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 2013  settembre 29 Domenica calendario

DOMANI 73 BALZELLI E ALTRE DECINE DI ROGNE BUROCRATICHE


Se c’è un giorno che può simbolicamente rappresentare la schiavitù fiscale italiana, quello è il 30 settembre. Domani infatti si celebrerà una sorta di “24 ore per il Fisco” durante la quale i contribuenti dovranno far fronte ad una serie sterminata di adempimenti fiscali. Il conteggio non è semplice da fare, il numero riportato da alcuni quotidiani è di 49 scadenze, che però possono superare facilmente le 50 se si aggiungono le tasse locali in diverse città. La cifre più affidabili sono sicuramente quelle dell’Agenzia delle Entrate, sul cui sito è presente uno scadenzario mensile di tasse, balzelli e adempimenti vari: lunedì 30 settembre è la deadline di 73 versamenti, 15 dichiarazioni, 18 comunicazioni, 17 ravvedimenti e 7 richieste-domande- stanze, per un totale di 130 procedure.
Le categorie coinvolte sono molteplici, si va dai lavoratori dipendenti agli artigiani e i commercianti, dai pensionati ai proprietari immobiliari, dagli enti creditizi alle onlus, fino alle associazioni sportive e alle società di capitali. Gli obblighi principali riguardano l’Irpef, il bollo auto, la cedolare secca, il modello Unico e il 730. Per quanto riguarda l’imposta sul reddito, dovranno pagare la quarta o la quinta rata (a seconda della modalità scelta) del saldo 2012 e il primo acconto 2013 coloro i quali avevano scelto un pagamento graduale della tassa. Sempre sul fronte Irpef ci sono anche le addizionali regionali e comunali e la “Dichiarazione dei redditi presentata dagli eredi” (se una persona prima di morire non ha trovato il tempo di presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate, dovranno farlo in sua vece gli eredi). In molti comuni italiani, tra cui Milano, è fissata al 30 settembre la scadenza per il pagamento della Tares, la tassa sui rifiuti.
Dovrà inoltre essere presentata la dichiarazione Irap, la famigerata “Imposta rapina” che da più di dieci anni le forze politiche promettono di ridurre o abolire e che invece continua a pesare per circa 25 miliardi di euro sull’economia privata. Bisogna inoltre presentare la dichiarazione Iva e, per chi non l’avesse fatto a giugno, il modello Unico con una sanzione di soli 25 euro (dal 1° ottobre diventa dai 258 a 1.032 euro). C’è la possibilità inoltre, per i dipendenti che hanno perso il lavoro e che non hanno più un sostituto d’imposta, la possibilità di presentare ugualmente il modello 730 per chiedere i rimborsi delle tasse.
Ci sono poi il bollo (per chi ha scadenza ad agosto) ed il Superbollo pari a 20 euro per ogni kilowatt sui veicoli con potenza superiore a 185 Kw, l’imposta sulle assicurazioni - dovuta sui premi incassati ad agosto - l’integrazione Iva e le rate Ivafe, (l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero).
Scadono i termini per pagare le tasse del 2013, ma anche quelli per mettersi in regola con i tributi non pagati nel 2012: è l’ultimo giorno disponibile per il “ravvedimento operoso” che permette di regolarizzarsi pagando le imposte pendenti maggiorate degli interessi e di una sanzione ridotta del 3,75%.
Naturalmente con la giornata di domani non si chiudono gli obblighi fiscali e burocratici, sul sito dell’Age si possono vedere già le scadenze di ottobre. Ma il “giorno ”lunedì nero” di domani ci ricorda che ad una pressione fiscale reale al 55%, e che per le Pmi si avvicina al 70, bisogna aggiungere la tassa occulta della burocrazia: secondo Unioncamere le scadenze amministrative costano alle imprese circa 22 miliardi l’anno. Ogni impresa italiana dedica agli adempimenti fiscali l’equivalente di 269 ore di lavoro l’anno, il doppio della Francia, il 60 per cento in più della Spagna, il 30 per cento in più della Germania. Circa 85 ore in più della media dei paesi Ue.
La burocrazia e la complessità sono dei pesi enormi per le imprese italiane nella competizione globale. Secondo il rapporto Doing business, nella classifica mondiale dei paesi in cui è più facile pagare le tasse, l’Italia si trova al 131° posto su 185, rispetto ad una media europea attorno alla 62° posizione. Sempre il rapporto della Banca mondiale, che misura la facilità di fare impresa nel mondo, colloca il nostro paese al 73esimo posto e tra le cause principali indica proprio l’alta pressione fiscale e la burocrazia soffocante. Lo studio dice che gli adempimenti burocratici pesano in totale per circa 31 miliardi di euro e che, per arrivare a livelli accettabili, dovrebbe ridursi almeno di un 25 per cento entro il 2020. Se a ciò si aggiunge che i due terzi dei profitti delle imprese italiane vanno in tasca allo Stato (due punti e mezzo in più della Francia e oltre 20 punti sopra la Germania), non dovremmo spaventarci degli stranieri che comprano le imprese italiane, ma meravigliarci che ci sia ancora qualcuno che investa in questo Paese. E delle imprese italiane che ancora resistono.