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 2013  settembre 27 Venerdì calendario

I MATRIMONI SENZA FRONTIERE IN EUROPA SONO LA REGOLA

Tutti comprano tutti, appassionatamente. «È il grande mercato continentale», sorride un alto funzionario europeo con la faccia di chi trova superflua la questione. Tocca la tablet e mostra l’elenco delle fusioni transfrontaliere, pagine di nomi e cifre. Solo nell’ultimo scorcio d’estate, i francesi della Vinci hanno finalizzato l’acquisto di Aeroportos de Portugal per 3 miliardi, mentre la globale dei telefoni Vodafone ha preso i cavi di Kabel Deutschland per 10. La Zte Services, cinese con ragione societaria tedesca, s’è imposta sulla Alcatel-Lucent Network Services, filiale germanica del colosso transalpino delle Tlc.

La risposta è solitamente positiva, anche se vedere un pezzo di Paese che se ne va non rallegra il cuore, soprattutto se il trapasso è accompagnato da inefficienze strategiche, debolezza sistemica e miopia politica. A Bruxelles rammentano che da quando è entrato in vigore il regolamento Fusioni e Acquisizioni, era il 1990, gli sceriffi della concorrenza a dodici stelle hanno esaminato quasi cinquemila matrimoni. Giusto un anno fa, l’attuale commissario in carica, Joaquin Almunia, ricordava che le bocciature erano state solo 22. Che sia davvero facile andare a colpire oltre i confini nazionali però tutt’altra storia. Ci sono settori e settori, e anche i paesi fanno la differenza. Comprano i ricchi e i più smaliziati. Tedeschi e francesi, sopratutto. Quindi i britannici, con qualche colpo di coda spagnolo e italiano. Il settore di reti e trasporti è vivace; il lusso e l’alimentare vanno forte. Il problema è spesso costituito dalla dimensione del boccone. In Germania le prede di piccola taglia sono poche, il sistema impone l’ampia stazza.

E’ la maledizione italiana. «Non c’è in Francia una Loro Piana che prendi per 2 miliardi e ti fa guadagnare subito - ammette un esperto di fusioni della Commissione -. Se vuoi l’abbigliamento di qualità, devi puntare alla Lvmh, che è un prospettiva ben diversa». Idem per l’alimentare: se cerchi in Francia devi puntare alla Danone, un’impresa titanica; dai noi, il 25% di Riso Scotti si compra con 18 milioni (è andato alla spagnola Ebro). E ancora gli iberici, con la Campofrio, si sono intascati la Fiorucci Salumi per 170 milioni. «Sono investimenti contenuti e di gran prestigio - giura la fonte -. Ecco perché l’Italia è così richiesta». Sul mercato europeo il limite sta nelle norme severe che proteggono la concorrenza e il divieto di aiuti di stato, se non a determinate (e onerose) condizioni. La nascita dello spazio unico ha segnato l’azzeramento delle barriere giuridiche alle acquisizioni transfrontaliere rifiutando persino la golden share, se non i pochi e determinati casi. Zero ostacoli, dunque, anche se all’Antitrust Ue non si negano pratiche di “moral suasion” diffuse sopratutto a Parigi e Berlino. Cavilli tecnici, lungaggini burocratiche, e accesso al credito non immediato, sono le barriere invisibili più diffuse. Ma, pregano di sottolineare, «in genere il mercato funziona».

E infatti i francesi di Gaz de France/Suez si sono appena mangiati la società di costruzioni britannica Balfour Beatty Workplace per 230 milioni. Lo scorso anno avevano chiuso l’acquisizione della British International Power, sviluppando l’imperodella distribuzione dopo la presa della belga Elecrabel nel 2007. Gli olandesi di TenneT avevanoinvece fatto irruzione in Germania nel 2010, soffiando Transpower a Eon che, a sua volta, ha un curriculum di shopping svedese e russo. Il colpaccio di Enel su Endesa del 2007 è sempre un buon esempio.

In cielo come in terra, lo shopping aziendale è serrato. Lufthansa, in pochi anni, ha fatto squadra con Sn Brussels, Swiss, Austrian e Turkish, piazzando la British Midland alla British, che pure ha digerito la spagnola Iberia. In cambio, la Ferrovial ha conquistato lo scalo di Heathrow (e Napoli). L’unico settore che non si muove sono le ferrovie: tutti grandi operatori sono nazionali e pubblici. L’eccezione che conferma la regola.