Maria Pia Fusco, la Repubblica 29/9/2013, 29 settembre 2013
CRISTOPHER LEE
Un tal baccano in chiesa, bel rispetto!». Comincia così, con uno dei più celebri brani da Tosca il nostro incontro con Christopher Lee. Con la sua possente voce baritonale canta l’ indignazione di Scarpia, e l’ espressione del suo visoè minacciosae severa anche quando si scioglie in un sorriso. Mai del tutto rassicurante: il suo resterà per sempre il volto prestato a personaggi come Dracula e Frankenstein.
C’ è però una ragione che giustifica la citazione da Puccini. Lee, anzi sir Christopher Lee (è baronetto dal 2009) ha finito non da tantissimo di lavorare sulla interpretazione di Pinkerton nel film The Girl of Nagasaki, versione molto libera da Madama Butterfly girato in parte a Roma, al Teatro Valle occupato. «Conosco tutte le opere di Puccini, ma Tosca e Il Tabarro sono le mie preferite. Sa cosa disse Puccini la prima volta che incontrò Enrico Caruso e ne ascoltò la voce? "Chi ti ha mandato da me? Dio?". Del resto Caruso stesso di Toscanini aveva detto "Quest’ uomo ha impertinenza nella voce": un’ espressione che ho sempre trovato meravigliosa. Ho imparato ad amare la lirica durante la guerra. Ho visto la prima opera in una Napoli appena liberata, al Teatro San Carlo. Era Il barbiere di Siviglia: bella musica, storia divertente, buffi personaggi. Mi conquistò. È l’ opera perfetta per iniziare ad apprezzare il genere» - e non resiste ad accennare La calunnia è un venticello...
Non è piuttosto strano incontrare una leggenda del cinema che ha attraversato tre generazioni di registi e parlare così tanto di musica? «Affatto, e le spiego perché. La musica è una parte essenziale della mia vita, ha sempre accompagnato le mie emozioni e i miei stati d’ animo. Non c’ è niente di meglio per superare i momenti negativi». Tutta la musica, visto che oltre ad aver inciso brani lirici, Lee appare in un video con Paul McCartney, ha inciso un disco con canzoni come O sole mio, My Way, What a Beautiful Morning e l’ anno scorso ha festeggiato i novant’ anni registrando un cd di heavy metal.
A maggio ne ha compiuti novantuno di annie stavolta ha spento le candeline lavorando in Nuova Zelanda con il regista Peter Jackson sul set de Lo Hobbit, la desolazione di Smaug, l’ ultimo film della saga da Tolkien in cui interpreta ancora una volta il personaggio di Saruman. «A ogni mio compleanno auguro a me stesso soltanto una cosa, di aver il tempo di vedere l’ ultimo film che ho fatto. La vita che mi resta è tutta un regalo, no ho già vissuta tanta». Una vita intensa di incontrie di esperienze, che ha raccontato in un’ autobiografia pubblicata nel 1977 con il titolo Alto, oscuro, spaventoso e poi uscita in versione aggiornata trent’ anni dopo, nel 2007, con diverso titolo, Il signore delle sregolatezze. Sregolatezze, sir Lee? «Sì perché se il mio passo è diventato più lento non è affatto vero che con il tempo si diventi più saggi, anzi».
Tra i tanti capitoli della sua vita quello intitolato al cinema comincia subito dopo la guerra. Christopher Lee era nella Royal Force, secondo alcune cronache nello spionaggio. E qui interviene una sonora risata: «Sciocchezze! Non potevo essere una spia, come avrei fattoa passare inosservato con questo metro e 95 di altezza che mi porto appresso? Ero semplicemente nelle Forze Specialie tutti noi in un modoo nell’ altro facevamo parte dell’ Intelligence: il nostro lavoro non era quello di spie, dovevamo solo passare informazioni». Troppo alto per fare la spia, troppo alto per un ruolo da protagonista nel cinema. Dal 1948, dall’ esordio ne Il mistero degli specchi, colleziona una lunga serie di ruoli secondari sul grande schermo e in tv. La popolarità arriva solo dieci anni più tardi, nel 1957, quando esce La maschera di Frankenstein, seguito l’ anno dopo da Dracula il vampiro, prodotti entrambi dalla Hammer, la casa di produzione inglese di cinema horror con cui Lee ha lavorato fino all’ inizio degli anni Settanta nei panni ora de La mummia ora de Il mostro di Londra. Diventa una star del cinema "di paura", grande interprete dei cattivi. «Ma la maggior parte dei miei cattivi sono nati dalla fantasia, davvero non capisco perché facciano così tanta paura. Diverso il discorso per i personaggi realmente esistiti, e ne ho interpretati alcuni. Rasputin è uno di questi,e forse neppure il peggiore. Ma non mi piace chiamarli "cattivi", preferisco la definizione dei francesi: "eroi negativi"». E alla domanda su cosa faccia paura a lui sul grande schermo, la risposta è senza tentennamenti: «Una porta aperta».
Uscendo dall’ horror, Christopher Lee partecipa poi a grandi film internazionali: è Rochefort ne I tre moschettieri e in altri due titoli da Dumas. Quindi, accolto a Hollywood, è nel cast di tre film di 007 in cui, anche qui, i suoi personaggi non sono proprio brave persone. «Su James Bond so tutto, sono preparatissimo, praticamente l’ ho visto nascere essendo stato Ian Fleming mio cugino. Stavamo spesso insieme, giocavamoa golfe parlavamo del suo lavoro e del mio. Secondo me, tra gli interpreti di Bond l’ attore più vicino ai libri è Pierce Brosnan, ha l’ eleganzae la leggerezza che piaceva a Ian. Ho conosciuto bene anche Tolkien. Forse sono l’ unico attore ad avere approfondito in modo sistematico tutta la sua letteratura. Batto ogni record». Per esempio il record di interpretazioni di Dracula: dieci volte. «O anche quello di attore più alto. Dubito però che quest’ ultimo sia ancora valido, mi sono reso conto che negli ultimi anni ho perso qualche centimetro. Resto però l’ attore che ha fatto più film, 230 secondo alcuni, quasi 280 secondo altri. Io non lo so, non voglio saperlo: alcuni li ho dimenticati altri, quelli fatti solo per soldi, non voglio ricordarli».
Sarà forse perché gli eroi negativi non tramontano mai, ma effettivamente la carriera di Christopher Lee non conosce crisi. E incrocia diverse generazioni di autori: George Lucas gli affida il conte Dooku in Star Wars, Peter Jackson il Saruman de Il signore degli anelli, Martin Scorsese lo vuole nel cast di Hugo Cabret, Tim Burton - «il mio preferito» - identifica in lui l’ espressione perfetta del suo cinema visionario e da Il mistero di Sleepy Hollow in poi trova sempre un ruolo adattoa sir Lee. In tanta vasta filmografia neppure una commedia romantica. «Falso! Un eroe romantico l’ ho interpretato eccome, in Jinnah ero Muhammad Ali Jinnah, fondatore del Pakistan. Ma è vero che nessuno mi ha mai proposto un ruolo da innamorato in una storia sentimentale. Si vede che non ho il fisicoe forse neppure la faccia» - poi aggiunge con un mezzo sorriso: «O forse non c’ è mai stata un’ attrice alla mia altezza».
Nella vita reale invece, con il suo fisico slanciato, sempre elegantissimo, gli occhi scuri e lo sguardo malandrino, di tentazioni ne avrà avute. «Da giovane forse, come tutti gli uomini devo aver colto qualche occasione, ovviamente sempre con il massimo rispetto per il gentil sesso. Ma nel 1961 mi sono sposato e da allora non ho mai voluto avere problemi. Sono stato fortunato, mia moglie Gitte è una donna meravigliosa, bellissima, non avrei mai potuto mandare in rovina il mio matrimonio. La mia vita privata è la cosa più importante che ho, insieme alla rispettabilitàe all’ onore naturalmente, entrambi ereditati dalla mia famiglia». Le radici di Christopher Lee sono estremamente variegate. «Andando indietro nel tempo da parte di mio padre siamo di origini inglesi, francesi e americane. Ma Lee è un cognome gipsy, zingaro. Ne ho incontrati parecchi nella vita di zingari, e forse da lì viene la parte selvaggia del mio carattere». E poi c’ è l’ Italia, a cui l’ attore è molto legato per via del cinema - ha lavorato tra gli altri con Alberto Sordi ne L’ avaro - ma soprattutto per via della madre: «È una Carandini, famiglia aristocratica, le origini risalgono al primo secolo, una delle più antiche». Ne parla con orgoglio, descrive lo stemma di famiglia - «Due corone, una del Papae una dell’ Imperatore, che si intrecciano come bicipiti» - e ricorda «la cittadinanza onoraria e le chiavi della città che ho ricevuto a Modena, dove c’ è Palazzo Carandini. Con mia moglie ho visitato il vecchio castello a Sarzana, che era di mio nonno, Francesco Giacomo Carandini, marchese. Mia madre, essendo donna, ha soltanto il titolo di contessa».
Prima di congedarsi sir Lee riemerge dai fasti del passato e guarda all’ oggi con lieve irritazione: «Non so da voi in Italia, ma in Inghilterra le persone nate con un certo nome e che hanno frequentato certe scuole e che appartengono all’ upperclass sono definite con disprezzo " posh". Io sono un conservatore, è vero, tuttavia ritengo che tutti siamo ciò che diventiamo prescindendo dalla nostra nascita. Quando però mi sento dire che io sono " posh" e che la mia casa a Chelsea è " posh ", beh mi monta una grande tristezza». La stessa con cui guarda anche al mondo del cinema: «Oggi molti giovani, ragazzee ragazzi, arrivano al successo e a guadagni milionari con pochissima esperienza alle spalle. Non voglio fare il vecchio rabbioso o invidioso, ma trovo che non sia giusto, carriere troppo facili non sono destinate a durare a lungo. Per me niente è stato facile, nessuno mi ha dato nulla e ho imparato tutto quello che so soltanto guardando e ascoltando».