Francesco Semprini, La Stampa 1/10/2013, 1 ottobre 2013
HARRY, 103 ANNI DORME SULLA SCHIENA E MANGIA SOLO PESCE
Cenare ogni giorno al ristorante con menu a base di pesce, dormire rigorosamente sdraiati sulla schiena e avere sempre un desiderio da esaudire. È questo il vademecum che ha consentito ad Harry Rosen di spegnere da poco 103 candeline con la lucidità e la forma fisica di chi ha una ventina di anni in meno. «Quando mi chiedono l’età, quasi sempre mento, dico che ho 90 anni», racconta il secolare newyorkese. Non un vezzo il suo, piuttosto voler evitare conversazioni monotematiche. «Si finisce a parlare solo dell’anagrafe, sembra che cerchi attenzione e invece non è così, anzi, in quei casi mi annoio», spiega mentre si aggiusta il tovagliolo sulle gambe.
Come ogni giorno Harry ha preso posto in uno dei suoi ristoranti preferiti di Manhattan, per la consueta cena a base di pesce. Rosen vive in un piccolo appartamento sulla 57esima strada, nel versante Ovest di Midtown, una sistemazione piccola ma funzionale alle sue necessità. A casa però non cena mai, ed ogni tardo pomeriggio prende un taxi e fa rotta in uno dei suo luoghi preferiti, Café Boulud, ad esempio, nell’Upper East side, o Boulud Sud al Lincoln Center, e ancora da Avra Estiatorio, non lontano dal Palazzo di vetro delle Nazioni Unite.
«Non ceno a casa da molti anni», dice il centenario, spiegando che dopo la morte della moglie Lillian, cinque anni fa e dopo 70 di matrimonio, ha provato a fare dell’altro, come frequentare gruppi per single della terza età. «Nulla però - dice - mi fa star bene e a mio agio come un buon ristorante». Capita talvolta che non gli venga chiesto di pagare, una carineria di cui però Rosen non ha bisogno. Il suo business di forniture per uffici ha guadagnato parecchio nella lunga attività e oggi lui si può permettere cene di pesce da 100 dollari a sera.
Del resto la passione per «diner» e ristoranti è un retaggio della sua vita professionale. Una parte importante del suo lavoro era intrattenere rapporti con i clienti pranzando o cenando con loro. Così dopo la pensione (davvero tarda, a dirla tutta), dovuta alla sue orecchie non più reattive come un tempo, la necessità lavorativa è divenuta uno stile di vita. «È la mia terapia, mi tiene alto lo spirito», spiega mentre restituisce il menu.
Al David Burke Townhouse, ristorante sulla 61esima ai piedi del grande magazzino Bloomingdale’s, dove si reca almeno due volte a settimana, Harry non ha bisogno di consultare la carta. Appena entra, i camerieri lo fanno accomodare al consueto tavolo d’angolo, gli portano il solito bicchiere di chardonnay, l’antipasto di salmone affumicato e crudo di tonno e quindi il trancio di pesce spada, rigorosamente privo di pelle e accompagnato da un passato di verdure, a cui può tener testa anche la sua dentatura provata.
Una longevità non ereditaria la sua, visto che la mamma di Harry è morta a 53 anni e il papà a 70 anni, pur avendo vissuto in tempi con un’aspettativa di vita decisamente più contenuta rispetto a oggi. Una longevità dove anche il riposo ha la sua importanza: «Ho letto da qualche parte che uno dei segreti di lunga vita è dormire sdraiati sulla schiena, - racconta - e io mi attengo scrupolosamente», dice Harry, che ha vissuto abbastanza per vederne molti di buoni ristoranti a New York, e ovviamente per frequentarli. In fondo, è la ricompensa per una precedente vita difficile, con gli umili pasti consumati da adolescente in Russia, dove è cresciuto.
Da bambino ricorda di aver marciato nelle manifestazioni di protesta della rivoluzione di Ottobre, nel 1917, poi, scampato ai «pogrom», ha fatto rotta verso il nuovo mondo, sbarcando a Ellis Island, l’isola dove gli immigrati venivano messi in quarantena prima di ottener il visto di ingresso. Il sogno americano del piccolo Harry inizia a 11 anni, in un appartamento di proprietà delle ferrovie, nel Lower East Side, non lontano da quella che al tempo era la grande Little Italy. La qualità della sua vita e, soprattutto dei suoi pasti, migliorano subito rispetto agli anni trascorsi nella giovanissima Unione Sovietica, grazie al lavoro come «delivery boy», ragazzo delle consegne, e poi con il lavoro di forniture per ufficio con cui ha fatto una certa fortuna.
«Sapevo che era il lavoro per me, allo stesso modo in cui incontri una donna e capisci subito che è quella della vita». Si mette in proprio e apre la Radio Center Stationery a Midtown: «A quei tempi ti affacciavi sulla Sesta Avenue verso sud e non vedevi neanche un solo palazzo occupato da uffici». Ma la Grande Mela è in costante evoluzione. Oggi la sua società ha 50 dipendenti, compresi i figli Harry, Stan e Jerry, che qualche volta si uniscono al padre centenario per occasioni conviviali, ma sempre a base di pesce. Il successo sul lavoro giunge grazie a intuizioni geniali come il Pendaflex, le cartelline portadocumenti universali che hanno conquistato gli uffici del Pianeta. «Sono stato il primo a capirne le potenzialità, ci ho scommesso e ho vinto», dice Rose, il quale confessa che nonostante i suoi 103 anni ha un ancora un forte desiderio, trovare compagnia abituale per le sue cene a base di pesce. In realtà ci ha provato di recente con una signora di 90 anni conosciuta in sinagoga, ma non ha funzionato. «Non c’è problema - dice - sono pronto a conoscerne altre, questo è l’importante».