il Messaggero 29/9/2013, 29 settembre 2013
ECATOMBE DI NEGOZI: 50.000 CHIUSURE NEI PRIMI 8 MESI
IL CASO
ROMA Una vera ecatombe. Nei primi otto mesi del 2013 hanno chiuso i battenti ben cinquantamila imprese nel settore del commercio (32.000) e nel turismo (18.000). Lo rende noto l’osservatorio di Confesercenti. Considerando l’avvio di nuove attività, siamo già di fronte a un saldo negativo di quasi 20 mila unità. Ma il bilancio potrebbe peggiorare. A fine 2013 si stima una perdita netta di 30 mila imprese e almeno 90 mila posti di lavoro. Si salva solo il web: in 20 mesi si è registrato un +24,5% di aperture di negozi online. Il che fa pensare che gli affari ormai corrono solo sulla banda larga.
Il commercio tradizionale, invece, soffre tantissimo. Una chiusura su 4 riguarda i negozi di abbigliamento: nei primi 8 mesi dell’anno ci sono state 8.162 chiusure, a fronte di appena 3.400 nuove attività.
Le persone non hanno più soldi da spendere, si sta rinunciando a tutto il superfluo e qualche volta anche all’indispensabile. Ed ecco che bar, ristoranti e alberghi stanno cadendo sotto la furia di una crisi che non accenna a diminuire. Per effetto della crisi - conferma un altro studio, questa volta di Coldiretti che ha elaborato dati Nielsen relativi al secondo trimestre 2013 - il 68% degli italiani ha tagliato i pasti fuori casa nei ristoranti, al bar o in pizzeria, mentre il 60% ha anche ridotto le spese per l’intrattenimento.
Tornando ai dati Confesercenti, sono 7.841 i bar che hanno abbassato le saracinesche definitivamente, al loro posto sono entrati in campo 5.806 coraggiosi, il saldo come si vede è negativo per oltre duemila esercizi. E così per i ristoranti (saldo tra cessazioni e aperture negativo per 2.583 imprese). E per gli alberghi (-371 attività, il bilancio). A Roma - comunica sempre l’osservatorio Confesercenti - chiudono ormai due negozi (soprattutto ristoranti) al giorno.
RISTORANTI VUOTI
A poco è servita la liberalizzazione degli orari di apertura: «Non ha aumentato i consumi che nel 2012, primo anno di applicazione del nuovo regime, sono crollati del 4,3%, cui si aggiungerà un’ulteriore flessione del 2% nel 2013» dice il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni. Che comunque fa notare come «turismo e commercio, comunque, pur subendo la crisi più dura dal dopoguerra, si confermano tra i settori più vitali dell’imprenditoria italiana». Resta però «un dato estremamente allarmante, l’accorciamento della vita delle imprese, soprattutto se si considera che, fino a pochi anni fa, la vita media delle attività nei due settori era di 14 anni».
In un contesto del genere l’aumento di un punto di Iva - con il suo effetto valanga sull’88% della spesa degli italiani trasportata su strada, a seguito del rincaro del costo del carburante - preoccupa moltissimo. «Si rischia di alimentare ulteriori effetti recessivi al consumo» osservano in Coldiretti. «Il 68% dei consumatori ha tagliato sull’abbigliamento, il 43% usa meno l’auto, ma c’è anche il 57% degli italiani che per risparmiare è stato costretto a scegliere a prodotti più economici nel largo consumo. Un esempio eclatante - precisa Coldiretti - è rappresentato dal fatto che per la prima volta si è addirittura ridotta la spesa degli italiani per l’acquisto di insalate pronte fresche e confezionate, che erano state immuni dalla crisi ed in grado di esprimere fino ad ora tassi di crescita anche a due cifre. Per questi prodotti si è verificato un crollo record della spesa del 7,5% nei primi otto mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2012 secondo l’Ismea».