Enrico Cisnetto, il Messaggero 29/9/2013, 29 settembre 2013
IL VERO INVESTIMENTO DA FARE È NELLA FIBRA OTTICA
C’è rete e rete. Io sono sempre stato convinto dell’assoluta strategicità per il sistema-paese della rete Telecom, tanto che ho bestemmiato quando ai tempi della privatizzazione Ciampi non procedette a scorporarla preventivamente e ho apertamente tifato per il cosiddetto «piano Rovati» quando qualche anno fa ci fu l’estremo tentativo di mantenere in mano pubblica – e quindi italiana – la proprietà dei collegamenti telefonici della rete fissa, con tutto ciò che significa per la sicurezza nazionale la protezione di certe comunicazioni e della trasmissione dei dati. Non di meno, oggi considero un errore l’idea di imporre questo scorporo per il solo motivo che Telefonica ha conquistato – per quattro soldi – il controllo della società che ha la maggioranza relativa di Telecom. Perché? A parte che le norme europee bollerebbero la cosa come un esproprio e la impedirebbero, ma il vero motivo sta nel fatto che il gioco non varrebbe più la candela perché nella rete Telecom, in questi anni privata della necessaria manutenzione e orfana della indispensabile innovazione tecnologica, non merita investire. Si tratta di milioni di linee locali, la somma di tanti “ultimo miglio”, cioè il doppino di rame che va dalla centralina locale alle abitazioni degli utenti. Roba vecchia, che andrebbe velocemente sostituita con la fibra e i sistemi wi-fi. Chi dovesse comprare oggi la rete Telecom andrebbe incontro ad un doppio investimento: quello per averla e quello per trasformarla. Farlo, tanto più con soldi pubblici, solo perché gli spagnoli comandano (perché, ieri chi aveva il pallino delle decisioni, il trio Mediobanca-Generali-Intesa?) sarebbe come quel marito che per far dispetto alla moglie…
Si dirà: ma rendere autonoma la rete rispetto agli operatori, specie dall’ex monopolista, favorirebbe la concorrenza. Vero. Ed è questa una delle ragioni per cui questa separazione andava fatta. Ma ora è possibile, e molto meno dispendioso, realizzare questo obiettivo concorrenziale attraverso l’authority, che può cominciare a intervenire sul costo dell’unbundling, cioè dell’affitto che i concorrenti di Telecom devono pagare per accedere all’ultimo miglio. Perché normare le condizioni tariffarie può consentire di realizzare nella telefonia fissa la stessa dinamica concorrenziale che a suo tempo si è determinata, a beneficio di tutti, nella telefonia mobile. Non è un caso, infatti, che nel 1997 le licenze assegnate fossero 132, e che ora invece gli operatori si contino sulla dita di una mano, tanto che quasi il 70% del mercato del fisso è in mano a Telecom, mentre nel mobile la quota dell’ex monopolista è circa della metà. Insomma, se si vuole – e si deve – fare un investimento strategico, quello deve essere realizzato nell’infrastrutturazione in fibra ottica dell’intero paese, dove, nonostante lo sforzo meritorio di Metroweb (che però è concentrato solo dove c’è tanta domanda), siamo ancora maledettamente indietro. Nell’epoca del cloud computing, dei social network multimediali, della web-tv, delle videoconferenze, il doppino di rame lasciamolo pure agli spagnoli, e noi facciamo quella cablatura che già tanto tempo fa il Piano Socrate della Stet di Ernesto Pascale si prefiggeva di realizzare, e che una mano assassina purtroppo fermò. (twitter @ecisnetto)