Claudio Antonelli, Libero 27/9/2013, 27 settembre 2013
700 AZIENDE ITALIANE IN FUGA A CHIASSO
Chi si fosse trovato ieri a passare davanti al teatro comunale di Chiasso, cittadina svizzera appena al di là del confine, si sarebbe imbattuto in un nugolo di giornalisti (oltre 40 accreditati assieme a 11 televisioni) pronti a intervistare tutti gli italiani all’uscita dall’edificio. Un po’ sul modello Avetrana. Niente sangue, ma stessa attenzione mediatica che viene riservata agli omicidi. In questo caso però a morire è il Pil.
Gli intervistati/braccati erano infatti i 300 imprenditori, rappresentanti di 161 aziende, che hanno potuto partecipare alla mega convention (organizzata dal Comune) con l’intenzione, l’idea o solo la speranza di delocalizzare in Svizzera. Da anni i cantoni e i Comuni della Confederazione creano eventi per sponsorizzare i benefici fiscali, ma soprattutto quelli organizzativi (scarsa burocrazia con poche regole e severissime) e attrarre aziende estere.
Si chiama marketing territoriale e gli svizzeri sono bravissimi a farlo. In questo caso i risultati sono andati ben oltre le aspettative. «Una serie di tre piccoli annunci sulla stampa quotidiana lombarda ha generato in pochi giorni l’adesione di 682 ditte di cui il 70% del settore terziario», fa sapere anche attraverso una nota il sindaco Moreno Colombo.
«In totale si sarebbe potuto incontrare direttamente quasi 1.207 persone rappresentanti dell’imprenditoria italiana. Avendo posto soltanto per 300 persone ci siamo limitati a invitare 161 ditte per un totale di 300 persone circa».
Per le altre ci saranno altri incontri. Numeri altissimi forse anche perché a spingere il piede sull’acceleratore della promozione è stato il Corriere della Sera che negli ultimi dieci giorni ha lanciato nelle edicole e nel web numerosi articoli che hanno creato suspance. Strana coincidenza proprio quando il premier Enrico Letta era a New York a suonare la campanella di Wall Street per attirare investitori esteri e mentre da Telefonica arrivava la notizia della presa di comando su Telecom.
Alzare l’allarme su chi scappa è un po’ come alzare l’attenzione su chi viene conquistato. Con la differenza che per i piccoli sta ormai diventando una necessità. Anche se non un’operazione semplice. Tastando il polso degli intervenuti si capisce che forse un 10% si deciderà poi a fare domanda di trasloco e di questa quota solo una piccola parte supererà i requisiti necessari per accedere anche alle agevolazioni. Chiasso ha già messo a disposizione 5.000 metri quadri di uffici.
Ed è chiaro chi si vuole attrarre: aziende del terziario possibilmente che lavorino su tecnologia avanzata. Insomma, benvenute start up.
«La città ha vissuto, man mano in questi anni, un defilarsi di ditte svizzere. Convincere imprenditori ticinesi o svizzeri a spostare la loro attività nella città di Chiasso era un compito predestinato al fallimento anche in funzione della concorrenza di comuni e città ben più competitive agli occhi dell’imprenditore svizzero », ammettono dal Comune.
«Nei confronti dell’imprenditoria lombarda rappresentiamo, invece, un vantaggio intrinseco non indifferente dato dall’estrema vicinanza all’Italia. Per rimpolpare il tessuto imprenditoriale della città di confine abbiamo, paradossalmente, approfittato di un pregiudizio per commutarlo in vantaggio diretto agli occhi di oltre frontiera».
Nulla da aggiungere. Le aziende vanno a cercare humus migliore: quelle di Chiasso vanno in altri cantoni e le lombarde a Chiasso. Roberto Maroni, governatore della Lombardia si è sentito colto nel vivo. «Sappiamo tutti di questa iniziativa intrapresa dal Comune di Chiasso per attrarre le nostre imprese», ha dichiarato ieri. «Ovviamente non biasimo i nostri imprenditori, che, per sopravvivere, cercano di utilizzare le opportunità più favorevoli, da un punto di vista fiscale e ambientale, che trovano oltre confine. La Regione Lombardia tuttavia vuole contrastare questa delocalizzazione verso la Svizzera».
Opera ardua, se non ormai impossibile. Tra gli imprenditori presenti la fiducia verso i politici italiani sembra non meritare nemmeno più un commento. E non solo da parte di quelli provenienti dalla Lombardia. Ad aver assistito alla convention ci sono piemontesi, liguri, emiliani e veneti. Tutti con la medesima sfiducia. «Sono mosso dalla curiosità », racconta a «Libero» Pietro M. imprenditore del settore zootecnico, «di capire come funzionino qui le cose. Sentire non solo quanto si paga di tasse, ma quanto tempo in meno di perde per poter lavorare. Quasi sicuramente non mi sposterò da Ferrara perché per me sarebbe troppo oneroso però in futuro se dovessi rifarmi una vita imprenditoriale terrei presente la Svizzera. Non solo per il Fisco».
Argomento che però resta il convitato di pietra dell’evento chiassese. Molti imprenditori chiedono di non essere citati negli articoli per timore di finire subito sotto le lenti dell’Agenzia delle Entrate. Ticino news ha persino dedicato un pezzo alla segretezza dell’evento (solo gli imprenditori sono potuti entrare nel teatro) paventando il rischio di infiltrazioni di agenti della Gdf. Il sindaco ha smentito. Ma tra i presenti il timore è rimasto forte. Una sorta di paura di tornare a casa e scoprire rappresaglie fiscali.