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 2013  settembre 26 Giovedì calendario

BODONI, IL CARATTERE CHE DÀ CARATTERE


«Mi sono accorto che con questo carattere non si può comporre che una prosa solida, senza mollezze e ben nutrita». A confessare questo amore per il carattere Bodoni era Leo Longanesi, uno che i libri e i giornali non s’accontentava di scriverli ma li voleva ben confezionati e ben stampati, che esprimessero insomma un’estetica e appunto un carattere. E il carattere è destino anche quando parliamo d’un carattere editoriale, quello che porta il nome di Giambattista Bodoni.
Bodoni è l’artista che ha dato forma alle parole e alle idee della modernità, è il maestro nel cui laboratorio parmigiano si recavano, a cavallo tra Settecento e Ottocento, principi, messi papali, imperatori, intellettuali per assicurarsi le sue edizioni e i suoi lavori. Il re dei tipografi era giustamente anche il tipografo dei re e del nuovo pensiero che cambiava l’Europa.
E Parma, la sua città adottiva (ché Bodoni nacque a Saluzzo il 26 febbraio del 1740), dopo averlo coperto d’onori in vita si appresta ora a celebrarlo nel bicentenario della morte con una mostra dal titolo Bodoni, principe dei tipografi aperta dal 5 ottobre fino al 12 gennaio 2014. Scenario della rassegna gli spazi monumentali più belli della città: la Biblioteca Palatina e la Galleria Nazionale, cui si accede tramite il Teatro Farnese. Un’occasione unica per ammirare le edizioni bodoniane e con esse le testimonianze dell’intero processo di realizzazione e poi di commercializzazione di capolavori contesi da corti, accademie e biblioteche.
È a questo tema, «Bodoni, gli ambienti culturali e le corti», che è riservata una delle due sezioni dell’esposizione, mentre nel Teatro Farnese rivivranno i suoi primi passi nella tipografia paterna di Saluzzo (Cn), quindi il trasferimento a Roma e il lavoro nella stamperia di Propaganda fide.
Nel 1768 Bodoni viene chiamato dal duca Ferdinando a dirigere la Stamperia reale di Parma, che diventa il crocevia dei potenti d’Europa: da Napoli vengono prima i Borbone e poi Gioacchino Murat, altrettanto fanno i Borbone di Spagna e Napoleone Bonaparte in persona. Bodoni è un punto di riferimento anche per scrittori, pensatori, storici come Giuseppe Parini, Vincenzo Monti e Vittorio Alfieri.
Alla «Fabbrica del libro perfetto» è riservata invece l’altra sezione allestita nello spazio della Galleria Petitot della Biblioteca Palatina. Gli strumenti e le opere finite qui esposte dimostrano di quale portata sia stata la rivoluzione di Bodoni. Naturalmente è parte integrante della rassegna il museo bodoniano nel Palazzo farnesiano della Pilotta presso la sede della Biblioteca Palatina. Istituito nel 1963, il museo contiene un migliaio di edizioni bodoniane e poi documenti, punzoni, matrici e attrezzi della stamperia.
La mostra di Parma, illustrata da La fucina dei caratteri di Bodoni di Andrea De Pasquale (Monte Università Parma, 134 pagine, 35 euro), curatore dell’iniziativa, offre l’opportunità di assistere alla nascita della modernità figurativa e del design: la maniera di Bodoni di mettere in forma le idee continua infatti a circondarci e plasmare la nostra percezione.
Le più raffinate e avanguardistiche operazioni editoriali hanno sempre scelto un corpo Bodoni per venire al mondo. Già Raffaello Bertieri, nel 1931, aveva voluto questo carattere per le famosissime guide azzurre del Touring; e Antonio Boggeri, pioniere della fotografia applicata al design, scelse come logo del proprio studio una B bodoniana eseguita da Deberny & Peignot. È in Bodoni Grazia, la rivista femminile Mondadori che nasce nel 1963, e prediligono il Bodoni i maggiori graphic designer italiani, come pure grandi gruppi da Eni a Ibm.
Bodoni è il maître storico della grafica e di buona parte della cultura figurativa moderna. Franco Maria Ricci, che ha veicolato con il Bodoni l’estetica e la raffinatezza della cultura italiana, ha ricordato che «tutta l’arte moderna ha in comune con il neoclassico Bodoni il desiderio di liberare i segni dal loro normale contesto per farli vivere in una dimensione autonoma e fantastica». Per questo la mostra di Parma va vista con gli occhi di oggi, non parla di storia, mette in scena lo spartito con cui continua a disegnarsi il futuro.