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 2013  settembre 27 Venerdì calendario

VELA, LA MIRACOLOSA RIMONTA DI SIR CHARLIE

C’ è una cosa per la quale gli inglesi vanno da secoli davvero pazzi: essere sfavoriti in qualche competizione o considerati morti in qualche scontro, e riuscire invece a vincere dando l’idea di non avere neppure sudato un po’.

Meglio ancora se il merito può essere attribuito a un nuovo eroe, al quale fare l’ennesimo monumento nelle poche piazze di Londra ancora rimaste libere.

È per questo che i giornali di ieri erano pieni di orgoglio e ammirazione per Sir Charles Benedict Ainslie, un nome che nel resto del mondo non dice nulla, ma che diventerà famoso.

Nel disinteresse generale, dovuto alla mancanza di diretta tv e di una barca italiana in finale, a San Francisco si è disputata la 34° edizione dell’America’s Cup, il trofeo sportivo più antico. Il team sfidante, New Zealand, era in vantaggio di otto successi a uno sul detentore americano, Oracle. A New Zealand bastava una sola vittoria per conquistare una coppa che tutti gli esperti consideravano dunque già assegnata.

Ma non avevano fatto i conti con la tenacia di James Spithill, lo skipper australiano di Oracle, soprannominato James Pitbull perché non molla mai quello che azzanna, e con quel velista inglese salito all’ultimo momento a bordo per compiere la più grande, incredibile, impensabile e fantasmagorica rimonta che lo sport ricordi, e per infliggere ai neozelandesi la più umiliante delle sconfitte.

Ben Ainslie è tra i migliori velisti del mondo. Ha cominciato a regatare a 8 anni e ora che ne ha 36 ha conquistato medaglie in cinque olimpiadi consecutive, dal 1996 al 2012, le ultime quattro d’oro. Era lui a portare la bandiera britannica alla cerimonia conclusiva dei Giochi di Londra. Ha vinto titoli mondiali nel Laser e nel Finn e centinaia di altre competizioni. Buckingham Palace non sa più di quali onorificenze insignirlo, dopo averlo nominato Knight Bachelor, Member, Officer e Commander dell’Order of the British Empire.

È figlio di velisti (suo padre Roddy è stato skipper alla Round the World Race del 1973), ama il Chelsea, il golf e le Aston Martin. L’unica donna che adora è Rita, il nome che ha dato a tutte le sue derive.

Ainslie non parteciperà più alle Olimpiadi e quest’anno ha seguito la Coppa America per guardarsi intorno e fare un po’ d’esperienza, collaborando anche con Oracle. L’11 settembre, quando le cose sembravano davvero essersi messe male e lo svantaggio di uno a otto sembrava incolmabile, Spithill ha chiesto a Ben di salire a bordo come tattico in allenamento, al posto del titolare John Kostecki. Il giorno dopo, per la nuova regata contro New Zealand, Kostecki faceva le valigie e Ainslie faceva parte dell’equipaggio.

Non si sa quale miracolo sia accaduto a bordo, ma da allora Oracle non ha più perso, conquistando otto vittorie consecutive. Il cattivo umore in coperta se n’è andato grazie alla determinazione di «Mr. Positive», il nuovo soprannome di Ben, e ogni sua tattica si è rivelata giusta. Se c’è una dote che tutti gli riconoscono è quella di andare a cercare il vento meglio di ogni altro e di avere in mare un sesto senso del quale bisogna fidarsi.

Certo una rimonta così spettacolare non può essere opera di un solo uomo: Oracle dopo l’otto a uno è molto migliorata nella velocità di bolina, lato nel quale è diventata irraggiungibile e i catamarani AC72 che disputano la Coppa America sono quanto di più lontano ci possa essere da un Finn o da un Laser. Viaggiano a quasi tre volte la velocità del vento grazie a vele rigide grandi come le ali di un Boeing 747 e costruite proprio come le ali di un aereo, con due elementi distinti il cui angolo può variare. Questi catamarani non navigano, perché lo scafo non è quasi mai in acqua, ma volano a 70 chilometri l’ora sopra la superficie, sostenuti da pinne progettate per ridurre al minimo l’attrito che si oppone all’avanzamento.

Oracle e Ben Ainslie, con il loro finale eroico, hanno dato una nuova speranza all’America’s Cup, che mai come quest’anno è stata travolta da scontri, denunce e discussioni sui regolamenti che hanno disgustato tutti gli appassionati della vela, confermando che il vecchio spirito se ne è andato e che ora contano solo i soldi. Ma Ainslie, dopo questa esperienza, vuole mettere insieme un suo equipaggio e partecipare alla prossima sfida della Coppa con una barca inglese. Mancano solo i finanziamenti, ma non sarà un problema. Londra pullula di miliardari e forse anche Roman Abramovich vorrà dare una mano a un tifoso del Chelsea.

La Coppa delle Cento Ghinee fu fatta realizzare nel 1851 dalla regina Vittoria per premiare il vincitore di una regata intorno all’isola di Wight. Arrivò per primo, con grande distacco, lo schooner «America», che diede il nome alla Coppa e se la portò a New York. In 162 anni, la Gran Bretagna non è mai riuscita a riconquistarla.

Sarebbe davvero bello se, alla fine del suo regno, Elisabetta II potesse ricevere a Buckingham Palace Sir Charles Benedict Ainslie, che come un cavaliere medioevale riporta a casa il trofeo perduto, innalzandolo alla fine del Mall verso la bianca e corrucciata statua di Vittoria.