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 2013  settembre 30 Lunedì calendario

GIBBS, ZARINA DI TIME “NON MORIREMO MAI MA DOBBIAMO PUNTARE SULLA MULTIMEDIALITÀ”

New York Subito dopo l’11 settembre 2001, Time, il primo, oltre che il più celebre e diffuso settimanale di informazione degli Stati Uniti e del mondo, uscì con un numero speciale che aveva in copertina la foto dell’implosione delle Torri gemelle circondata da un bordo nero – non dal consueto bordo rosso - in segno di lutto. A descrivere nel lunghissimo articolo “quel giorno dell’eroismo”, raccontando come i pompieri continuarono a salire le scale del più alto grattacielo della metropoli a dispetto dell’acciaio che cominciava a scricchiolare e delle crepe che si aprivano sui muri, fu Nancy Gibbs, una delle giornaliste più brillanti e prolifiche del mondo dei media d’oltreoceano. E proprio alla Gibbs, 53 anni, autrice di 174 servizi di copertina (più di ogni altro reporter nella storia del news magazinefondato nel 1923 da Henry Luce), è stata affidata ora la guida della rivista. E’ la prima volta che una donna diventa direttore: una svolta nella cultura di Time, ostinatamente maschilista. Entrata 28 anni fa nella redazione newyorkese come ricercatrice part-time, dopo una laurea in storia a Yale e un master a Oxford, si è fatta strada, scrivendo anche libri di successo sui presidenti americani, tra cui “The Preacher and the Presidents” e “The Presidents Club”. Ma al di là del prestigio, il nuovo incarico sarà anche ingrato: la carta stampata è in crisi ovunque, la rivoluzione di Internet ha sconvolto il “business
model” dei media tradizionali, facendo crollare il numero delle copie vendute e gli introiti pubblicitari, e anche l’ammiraglia del gruppo editoriale Time Inc. non fa eccezione, visto che in cinque anni la tiratura si è ridotta del 39 per cento mentre le pagine pubblicitarie sono scese del 49 per cento nell’ultimo decennio. Ce la farà la Gibbs a bloccare l’emorragia ed evitare che Time scompaia dalle edicole, finendo nel dimenticatoio come è accaduto ai due settimanali concorrenti, Newsweek e US News and World report? E’ la stessa sfida ciclopica che altre stelle del giornalismo anglosassone hanno raccolto e perso, a cominciare da Tina Brown alla quale fu appunto assegnata la missione impossibile di salvare Newsweek. E’ una impresa degna di Don Chisciotte della Mancia, dicono i futurologi del media. Ma se c’è qualcuno che ha la possibilità di farcela è proprio il neo-direttore, che affronta l’incarico con spirito protestante (è presbiteriana, cioè della chiesa calvinista americana), con irriducibile ottimismo (“non riesco neanche immaginare che Time possa cessare mai la pubblicazione”) e soprattutto con le idee chiare sulla strategia che intende seguire, cioè far leva sul brand della rivista, che in America è sinonimo di affidabilità, per rincorrere le “pupille” della gente. «La concorrenza non è più tra carta stampata e televisione, ma tra tutto quello che attira l’attenzione del pubblico e ipoteca il suo tempo, tra cui anche le pagelle di scuola o i videogiochi», dice la Gibbs, che ha due figlie di 18 e 16 anni e che ricorda di essere «il primo direttore che assume l’incarico avendo una audience digitale più ampia di quella cartacea ». Proprio il web sarà uno dei suoi terreni di battaglia: rilancerà il sito arricchendolo con contenuti video. L’obiettivo: far crescere gli utenti online, il cui numero, pur essendo molto più grande di tutti i rivali, è rimasto bloccato dal 2011 a 30 milioni di visitatori unici al mese. Del resto non è un caso che le prime assunzioni del neo-direttore siano state proprio per la versione online, attingendo giovani preparati da BuzzFeed, The Vergee altri siti. D’altra parte Nancy Gibbs sarà condizionata da vincoli di bilancio che non esistevano nei tempi d’oro di Time. Henry Luce, che aveva lanciato la rivista assieme a Briton Hadden, dandogli un taglio nuovo nel panorama giornalistico e guidandola con polso fermo fino al 1967, l’aveva trasformata in una gallina dalle uova d’oro, oltre che in un centro di potere politico. Con gli anni si aggiunsero decine di altre testate a quella iniziale. Ma negli anni Ottanta, prim’ancora dell’avvento dell’era Internet, il gruppo editoriale imboccò la strada delle fusioni nella speranza che le economie di scala e le sinergie con la televisione e altre forme di media potessero regalargli prospettive migliori. Così Time entrò a far parte di Time Warner quando nel 1989 Time Inc. si sposò con Warner Communications. E un decennio dopo, nel 2000, il settimanale divenne parte del gruppo Aol Time Warner a seguito di una delle fusioni più maledette della storia del capitalismo americano: voluta dal giovane Steve Case, fondatore della società Internet Aol, che allora era piena di miliardi e sembrava inarrestabile, contro i desideri di Ted Turner, il fondatore di “Cnn” ed exmarito di Jane Fonda, che pure rimaneva il maggiore azionista della nuova società. Anche se il riferimento ad Aol scomparve appena tre anni dopo dalla ragione sociale, e il gruppo tornò a farsi chiamare Time Warner, le conseguenze di quella mossa sono durate nel tempo. Ancora adesso, pur essendo il primo gruppo media del mondo, con 34mila dipendenti e 28,7 miliardi di dollari di fatturato, e soprattutto avendo consumato il divorzio totale da Aol, la società non sembra trovare pace. La convivenza di troppe anime, troppi business, troppe culture imprenditoriali diverse, si è rivelata un handicap. Così il chief executive Jeff Bewkes continua a seguire la strada delle dismissioni per concentrarsi sul “entertainment”, cioè cinema e televisione. Le attività musicali, Internet e via cavo sono ormai società autonome. E nel marzo di quest’anno Bewkes ha annunciato di voler vendere o collocare sul mercato Time Inc., cioè la consociata cui fanno capo Time e altre 130 riviste, tra cui People, Fortune, Sports Illustrated, MarieClaire. «Separare i nostri destini – ha dichiarato il chief executive– ci darà maggiore chiarezza strategica». Si ipotizzava che a rilevarla potesse essere la Meredith, un gruppo poco conosciuto all’estero, ma potente in America, che ha sede nell’Iowa. Le trattative non sono andate a buon fine e ora si pensa a una quotazione indipendente a Wall Street nei primi mesi del 2014. Ma intanto Time Inc. è alle prese con problemi di bilancio: nei primi nove mesi dell’anno il fatturato è stato di 2,5 miliardi di dollari, il 6 per cento in meno dell’anno precedente. Così è stata varato un altro round di licenziamenti: Laura Lang, la donna manager che guidava Time Inc. (adesso sostituita da Joe Ripp), ha tagliato a gennaio 500 posti di lavoro, il 6 per cento dei dipendenti. “In un mondo giornalistico che si trasforma così rapidamente”, ha detto, “dobbiamo diventare più snelli ed efficienti”. Ora Time Inc. ha 7500 dipendenti rispetto ai 12mila del 2007. Al momento dei tagli il direttore di Time era Richard Stengel, anche lui giornalista brillante, intimo amico di Nelson Mandela cui diede una mano per la autobiografia. Sotto la sua guida durata sette anni si moltiplicarono le copertine dedicate a Barack Obama, che venne anche scelto come “uomo dell’anno” (una delle iniziative annuali più note della rivista, e spesso anche controverse). Questa estate Stengel ha deciso di accettare un’offerta della Casa Bianca diventando sottosegretario di Stato. Così di colpo è stata favorita l’ascesa della Gibbs, che era già la numero due del settimanale. E che ora siede sulla poltrona di managing editor.