Giampiero Cazzato, il Venerdì 27/9/2013, 27 settembre 2013
I COMUNI MIGNON: «MEGLIO SOLI CHE ACCORPATI»
MILANO, Se ne contano 5.858 lungo tutto lo stivale. Ci vivono dieci milioni di persone e, secondo Coldiretti, vi si traferirebbe volentieri più del 50 per cento degli italiani. Alcuni sono meno affollati di un condominio. Pedesina, in provincia di Sondrio, per dire, conta 34 anime. In confronto Marzi (Cosenza), con i suoi 1.010 abitanti è un gigante.
Sono i piccoli comuni, quelli che non superano i cinquemila abitanti. Piccoli ma agguerriti. E decisi a fermare il disegno di legge di fine luglio del governo Letta (nel 2012 già ci aveva provato Mario Monti) che, da qui a cinque anni, li obbliga alla gestione associata di funzioni e servizi e gli sottrae, di fatto, ogni autonomia.
Letto il disegno di legge i municipi mignon sono scesi sul piede di guerra. Stragiurano di volere sì l’associazionismo, «ma quello efficiente e praticato dal basso» e che, soprattutto, «non metta in discussione l’identità di ognuno». Parole di Franca Biglio, prima cittadina di Marsaglia, comune di 284 anime dell’Alta Langa, nella provincia di Cuneo, nonché presidente dell’Anpci, l’Associazione dei piccoli comuni. Una pasionaria. Che ti dice, «venderemo cara la pelle. Questi ci vorrebbero ridotti ad umili servitori, fantocci con la fascia tricolore». «Questi» sono il governo e il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio, già sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, che ha avvisato i sindaci recalcitranti del rischio di fare la fine delle Province. Ovvero sparire. E pochi giorni, fa per protesta, Biglio ha consegnato la fascia tricolore.
E i risparmi da 800 milioni l’anno promessi dal governo? «Ma da dove escono quelle cifre?», risponde la sindaca, «la verità è che i piccoli comuni sono gli unici virtuosi. Noi non facciamo parte della casta! Con il personale ridotto all’osso capita pure che ci tocca aprire gli uffici comunali». Gli eletti hanno indennità di poche centinaia di euro l’anno. Molti nemmeno la ritirano. Conclusione, imporre a comuni che distano tra loro anche decine di chilometri di unirsi «farà impennare le spese dei servizi». E poi, nuovi organi, presidenti, comitati. Nuovi uffici, nuovi studi. E a proposito di studi Biglio ricorda che per elaborare i «costi standard», un parametro per valutare ogni amministrazione del Belpaese «sono stati spesi 15 milioni di euro. Ma non vengono ancora applicati».