Ruggiero Corcella, Corriere della Sera 29/9/2013, 29 settembre 2013
LA CUOCA IRLANDESE CHE DIVENTÒ LA DONNA PIÙ PERICOLOSA D’AMERICA
Negli Stati Uniti, il suo nome è diventato sinonimo di "untore". Il suo caso giudiziario continua a sollevare dubbi sui confini tra il diritto alla libertà personale e le restrizioni imposte da motivi di salute pubblica. Nel mondo scientifico, invece, si è guadagnata il titolo di "paziente zero" (vedi box) della febbre tifoidea.
Mary Mallon avrebbe proprio fatto a meno di passare alla storia con l’appellativo di "Typhoid Mary", Mary la Tifoide. Ma così è avvenuto, e la vicenda di questa cuoca irlandese, naturalizzata statunitense, che trascorse in quarantena forzata 25 dei suoi 68 anni, tenne banco nel secolo scorso appena nato. E ancora fa discutere.
Fine agosto 1906, casa di villeggiatura a Oyster Bay, Long Island. La figlia minore di Charles Henry Warren, famiglia di facoltosi banchieri di New York, si ammala e la diagnosi è uno choc: tifo. Tempo una settimana e altri cinque membri della famiglia sono contagiati. Scoppia lo scandalo e il panico. Come fa una malattia comunemente associata allo sporco, alle periferie, alla feccia della società a raggiungere una famiglia altolocata, una dimora lussuosa, una delle località più ambite d’America? Le indagini non riescono a risalire alla causa. Poi da New York arriva uno zelante ufficiale sanitario, il dottor George Soper, che trova un indizio: la cuoca, congedatasi qualche giorno dopo la comparsa del tifo. Ottiene anche una sua descrizione: circa 40 anni, alta, florida, capelli biondi, occhi azzurri e mascella volitiva.
Sospetto fondato. In effetti Mary Mallon (nata in Irlanda, a Cookstown, nel 1869), cuoca referenziata dell’alta società, negli ultimi dieci anni è passata nelle cucine di cinque famiglie e in tutte è comparsa la febbre tifoidea. Soper si mette sulle tracce della donna, elettrizzato dall’idea di trovarsi appunto davanti a quella che sembrava a tutti gli effetti una "portatrice sana": cioè malata, ma senza sintomi. Dopo fughe e inseguimenti, nel marzo del 1907, Soper riesce a rintracciare Mary presso una famiglia in Park Avenue, colpita dal tifo. Il medico non ha un approccio felice: riesce a parlarle in cucina, ma le racconta dei sospetti sulla malattia ed "esige" campioni di urina, feci e sangue.
La reazione è da vera irlandese sanguigna, come spiega nel libro dedicato al caso (vedi scheda) Anthony Bourdain, primo chef d’America, acclamato autore di storie a sfondo gastronomico e di serie televisive note in tutto il mondo. Bourdain riporta il racconto che il dottor Soper fece dell’incontro con Mary: «Afferrò un forchettone da arrosto e avanzò nella mia direzione. Io percorsi in tutta fretta il corridoio lungo e stretto, varcai l’alto cancello di ferro e il cortile, e arrivai al marciapiede. Mi sentivo assai fortunato a esserle sfuggito. Confessai a me stesso che avevo iniziato col piede sbagliato. A quanto pare Mary non capiva che volevo aiutarla». No, lei non capisce e non capirà mai. Continuerà a proclamarsi innocente e si rifiuterà di collaborare con le autorità sanitarie, convinta di essere vittima di una macchinazione.
Il dottor Soper fa un altro paio di tentativi. Poi il dipartimento della Sanità di New York decide di prendere la cuoca in custodia. Spedisce in Park Avenue una donna, la stimata dottoressa Josephine Baker, con un’ambulanza (trainata da cavalli) e tre poliziotti. Per domare una Mary inferocita, ce ne vorranno cinque. La portano all’ospedale Willard Parker, la sottopongono alle analisi dalle quali risulta essere una «vera e propria coltura di tifo». Il suo ritratto, con i capelli scuri però, finisce sui giornali e lei diventa il fenomeno mediatico "Typhoid Mary". Il dottor Soper cerca una via d’uscita. Le spiega come avviene il contagio, cerca di convincerla a farsi asportare la cistifellea (la cura di allora, ndr). Mary Mallon non ci sta. Allora la trasferiscono in isolamento a North Brother Island, un isolotto di otto ettari di fronte al Bronx dove vengono messi in quarantena «gli sciami di tifo esantematico, colera, febbre gialla e vaiolo che tracimavano dagli altri ospedali», scrive Anthony Bourdain.
La cuoca vive in una villetta a un piano. In pratica, sequestrata ed esclusa dal mondo civile senza nessuna accusa, processo o condanna per alcun crimine. Le autorità potevano farlo? Da un punto di vista strettamente legale, il dipartimento della Sanità di New York ha le carte in regola: isolamento, trasferimento e perdita della libertà personale sono misure consentite in caso di malattie contagiose o infettive. Il punto è che nello Stato erano stati identificati almeno altri 50 portatori sani della malattia, nessuno dei quali però incarcerato. Nel 1909, Mary Mallon fa ricorso per tornare in libertà, ma gliela negano. Un anno dopo, il nuovo commissario sanitario di New York ordina il suo rilascio, sostenendo che Mary ha imparato le regole della prevenzione e ha promesso di non fare più la cuoca.
In effetti, per un po’ cambia mestiere, ma alla fine, fornendo nomi falsi, torna ai fornelli. Peccato che l’ultimo impiego sia allo Sloane Maternity Hospital di Manhattan. Nel gennaio del 1915, 25 persone sono infettate dal tifo e due perdono la vita. Il conteggio finale della "carriera" di questa cuoca è di 47 contagiati e tre deceduti. Mary Mallon viene rimandata in isolamento a North Brother Island, dove muore 23 anni dopo. Del tutto innocente, a suo modo di vedere. Da una sua citazione: «C’erano due tipi di giustizia in America... Tutta l’acqua del mondo non avrebbe potuto pulirmi da quelle accuse, agli occhi del dipartimento della Sanità. Loro vogliono dare una dimostrazione; vogliono far vedere ai ricchi che sono in grado di proteggerli, e io sono la vittima».