Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 1/10/2013, 1 ottobre 2013
TRE SCUDI E IL PIL FRENANO L’ONDATA SPECULATIVA
Berlusconi nel novembre 2011, Monti nel dicembre 2012, Letta a fine settembre 2013: la caduta dei tre governi ha un comune denominatore, il fattore tempo. L’Italia ha perso per tre anni consecutivi la guida politica nei mesi più impegnativi per la tenuta dei conti pubblici e il rilancio dell’economia. La reazione dello spread BTp-Bund e del rendimento dei titoli di Stato è stata simile nei giorni caldi delle tre crisi politiche: il gap tra Italia e Germania si è ampliato, i tassi sono saliti. Eppure l’entità degli scossoni è stata molto variegata: tragica nel 2011, modesta nel 2012, quasi impercettibile - solo per ora - in questi giorni.
I tre traumi politici sono avvenuti infatti in contesti domestici e internazionali molto diversi. Nel 2011 l’Eurozona barcollava, la crisi del debito pubblico sovrano europeo esplodeva e l’Italia entrava in recessione mentre a distanza di due anni l’area euro è più solida e affidabile e l’economia italiana, come quella europea, torna a crescere. Tra il 2011 e il 2013, inoltre, la Bce ha assunto un ruolo molto più attivo per sostenere l’economia con una politica monetaria accomodante di tassi bassi e nuovi strumenti non convenzionali per neutralizzare il rischio di disgregazione dell’euro e riparare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria danneggiati dalla frammentazione del mercato interbancario e dagli spread tra Paesi core e periferici. L’Italia ora è protetta da tre scudi anti-spread e le sue sceneggiate politiche sono tollerate dalla positività nei mercati legata al ritorno della crescita: questo naturalmente non cancella dalla mappa l’orlo del baratro, che c’è ma è solo meno visibile.
La prima grande differenza tra le crisi 2011, 2012 e 2013 è il segno davanti al Pil. Il Prodotto interno lordo dell’Italia nel quarto trimestre 2011 è diminuito sul trimestre precedente, un calo per il secondo trimestre consecutivo che ha sancito l’ingresso in «recessione tecnica». I guai per il governo Berlusconi e il ministro dell’Economia Tremonti iniziarono quell’anno quando i mercati iniziarono a percepire il rischio della decrescita economica, confermata nel 2012 a -2,4%, nella cornice della crisi del debito sovrano europeo. Al nervosismo dei mercati a fine 2011 si aggiunse una prima ondata di declassamenti del rating sovrano italiano. L’incendio sul rischio Italia divampò e si estese sempre più velocemente: soffiavano in quel periodo forti i venti del default della Grecia, con perdite inflitte ai creditori privati sottoscrittori di titoli di Stato, il primo caso di haircut sul debito sovrano di un Paese dell’Eurozona (deciso nel drammatico Consiglio europeo del 26 ottobre).
I rendimenti in asta dei titoli di Stato italiani schizzarono alle stelle, tra novembre e dicembre quasi sfiorarono quell’8% superato già sul secondario. La lettera che Trichet e Draghi inviarono al Governo Berlusconi fu un tentativo anomalo e fors’anche goffo di "condizionalità", in quanto la Bce con il Securities markets programme finì con l’acquistare in quel periodo titoli di Stato italiani sul secondario per 100 miliardi di euro (oltre a quelli greci, portoghesi, irlandesi e spagnoli).
Nel 2012, Monti ha garantito la tenuta dei conti pubblici con manovre draconiane e la riforma delle pensioni, avviando il cammino delle riforme strutturali per la crescita tra le quali quella del lavoro, richiestissima dai mercati. Traders e investitori in BTp si sono tranquillizzati per qualche mese ma il contesto è rimasto incandescente nonostante i due finanziamenti triennali alle banche della Bce che nel dicembre 2011 e nel gennaio 2012 ha iniettato un totale di 1.000 miliardi nel sistema (utilizzati in buona parte dagli istituti italiani e spagnoli per assorbire le vendite dei titoli di Stato da parte dei non residenti).
Oltre al problema irrisolto della recessione, che peggiorava in tutte le economie europee più deboli anche a causa dell’austerity, l’Eurozona ha dovuto sanare quell’anno il buco nei bilanci delle banche spagnole: per evitare un programma pieno di bail out, è stata adottata una procedura inedita con l’Esm che ha trasferito nel dicembre 2012 fino a 40 miliardi di aiuti allo Stato spagnolo finalizzati alla ricapitalizzazione delle banche.
Nel 2012 l’Italia ha subito una seconda ondata di declassamenti di rating e i rendimenti dei titoli di Stato sono risaliti: solo l’annuncio delle OMTs (acquisto non automatico di titoli di Stato con vita residua tra uno e tre anni, sul secondario, da parte della Bce a sostegno dei Paesi che ottengono aiuto esterno dall’Esm) ha consentito ai rendimenti dei BTp di tornare a scendere.
La crisi del Governo Letta innescata dalle dimissioni di cinque ministri arriva in un momento congiunturale italiano ed estero più favorevole: i picchi della crisi del debito sovrano dell’Eurozona si spera siano alle spalle anche se Grecia, Portogallo e Irlanda non riescono ancora a reggersi sulle proprie gambe e se resta tutta da giocarsi la partita dell’unità bancaria e della vigilanza bancaria unica europea. In Italia torna la crescita, anche se fragilissima. I rating restano minacciati dagli outlook negativi ma la discesa ha perso impeto. La Bce continua a tenere i tassi bassi e fa intendere che una terza LTRO è pronta, una mossa risolutiva che consente alle banche di non dover vendere i titoli di Stato per ripagare il maxi-prestito che dal gennaio 2014 diventerebbe a breve con scadenza di un solo anno.