Carlo Puca, Panorama 27/9/2013, 27 settembre 2013
INTERVISTA A GIANNI CUPERLO
Dalemiani, veltroniani, lettiani, bindiani e altri ancora: la grande novità della sua candidatura a segretario del Pd è che ora esistono pure i cuperliani.
Per carità, non vorrei mai stare in una corrente che mi adottasse come leader.
Questa è una citazione di Marx. Groucho, naturalmente, non Karl.
Esatto. Un genio assoluto, Groucho.
E Karl? Onorevole Gianni Cuperlo, lei è stato l’ultimo segretario della Fgci. Torna Forza Italia, venisse eletto lei potrebbe tornare pure il Pci. O, almeno, il Pds.
La politica è speranza. E per costruire speranza c’è bisogno di futuro. Qui c’è da consolidare il Partito democratico, altro che ritorni.
Goffredo Bettini già propone di superare il Pd.
Rispetto molto Goffredo. Però ritengo che il nostro campo esista già, è il Partito democratico.
Con Matteo Renzi vincitore annunciato del congresso...
Le assise saranno una sorpresa per molti. L’impatto con l’assemblea del Pd è stata una prova: il clima non era di una sfida già chiusa.
Il quotidiano «Europa», seppure renziano, ha titolato: «Cuperlo vince la sfida dell’applausometro».
Ecco, sono quelle cose che fanno piacere, naturalmente.
Un’ovazione sorprendente. L’assemblea è molto di sinistra. Ma Renzi sembra più comunista di lei.
Ma no, Renzi comunista è un’espressione inverosimile.
Anche Nichi Vendola sta con Renzi.
Nichi non è un leader del Pd. E comunque la verità è che Matteo ha preso coscienza che certe ricette, come una flessibilità spinta sul lavoro, non funzionano e sarebbero improduttive per il Paese. Penso sia una evoluzione positiva, la sua.
Che cosa invidia a Renzi?
Una sola cosa: la possibilità di fare il primo cittadino di Firenze. Un’esperienza meravigliosa.
Meglio, quindi, che resti a fare il sindaco.
Ma no, non ho detto questo, lei mi vuole far litigare con Matteo.
Impossibile, mi pare. Allora il pettegolezzo è autentico: marciate divisi per colpire uniti. Contro i gerontocrati.
Credo invece che il Pd sia già rinnovato e in profondità. Parlano i fatti: la segreteria è giovanissima, il capogruppo alla Camera ha poco più di 30 anni, noi candidati alla segreteria superiamo al massimo i cinquant’anni. E siamo tutti più o meno nuovi rispetto al passato.
Massimo D’Alema, Walter Veltroni, Franco Marini, Rosy Bindi... potrei continuare, ma il vulnus è che la vecchia guardia comanda ancora.
A parte il fatto che alcune di queste personalità hanno scelto di non ricandidarsi, nulla vieta loro di esprimere pareri e opinioni, ci mancherebbe. Che vogliamo fare, costringerli all’esilio? Semmai la questione non è fare espatriare i vecchi ma rendere autonome le generazioni che entrano.
E come si fa?
Con le idee, non con gli slogan.
Intanto si mormora dell’ennesima scissione, postcongressuale.
«Hic manebimus optime»: io e Renzi nel Pd staremo assieme benissimo. Una rottura sarebbe una sconfitta sia per chi vince sia per chi perde.
Tuttavia le correnti sono tante, qualcuna potrebbe lasciarvi.
Nei partiti le correnti ci sono sempre state, e al fondo hanno garantito il pluralismo. Purtroppo hanno perduto progressivamente quella loro caratteristica per arrivare alla deriva degli ultimi anni, fino a tradursi in un vero e proprio notabilato.
Riconoscerà che il Pdl questo problema non l’ha avuto. Lì comanda uno solo.
Ma il modello berlusconiano non è certo il nostro. Anzi, penso che vada recuperato il concetto del noi contro l’esasperazione dell’io.
Il Pd è quello dei tanti io che si fanno la guerra.
Appunto, manca il noi.
Nel frattempo il suo partito è diventato tedioso. E le regole, e i cavilli, e il cronoprogramma... non se ne può più.
Abbiamo abusato della pazienza dei nostri elettori. Ora basta, si faccia il congresso. Tutto il resto è noia.
Un suo grande elettore, Pier Luigi Bersani, è però tra quelli che fomentano la noia.
Questo è un giudizio che contesto alla radice. Bersani, come tutti noi, ha commesso i suoi errori. Ma se ne è fatto carico anche al di là del dovuto. Vedo che molti partecipi di quegli errori ora gli urlano contro. È ingiusto, sbagliato e talvolta penoso.
Il suo vice, il vice di Bersani, è presidente del Consiglio. In campagna elettorale hanno condiviso ogni passo.
E no, Enrico è un’altra cosa. Mai ha preso le distanze da Bersani, proprio mai.
Ecco, Letta: il premier è super partes rispetto al congresso. Ma a differenza di Renzi, che mina l’esecutivo un giorno sì e l’altro pure, lei evita ogni attacco al governo.
La correggo subito. Non è che io non posso, io non voglio.
Che cos’è, disciplina di partito?
È disciplina di italiano. Questo governo è necessario al Paese. Ha fatto alcune cose importanti, a cominciare da scuola e lavoro. Se fosse il mio governo, punterei all’aggressione della nuova povertà con un piano straordinario per lo sviluppo. La ripresa senza occupazione è un rischio mortale.
Senta Cuperlo, su Wikipedia, nella lista dei personaggi famosi di Trieste, lei è sistemato fra i politici e gli statisti.
Non ho mai avuto alcuna esperienza di governo. Quindi statista no, spero di essere un politico, peraltro sui generis.
Tutti le riconoscono autonomia di pensiero dai gerontocrati, anche da quelli con lei solidali.
Che dire? A una certa età sono soddisfazioni.
I suoi parenti saranno contenti.
Macché, sono caustici: «Chi te l’ha fatto fare? Dicono tutti che perdi». Rispondo che non sempre le battaglie giuste sono anche facili.
«Ai poeti resta da fare la poesia onesta»: ha presente?
Quello è un testo straordinario di Umberto Saba. Descrive uno stile di vita, è inutile cercare la perfezione se nello scrivere si è artefatti. Meglio un verso impuro ma interamente onesto.
Sembra la metafora della sfida Renzi- Cuperlo.
Lasciamo in pace i geni. Dico solamente che ai politici resta da fare la politica onesta. Nient’altro che questo. Ma sarebbe la rivoluzione.