Ettore Livini, la Repubblica 1/10/2013, 1 ottobre 2013
VOLARE PERICOLOSAMENTE
I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza. La cronaca parla chiaro: i cieli italiani, atterraggi d’emergenza alla mano, non paiono più quelli di una volta. La pista di Fiumicino viaggia a un ritmo di tre incidenti da inizio anno, roba da bollettino di Onda verde in un giorno d’esodo da “bollino nero”. Le compagnie tricolori, ha lanciato l’allarme l’Enac, «vivono momenti molto difficili». E i guai di bilancio del paese hanno costretto il governo a tagliare i fondi ai “vigilantes” del trasporto aereo nazionale.
Due più due, di solito, fa quattro. E in singolare coincidenza con questo cortocircuito economico- finanziario («una casualità», assicura Giuseppe Daniele Carrabba, direttore coordinamento aeroporti dell’Ente nazionale dell’aviazione civile) l’aeroporto della capitale è stato costretto a registrare un tris di incidenti da brividi, finiti senza vittime, per fortuna, grazie a piloti formato Top gun: prima, a gennaio, il fuoripista dell’Atr-72 Carpatair in servizio tra Pisa e Roma che ha causato 16 feriti. Poi il testacoda dell’Airbus A320 della Wizz-Air in volo tra Budapest e la capitale che ha finito la sua corsa piegato sull’ala sinistra come un uccello ferito in mezzo alla schiuma dei pompieri.
Quindi, domenica sera, l’atterraggio d’emergenza dell’aereo Alitalia in servizio tra Roma e Madrid, un velivolo nuovo di pacca rimasto senza carrello come una carretta dei cieli qualsiasi.
ACQUA SUL FUOCO
Cosa sta succedendo nei cieli italiani? Gli esperti gettano acqua sul fuoco. «Volare è più sicuro che guidare sul raccordo anulare di Roma», dice Maurizio Paggetti, capo dell’area operativa dell’Ente nazionale dell’assistenza al volo. La conferma statistica, nero su bianco, arriva dall’Ansv, incaricata di investigare su incidenti e inconvenienti nel settore. I dati del 2013 non ci sono ancora. Il 2012 però, spiega il bilancio dell’ente, «si è chiuso con 63 indagini su casi seri», meno delle 81 dell’anno precedente e delle 120 cui si viaggiava attorno al 2010. Dati tricolori che confermano un trend mondiale: il 2012 è stato il miglior anno per la sicurezza dell’aviazione civile con 475 morti in 23 incidenti contro i 773 di media del decennio precedente. E in fondo, come ripete il mantra degli amanti del volo, l’aereo resta di gran lunga il mezzo di trasporto più sicuro con 0,05 vittime ogni miliardo di chilometri percorsi contro le 0,6 del treno, le 3,1 dell’auto, le 44,6 della bicicletta, le 54,2 dei pedoni e le 108 della motocicletta. «Guardiamo in faccia la realtà – dice Paggetti –: il fatto che i tre atterraggi d’emergenza di Fiumicino, pur nella loro gravità, si siano conclusi senza vittime conferma come il sistema, nel suo insieme, funzioni».
I BUCHI NERI
Sarà. Questo rosario (pur casuale) di incidenti però – sommato al pessimo stato di salute del nostro trasporto aereo – è un motivo più che valido per non abbassare la guardia. E i rapporti degli ispettori che hanno indagato sui primi due (quello di Carpatair e di Wizzair) dimostrano come – al di là dell’ovvio ottimismo di facciata – qualche falla nel sistema c’è e a diversi livelli. Nel primo caso a finire nel mirino sono state le strutture di sicurezza di Fiumicino. I vigili del Fuoco, è scritto nel documento Ansv, sono arrivati sul luogo «10 minuti dopo, nonostante la posizione dell’Atr72 fosse di fronte alla loro postazione e distante in linea d’aria 400 metri». Sul banco degli imputati per l’atterraggio d’emergenza della low-cost ungherese è finita invece l’Airbus. Gli investigatori hanno riscontrato anomalie nel carrello simili a quelle evidenziate su un altro jet dello stesso modello nel Nebraska nel 2010 (e – a ben guardare – a quelle sul Roma-Madrid di domenica scorsa). E, per sicurezza, hanno raccomandato una verifica su questi componenti per i 320 della società aerospaziale di Tolosa. «L’aereo è come un automobile, i guasti ci possono essere. Ma su migliaia di Airbus 320 i numeri sono ancora piccoli – assicura Carrabba –. E in ogni caso Alitalia aveva già fatto le verifiche consigliate dall’Ansv».
LA COPERTA CORTA
Il vero problema è che con i bilanci pubblici in difficoltà e con le compagnie aeree ancora alle corde, la tentazione di risparmiare sulle spese di manutenzione è forte. Air France, Lufthansa e British Airways sono impegnate in pesanti piani di ristrutturazione. Quattro anonimi dipendenti di Ryanair hanno denunciato di essere costretti a volare con meno carburante a bordo per risparmiare (la società ha negato). Molti piloti – anche da noi – hanno accusato turni di lavoro sempre più stressanti. A complicare le cose nel Belpaese – dove il traffico passeggeri è tornato ai livelli del 2005 – c’è la Caporetto finanziaria delle nostre compagnie: Windjet è fallita, Blue Panorama arranca come Meridiana e Alitalia è nelle condizioni che tutti conosciamo. «I passeggeri però possono stare tranquilli – dice Carrabba –. I controlli ci sono e sono fatti bene. A stabilire quanti, quando e come vanno fatti è l’Easa, l’authority Europea. E l’Enac opera sotto la sua supervisione, visto che almeno una volta all’anno vengono da noi a verificare come lavoriamo ». Come dire che a Roma o a Londra le regole sono le stesse e non si può sgarrare. «E non a caso l’Europa è il secondo cielo più sicuro al mondo dopo quello australiano».
I TAGLI AI FONDI
Si può stare tranquilli allora, malgrado i tre incidenti di Fiumicino? «Senz’altro sì, noi dell’Enav abbiamo ricevuto un premio da Eurocontrol per l’efficienza dei nostri servizi», ricorda Paggetti. Un briciolo di preoccupazione però rimane se si va a spulciare nei conti delle authority che sorvegliano i cieli di casa nostra. «I trasferimenti dello Stato, la nostra unica entrata, sono calati nel 2012 a 2,5 milioni rispetto ai 5,1 del 2001», scrive nero su bianco nel suo bilancio 2012 l’Autorità nazionale della sicurezza sul volo aggiungendo che «in caso di altre compressioni si rischia di compromettere il regolare svolgimento dell’attività investigativa».
Stessa musica per l’Enac che si è vista tagliare del 40 per cento circa i trasferimenti dello stato «anche se grazie ad operazioni di efficientamento siamo riusciti a mantenere intatta la qualità e la quantità dei controlli», garantisce Carrabba. Il Salva-Italia ha sforbiciato pure gli aiuti pubblici all’Enav che nel piano industriale 2013-2015 ha ridotto i suoi investimenti a 135 milioni l’anno circa contro i 200 che metteva sul piatto a inizio millennio. «All’epoca si spendeva di più in vista di un’espansione del traffico che poi non c’è stata», spiegano tranquillizzanti fonti dell’ente. Speriamo sia davvero così. Con i conti dell’Italia che volano in rosso, meglio non pensarci troppo e allacciare con serenità le cinture di sicurezza. Sperando di non aver bisogno di un Top gun alla cloche.