Felice Cavallaro, Corriere della Sera 1/10/2013, 1 ottobre 2013
COSTRETTI CON LE CINGHIATE A TUFFARSI: 13 ANNEGATI
Allineati sulla spiaggia delle vacanze, i 13 migranti annegati ieri mattina a poche bracciate dalla salvezza, avvolti nei teli bianchi fino al capo, le mani rigide, le dita quasi protese l’uno verso l’altro, sono la nuova agghiacciante immagine di un orrore senza fine. Di un’altra tragedia per una beffa del destino maturata a dieci metri dalla salvezza.
Maturata sulla spiaggia del Pisciotto, la Fornace di tante sequenze sullo sfondo, a pochi chilometri dalle chiese e dal barocco di Scicli e Modica, su un fondale di appena tre metri, con una secca dove un barcone di 15 metri con più di 200 disperati arrivati dall’Eritrea s’è arenato per un’errata manovra che scafisti senza pietà hanno pensato di risolvere a loro modo: spingendo in mare a cinghiate e a colpi di fune uomini, donne e bambini, tanti terrorizzati dall’acqua perché sapevano di non sapere nuotare. E se anche questa volta, come accadde a Porto Palo e Catania in agosto, non fosse scattata una catena umana con due bagnini, un maresciallo dei carabinieri, tanti turisti pronti a lanciarsi in mare per fare la spola e salvare i migranti forse il bilancio sarebbe stato ancora più disastroso.
I presunti scafisti — due fermati in mattinata, altri quattro interrogati nella notte, tutti libici con un capitano egiziano — avrebbero tentato di liberare quello che per loro era solo il «carico», disincagliare la carretta e ripartire indisturbati. Ma la manovra non gli è riuscita e per questo si sono lanciati anche contro il maresciallo dei carabinieri, Carmelo Floriddia, 41 anni, che ne ha arrestato uno, e contro un villeggiante, Massimiliano Di Fede, 45 anni, impegnato a salvare i naufraghi, punito con un pugno al fianco, certo di aver visto le frustate a colpi di cinghia. Quanto basta perché il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia, già pensi alla possibilità di trasformare il reato di favoreggiamento in concorso in omicidio plurimo. Ipotesi che assimilerebbe gli scafisti ad assassini.
Tanti si sono ripresi in pochi minuti, altri non ce l’hanno fatta spegnendosi sotto il sole e un vento sferzante. Lo stesso che aveva impedito alle motovedette di perlustrare uno specchio di mare ieri senza un peschereccio in movimento, come spiega il colonnello della Guardia di Finanza Alessandro Cavalli: «Coincidenza ha voluto che scattasse nello stesso giorno il fermo per la pesca a strascico e il barcone è arrivato sotto costa non visto».
Solo poco prima delle dieci del mattino scatta l’allarme. Con il maresciallo Floriddia che, in pattuglia con il carabiniere Giovanni Grieco, scorge il peschereccio, chiama la centrale e corre verso la spiaggia. Poi la catena umana per salvare i superstiti, il dolore nell’avvolgere i corpi dei più deboli. Mentre quasi tutti i migranti, appena si riprendevano, scappavano. Una fuga per le campagne, nascondendosi dietro i muretti a secco, schizzando su strade battute da auto in velocità. Come è accaduto a uno di loro, un 25enne, stordito e zoppicante, investito sulla provinciale per Modica da un’auto che non si è fermata.
Altro scempio di una pietas ignorata come accade per il monito lanciato a Lampedusa da papa Francesco, lo stesso richiamato ieri dal premier Enrico Letta sulla «necessità di combattere la globalizzazione dell’indifferenza e sentire la sofferenza di questi migranti come nostra». Di qui l’impegno ribadito da Letta all’Onu: «L’Italia continuerà a impegnarsi per il rispetto dei diritti dei migranti e contro i criminali, nella consapevolezza che occorre fare di più, a livello europeo e non solo». Posizione apprezzata dal capo dello Stato Giorgio Napolitano che esprime «profonda commozione» e dal ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, convinta che «la tragedia umana del Mediterraneo trasformato in un cimitero interpelli tutti i Paesi d’Europa».
Felice Cavallaro