Laura Anello, La Stampa 1/10/2013, 1 ottobre 2013
SICILIA AL COLLASSO VENTISEIMILA SBARCHI DA INIZIO ANNO
Scudisciate con le cinghie, sulla pelle nuda. «Cane, cane, scendi dalla barca. Giù giù, in mare». Scudisciate su ragazzi, madri, bambini, padri di famiglia eritrei partiti dalla Libia con una bagnarola e finiti a morire a poche centinaia di metri dall’approdo, su una spiaggia del Ragusano, a Scicli, dove i bagnanti erano stesi a prendere il sole della coda d’estate siciliana. Li hanno visti, quei poveri corpi neri buttati giù dalla barca, li hanno visti opporsi, poi rassegnarsi, buttarsi, annaspare, annegare. Alla fine ne sono morti tredici, vittime di scafisti che li picchiavano senza pietà, sperando di liberarsi velocemente dal carico, di alleggerirsi, e di disincagliarsi così dalla secca in cui la barca era finita.
Poco lontano, sulla costa, c’è la casa cinematografica del commissario Montalbano, quasi di fronte la «Mannara” teatro di diverse indagini. Ma questo non è un romanzo, e neanche un film. È l’ultimo episodio, terribile, della Sicilia presa d’assalto da migliaia di profughi in cerca di salvezza. Dopo Lampedusa, l’emergenza si è spostata qui, nella parte orientale dell’isola, tra palazzi barocchi e spiagge a perdita d’occhio. Dall’inizio dell’anno ne sono sbarcati oltre 26 mila, e i centri di accoglienza per chi richiede asilo sono al collasso, tanto da muovere il ministero dell’Interno a un piano straordinario di accoglienza. Già: paradossalmente l’emergenza Nordafrica si è chiusa pochi mesi fa, con lo smantellamento delle strutture convenzionate, ma adesso la crisi in Siria e il riacutizzarsi dei problemi in Libia hanno di fatto messo di nuovo il governo con le spalle al muro.
Le spalle, i sopravvissuti di Scicli, ce le hanno bruciate dal sole e dai colpi di cinghia degli scafisti. Le mostrano, mentre i bagnanti raccontano i fotogrammi di una pellicola che interrompe la quiete sonnacchiosa della mattina in spiaggia. Un uomo è stato preso. È stato fermato poco dopo insieme con un altro giovane, poi interrogato: probabilmente sono due degli scafisti che hanno condotto la barca fino quasi sulla costa. Ma c’è un altro uomo, che i migranti accusano concordemente che non è tra i sopravvissuti. Forse è scappato, nel fuggi-fuggi generale, mentre i superstiti vomitavano sulla spiaggia. Alla fine sul lido restano tredici corpi allineati nei sacchi bianchi, mentre altri sette finiscono in ospedale. Uno è gravissimo: è stato investito da un’auto pirata proprio mentre riteneva di avere conquistato la salvezza. Ma resta anche il racconto dell’eroe del giorno, il carabiniere Carmelo Floriddia: «Vedevo le braccia alzate dei migranti che stavano affogando, sentivo le loro urla disperate. Non ci ho pensato un attimo, mi sono tolto la divisa e mi sono buttato. Nonostante la battigia fosse a qualche metro dal barcone, facevo una fatica enorme, perché indossavano vestiti pesanti che si erano inzuppati d’acqua. Alcuni di loro avevano la bava alla bocca e sembravano già morti. Con l’aiuto di tre ragazzi del villaggio turistico sono riuscito a portarne a riva nove, anche se per sei di loro non c’era nulla da fare. Anche gli altri tre sembravano esanimi, ma ho cominciato a praticare il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca e si sono ripresi. Ho fatto solo il mio dovere». Quando i corpi sono già alla camera mortuaria, arrivano le parole di cordoglio del presidente della Camera Laura Boldrini. E quelle di Napolitano che tuona contro l’«ennesimo episodio di tratta di esseri umani».