «impatto sulla vita degli americani». Obama - che ha si è apertamente lamentato di «una fazione di un ramo del Parlamento che vuol chiudere il governo» - si è mostrato però ottimista che «la Camera farà alla fine al cosa giusta» e ha confermato la sua volontà di «andare avanti con la riforma sanitaria».
Il Senato a maggioranza democratica ha respinto seccamente – 54 voti contro 46 - l’ultima dura proposta uscita nel fine settimana dalla Camera controllata dai repubblicani. Un progetto che prevedeva il rinvio di un anno della riforma sanitaria in cambio del varo del budget per il nuovo anno fiscale che comincia oggi. Il muro contro muro non ha chiuso del tutto la partita. Davanti all’impasse il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell, ha considerato misure per finanziare temporaneamente il governo per una settimana, con l’intenzione di dare tempo per trovare un compromesso e stemperare le tensioni. Anche questa ipotesi è poi tramontata.
Il danno economico di uno shutdown si profila grave e progressivo. Moody’s Analytics ha calcolato che una paralisi di tre o quattro settimane costerebbe al Paese, e alla sua economia tuttora convalescente, almeno 55 miliardi di dollari. I piani d’emergenza prevedono che fin dalle prossime ore quasi 800mila dipendenti federali restino a casa. Le perdite nella sola capitale, per la chiusura di attività che vanno dai musei agli zoo, sono stimate in 200 milioni di dollari al giorno. Il Pentagono ha indicato che il personale militare rimarrà in servizio senza paga, costretto però a sostituire i dipendenti civili. E i ministeri cancelleranno qualunque rapporto o dato economico, compresa la disoccupazione di settembre venerdì.
Le ripercussioni politiche e d’immagine potrebbero a loro volta essere pesanti, per tutti i protagonisti e soprattutto per i repubblicani. McConnell e altri leader hanno cercato vie d’uscita fino all’ultimo minuto temendo che il partito, piegandosi troppo alle correnti più populiste e radicali dei Tea Party, venga in seguito accusato di irresponsabilità dall’opinione pubblica. Un’accusa che potrebbe trovare eco l’anno prossimo, nel corso delle elezioni per il rinnovo del Congresso.
Un impatto sempre più preoccupante potrebbe inoltre emergere sulle piazze finanziarie, finora rimaste a guardare, se la paralisi si protrarrà. Gli indici di Borsa sono stati inchiodati in territorio negativo durante la giornata di ieri, in un clima di grande incertezza e attesa. Il timore però serpeggia e va al di là della battaglia sul budget. In mancanza di intese potrebbe partire il conto alla rovescia verso un test ancora più delicato, fra sole due settimane: entro allora serve un innnalzamento del tetto del debito federale, fermo a 16.700 miliardi di dollari, per evitare che gli Stati Uniti possano diventare incapaci di far fronte a tutti i loro obblighi. Il Tesoro ha già fatto sapere che esaurirà i fondi e le manovre contabili straordinarie il 17 ottobre. Anche in questo caso i repubblicani hanno finora condizionato un’intesa a drastici tagli di spesa, compresa la cancellazione di Obamacare.
M.Val.