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 2013  settembre 29 Domenica calendario

I TOPI CI FANNO RIBREZZO MA SONO LA SOCIETÀ PERFETTA


Anni fa salvai da morte certa due topolini di quelli domestici o comuni (Mus musculus ). Pochi centimetri, muso appuntito, occhi vispi, coda lunga, oreccchiette ben sviluppate e pelo corto. L’intento era di lasciarli andare in campagna, ma era sera, così li portai a casa dentro una tartarughiera, in sostanza una scatola di plastica con un buco sul soffitto per l’aerazione. Non potevano scappare da quel buco, troppo alto per loro. Infatti, la mattina dopo apro la porta del bagno e vedo due codine spuntare, una da sotto un mobiletto e l’altra infilarsi rapidamente nei meandri dietro il bidet. Non chiedetemi come hanno fatto a infilare quel buco. Ogni tanto ci penso, ma non ne ho idea. Estratto quello da sotto il mobiletto, rimaneva quello sparito nel tubo dietro il bidet. Vista l’altezza dal punto dove s’era infilato al pavimento, sebbene poco convinto, gli misi un lungo pettine a mo’ di scala. Dopo dieci minuti lo trovai che scendeva dalla «scaletta» improvvisata per rifugiarsi sotto un altro mobile.
Quell’esperienza mi fece capire che si trattava di animali furbi o intelligenti, se volete, e anche simpatici, tanto da decretare il successo del celeberrimo Topo Gigio (un po’ umanizzato ma sempre un topo), il pupazzo ideato da Maria Perego nel 1959. Si riferiscono sempre al piccolo topo comune anche altri famosissimi topi dei fumetti e del cinema: da Micky Mouse (Topolino), a Jerry (di Tom e Jerry), da Ratatouille a Speedy Gonzales e tanti altri, tutti piccoli e un po’ umanizzati. Se il topo è grosso, allora assume una connotazione cattivella o decisamente malvagia, anche nei film (La gabbianella e il gatto ).
La storia dei topi è da sempre stata indissolubilmente legata a quella dell’uomo. Originari dell’Asia, la loro presenza è attestata nel mediterraneo già nell’ 8000 a.C, arrivando a estendere la loro presenza praticamente in qualsiasi parte del pianeta, anche nelle lande più desolate.
Pur causando danni alle colture e alle provviste, il topo comune è stato allevato, addomesticato e in qualche modo tollerato dall’uomo, mentre il vero nemico atavico, viscido e pericoloso, è il ratto, comunemente chiamato «topo di fogna» o «topo delle chiaviche», che già indica uno scarso livello di igiene e la frequentazione di ambienti consoni allo sviluppo di una trentina di malattie trasmissibili all’uomo, come la peste bubbonica, il tifo e la leptospirosi. La pantegana dunque, oltre a provocare ribrezzo, è, nell’immaginario collettivo, lurida e portatrice di malattie, quindi da combattere con qualunque mezzo, dai gas tossici ai più sofisticati veleni. In realtà, ci crediate o no, il ratto è robusto, sano e molto pulito, se vive in un ambiente che glielo permetta.
Le battaglie contro i ratti e i topi in generale affondano le loro radici nella notte dei tempi, ma oggi la situazione è diventata drammatica e l’uomo ha capito che, nonostante finanziamenti astronomici, si tratta di una guerra di contenimento che non potrà mai essere vinta. Negli Stati Uniti i ricercatori calcolano che vi sia un topo per ogni cittadino (ma ben 14 a New York). Oltre duecento milioni di topi. La femmina è in grado di riprodursi tutto l’anno e sforna da 3 a 14 piccoli ogni parto. Fate voi due conti. Il topo mangia letteralmente di tutto. Erik Rommel lasciò per dieci giorni, nel suo carro armato, due libri. Quando tornò a prenderli, dieci giorni dopo, c’erano due topi che si leccavano i baffi e neanche una pagina. Allan Stanley, università dell’Oklahoma, dice di avere trovato la «soluzione finale», usando topi maschi sterili che dovrebbero indurre false gravidanze nelle femmine, le quali attaccherebbero per questo i maschi in un’orgia di distruzione della specie. Poco credibile.
A Roma intanto 137 ditte, che fatturano 50 milioni di euro, cercano, con scarsi risultati, di derattizzare la città. Se cercate lavoro dunque, consiglio di studiare le pantegane.