Paolo Pejrone, la Stampa 27/9/2013, 27 settembre 2013
LA VORACE PIRALIDE MINACCIA I BOSSI D’ITALIA
Gli antichi Bossi di Villa d’Agliè a Torino e gli innumerevoli di Villa Silvio Pellico a Moncalieri stanno soffrendo, come molti altri, un attacco virulento di piralide.
Arrivata dalle parti di Como nel 2011, si è diffusa in modo veloce e strategico sui Bossi dei giardini e delle nostre campagne. Queste poche righe vogliono essere d’avviso per i naviganti del giardinaggio: la piralide arriva silenziosa, si insinua tra le piante all’insaputa e in maniera subdola. L’invadente lepidottero deposita le sue uova sulle pagine inferiori delle foglie e in primavera le larve incominciano il saccheggio. Nascoste nella parte più interna della chioma, intessono la pianta con bozzoli biancastri e poi si trasformano in farfalle dalle ali chiare bordate di marrone.
Il Bosso qualche piccolo fastidio ce lo ha dato in questi ultimi tempi, ma erano stupidaggini, inezie, in confronto a quello che sta capitando. Un attacco fungino che dirada e ingiallisce i Bossi ci spaventa, dopo tutta la fatica e il tempo impiegati per la loro crescita, ma è più facilmente circoscrivibile della nuova piralide: sintomi simili da valutare attentamente, perché le cause e le cure sono molto diverse.
Trasportata in Germania nel 2007, pare dalla Cina, la piralide non è stata minimamente contrastata e si è rapidamente diffusa. Come purtroppo spesso accade, si è sottovalutato il pericolo: perfino i grandi saggi dell’Organizzazione europea per la protezione delle piante, in assenza di sollecitazioni dei Paesi europei colpiti, hanno deciso di cancellare il nemico del Bosso dalla lista d’allerta. E così, in territori ricchi di bossi secolari come in nessun’altra parte del mondo, non ci sono divieti, né adeguati controlli, per monitorarne la diffusione e per contrastare incauti importatori.
La resistenza all’assedio della piralide è affidata dunque alle nostre sole forze. Velocissima nella sua evoluzione da uovo a farfalla, va bloccata immediatamente e in modo differente secondo l’età. Penso che possa essere abbastanza facile per i Bossi dei giardini e dei vecchi parchi. Impossibile, credo, per quelli in natura. Temo una strage per quelli della Val Roja, per quelli rigogliosi e caparbi che crescono nei boschi tra Vernante e Limone Piemonte, per quelle non rare «stazioni» che costellano un’Italia ricca di risorse botaniche ma nello stesso tempo delicata.
La piralide è affamatissima e risolutissima nel divorare foglie, germogli e cortecce delle piante attaccate: la velocità e la dinamicità dell’intervento diventano obbligatorie. Al di là del sempre valido ma faticoso rimedio della distruzione manuale delle larve, rimando a un buon uso di Internet in quanto a prodotti da operare per eliminare l’aggressore nei diversi stadi della sua evoluzione. Si va dagli elementi chimici a quelli biologici: è questione di scelte e, temo, di urgenze. Certamente la mia personale simpatia va per questi ultimi, sempre pensando al piccolo mondo che circonda il nostro giardino, la sua vita e quella dei vicini. Soprattutto temo per gli uccelli o per i piccoli mammiferi e anfibi che possono cibarsi di larve avvelenate.
Pare che si possa approfittare dell’insaziabile fame delle giovani larve con un trattamento di Bacillo thuringiensis. Se ingerito ne procura una trucida morte per paralisi, senza essere appetibile per gli altri abitanti del giardino. Un’altra strategia è quella di indirizzare altrove l’ingordigia della piralide con trappole a feromoni sessuali, che hanno il pregio di essere inoffensive per gli altri insetti e di coprire ampie aree con poco sforzo. Tranelli astuti, che si prendono gioco delle debolezze del lepidottero e lo ingannano senza pietà, per la salvezza dei nostri bossi e dell’intero ecosistema del giardino.
Povera Europa, ormai è la vittima di una preoccupante escalation di malattie: da quella dell’olmo, praticamente scomparso, a quella virulenta del cipresso, ormai stabilizzata ma all’inizio molto attiva e determinata; da quella del platano e dell’ippocastano alle palme (punteruolo rosso) all’ultima terribile, che ha falcidiato i frassini del Paese d’Albione. Anche le piante vivono un periodo di profondo malessere.