VARIE 26/9/2013, 26 settembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL NUOVO COLPO DI TESTA DI BERLUSCONI
LINKIESTA
Il comunicato del Quirinale è duro. Più di quanto gli stessi esponenti del Popolo della libertà potevano aspettarsi. «Stavolta il presidente Napolitano ci ha proprio mandato aff…» ride in Transatlantico un deputato berlusconiano. Lo scontro ormai è alla luce del sole. Mentre i parlamentari fedeli al Cavaliere iniziano a firmare le prime lettere di dimissioni, il presidente della Repubblica perde la pazienza. Replicando all’ipotesi delle dimissioni di massa dei gruppi pidiellini, il Colle dirama una nota particolarmente aspra. «Evocare il colpo di Stato o parlare di operazione eversiva – dice Napolitano – è grave e assurdo».
È il risultato di un braccio di ferro durato settimane, racconta qualcuno. L’esasperazione del Capo dello Stato dopo una lunga trattativa con il centrodestra – fatta di richieste più o meno informali – finalizzata a un provvedimento di grazia per Silvio Berlusconi. Ma soprattutto è lo sfogo di un presidente che si è sentito scavalcato nei suoi poteri. Perché la minaccia di dimissioni dei circa 200 parlamentari pidiellini è una prova di forza non priva di conseguenze. Un’azione persino più grave di un voto di sfiducia al governo. È il tentativo di bloccare i lavori parlamentari, accelerando lo scioglimento anticipato delle Camere. Una prerogativa attribuita al solo presidente della Repubblica.
E così Giorgio Napolitano ha perso la pazienza. Ormai la tensione sull’asse Quirinale-Palazzo Grazioli è evidente. Lo scontro tra il vecchio dirigente comunista e l’imprenditore prestato alla politica deflagra in tutta la sua visibilità. E dire che per un breve periodo i due erano andati persino d’accordo. O almeno ci avevano provato. Silvio Berlusconi ha più volte rivendicato il merito di aver fatto rieleggere il presidente. Un credito – a dire il vero giustificato dall’assenza di alternative – mai riscosso. Dopo la sentenza della Cassazione, il Cavaliere ha atteso invano un messaggio di solidarietà dal Colle. Ancora più invano un cenno di disponibilità a valutare un provvedimento di grazia. E così nelle ultime settimane il rapporto tra i due si è irrigidito, per usare un eufemismo. Se il Cavaliere ormai considera il presidente alla stregua di un avversario politico, Napolitano sembra essersi stufato delle continue minacce di crisi lanciate a Palazzo Grazioli. Proprio lui che qualche mese fa aveva accettato un nuovo mandato al Quirinale, solo in cambio di una particolare assunzione di responsabilità da parte della politica.
Sul rapporto ormai logoro, si è abbattuta l’ultima provocazione del Pdl. L’idea delle dimissioni di massa per denunciare la persecuzione giudiziaria cui sarebbe vittima il Cavaliere. Dagli Stati Uniti, dove il presidente del Consiglio è in visita ufficiale, si studiano le contromosse. Ecco la novità delle ultime ore. Per verificare la tenuta del Pdl e smascherare l’eventuale bluff, Enrico Letta avrebbe pronto il colpo a sorpresa. La prossima settimana – i bene informati dicono già martedì – il premier è pronto a presentarsi in Parlamento. Chiedendo, d’accordo con il Colle, una verifica della maggioranza che anticipi la decadenza di Berlusconi dal Senato. Si sta lavorando a un documento programmatico. Non più di sei punti caratterizzanti l’azione di Palazzo Chigi per il 2014, su cui chiedere un impegno formale ai partiti della maggioranza. La crisi non è più solo un’ipotesi. «A questo punto – si ragiona nel Pdl – l’unico che può fermare lo scontro è proprio Berlusconi. Magari chiedendo pubblicamente ai suoi parlamentari di ritirare le dimissioni».
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REPUBBLICA.IT
ROMA - La minaccia di dimissioni di massa dei parlamentari del Pdl, in caso la Giunta di Palazzo Madama voti il 4 ottobre la decadenza di Silvio Berlusconi, preoccupa il Capo dello Stato, al punto da indurlo a non partecipare a un convegno al Senato su De Gasperi: "Ieri è sera è avvenuto un fatto politico improvviso e istituzionalmente inquietante, a cui dedicare la mia attenzione", esordisce Giorgio Napolitano in una lettera di scuse inviata alla Fondazione Alcide De Gasperi.
E, qualche ora dopo, il Quirinale interviene nuovamente sul caso con una nota ufficiale, in cui bacchetta con durezza il Cavaliere e i suoi fedelissimi. Mentre Enrico Letta, da New York, fa sapere ai gruppi dei partiti che sostengono l’esecutivo che al suo rientro a Roma è intenzionato a chiedere una immediata verifica di governo, entro il 4 ottobre. Prima di quel giorno, il presidente del Consiglio vorrebbe un voto del Parlamento- è questo il ragionamento che si sta facendo in queste ore- su una risoluzione, un testo che contenga una sorta di programma di rilancio dell’esecutivo, allo scopo di "parlamentizzare" la crisi.
La nota del Colle. Quattro i passaggi fondamentali del documento del Quirinale. Uno: per il Capo dello Stato la posizione assunta dai parlamentari Pdl rischia di compromettere la funzionalità delle Camere. Due: è assurdo e fuori luogo evocare colpi di Stato o operazioni eversive ai danni di Berlusconi. Tre: il proposito di dimissioni di massa sarebbe ancora più inquietante se fosse finalizzato a esercitare pressioni sul Capo dello stato per indurlo a sciogliere le Camere in anticipo. Quattro: né il Colle né il premier possono interferire sulle sentenze di condanna definitiva.
Ma leggiamo per esteso le parole di Napolitano: "L’orientamento assunto ieri sera dall’Assemblea dei gruppi parlamentari del Pdl non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica - si legge nel documento del Colle - Ma non posso egualmente che definire inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento - ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili - di tutti gli eletti nel Pdl. Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere".
La nota continua: "Non meno inquietante sarebbe il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere. C’è ancora tempo, e mi auguro se ne faccia buon uso, per trovare il modo di esprimere - se è questa la volontà dei parlamentari del Pdl - la loro vicinanza politica e umana al Presidente del PdL, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento - aggiunge -. Non occorre poi neppure rilevare la gravità e assurdità dell’evocare un ’colpo di Stato’ o una ’operazione eversiva’ in atto contro il leader del Pdl".
"L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto in Europa, così come lo è la non interferenza del Capo dello Stato o del Primo Ministro in decisioni indipendenti dell’autorità giudiziaria", conclude Napolitano.
Speranza: chiarimento con Pdl. La prima reazione alle parole forti di Napolitano viene dal Partito democratico, tramite il capogruppo alla Camera Roberto Speranza che afferma: "Il Pdl continua a buttare benzina sul fuoco e alimentare instabilità. E’ del tutto evidente che c’è bisogno di un chiarimento vero, forte e definitivo in sede politica e anche istituzionale". Parla poi a nome di tutto il partito il segretario Guglielmo Epifani: "Il Pd condivide nella sostanza e nel contenuto la nota del presidente e ancora una volta ne apprezza lo spirito di servizio verso il paese. Tutto ora va ricondotto nell’alveo della chiarezza e per questo ognuno si assuma fino in fondo la responsabilità dei propri atti". Ringrazia Napolitano il viceministro all’Economia Stefano Fassina ("ancora una volta ha saputo ribadire il primato della nostra Costituzione"), mentre per il leader di Sel Nichi Vendola le parole del Capo dello Stato sono "un punto di non ritorno"
Il Pdl raccoglie firme alla Camera. La risposta dei fedelissimi del Cavaliere non si fa attendere. Il commento più forte è quello di Daniela Santanché, che definisce il comunicato del Colle "arrogante" nei toni e "non imparziale" nei contenuti. Pochi minuti dopo la diffusione della nota del Quirinale, i parlamentari del Pdl stavano già avviando una raccolta di firme per rassegnare le dimissioni. Le firme sono state poi affidate rispettivamente ai capigruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta e al Senato Renato Schifani, che le consegneranno ai presidenti delle Camere Laura Boldrini e Piero Grasso il 4 ottobre, subito dopo il voto della Giunta.
Lupi e Quagliariello frenano si smarca. E mentre Napolitano dà l’allarme, anche il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, che ritiene "opportuna" la verifica annunciata da Letta, getta acqua sul fuoco: "Da qui al 4 ottobre ogni parlamentare del Pdl deciderà cosa fare", dice a Radio Anch’io. "Il partito - aggiunge - ha dimostrato unità profonda intorno al presidente Berlusconi che ha posto, e noi con lui, una grande questione della democrazia del Paese e cioè che una grande forza sia senza un leader per una decisione della magistratura. Alla sinistra - conclude - diciamo di non avere un pregiudizio su questa grande questione e di affrontare il tema della giustizia". Una posizione condivisa anche dal ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello: "Ieri non abbiamo votato alcune dimissioni, le dimissioni non si annunciano, si danno". Gli risponde per le rime Daniela Santanché: "Quagliariello era presente ieri e quindi credevo avesse capito che le dimissioni non le abbiamo annunciate ma le abbiamo già date".
Maroni appoggia. Intanto il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, si dichiara pronto a sostenere le dimissioni dei parlamentari Pdl: "Anche noi siamo assolutamente favorevoli alla caduta del governo Letta. Se la posizione annunciata ieri sera dal Pdl sarà seguita dai fatti, sosterremo questa azione".
M5S: "E’ un bluff". Mentre per Nicola Morra, capogruppo M5S al Senato, le dimissioni paventate dai parlamentari azzurri "sono solo un bluff da operetta". E il deputato 5 Stelle Alessandro Di Battista, commenta con ironia le parole di Napolitano: "Il capo dello Stato si è ricordato per la prima volta in questa legislatura di essere il presidente della Repubblica". Più determinato Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera: "Parlamento ostaggio di Pd e Pdl, si vada a votare"
VERDERAMI
Non è uno strumento di pressione né tantomeno un’arma di ricatto, perché a Berlusconi era chiaro che il Pd non avrebbe mosso un dito per salvarlo dalla decadenza, tanto più ora che prepara l’Aventino. Più banalmente la decisione presa ieri è il riflesso istintivo di chi si sente perso e finisce per perdere anche quel che aveva conquistato nelle durissime sfide del Quirinale e del governo: il centro del ring politico. Ora dal ring il Cavaliere ha deciso di scendere, scorgendo proprio in Napolitano il suo più acerrimo nemico - così lo definisce - «perché è lui che mi vuol fare condannare». Ormai senza più freni inibitori, si trascina appresso un partito dilaniato dagli appetiti di potere, e dove - pur di non perdere posizioni - sono state le colombe a trasformarsi in falchi nell’ultimo vertice di palazzo Grazioli, precipitando una decisione che sarebbe dovuta maturare dopo il voto del 4 ottobre con cui il Senato accompagnerà il leader del centrodestra alla porta del Parlamento.
Eppure era stato Berlusconi, ancora fino alla scorsa settimana, a frenare l’impeto di chi voleva far saltare subito il banco, spiegando che «se facessi cadere il governo mi metterei contro il Quirinale, i poteri forti con i loro giornali, il Wall Street Journal , il Financial Times . E pure quelli del Ppe direbbero che avevano ragione a non fidarsi di me». Ma i fantasmi che non lo fanno dormire di notte hanno preso infine il sopravvento, e le ombre di nuovi provvedimenti giudiziari avversi si sono fatte carne quando gli hanno riferito che la procura di Milano avrebbe pronte numerose richieste di misure cautelari contro le «Olgettine», che si sarebbero macchiate di falsa testimonianza al processo Ruby pur di salvarlo dalla condanna. È stato a quel punto che non ci ha visto più. E ha tratto il dado. Il modo in cui l’ha fatto è stato se possibile più dirompente della stessa decisione, perché - scardinando le regole istituzionali - non ha preannunciato la scelta nemmeno al Quirinale. D’altronde, con il capo dello Stato - considerato il regista della congiura - i rapporti si erano ormai interrotti, e il tentativo di Napolitano di riavviare il dialogo, chiamando Alfano al Colle, non ha avuto effetto. Un indizio si era potuto cogliere già ieri mattina, alla festa organizzata in Rai per i novanta anni di Zavoli, e dove è stato notato come il presidente della Repubblica - premuroso con tutti gli ospiti - si è scambiato solo un gelido saluto con Gianni Letta.
Il botto ha preso alla sprovvista anche la delegazione dei ministri del Pdl, se è vero che Alfano ha saputo dell’accelerazione a cose fatte, di ritorno dalla sua visita in Piemonte al cantiere dell’Alta velocità. E il colloquio con Enrico Letta - dall’altra parte dell’Atlantico - è stato quasi una sorta di commiato. Perché il premier sa di non avere margini di manovra, sa che i falchi che militano nel Pd si accingono a chiedergli un gesto «per salvare l’onore tuo e del tuo partito». È un gioco scoperto, l’ha spiegato al suo vice prima di prendere la parola all’Onu, confidando che la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl non ufficializzasse la decisione: «Angelino, se scoppia il casino io mi dimetto anche ad qui». Un’estrema forma di pressione, questa sì, che non poteva produrre effetti. E così è stato. Di qui la scelta del presidente del Consiglio di far finta di nulla, in attesa degli eventi. Perché ora bisognerà capire quanto potrà andare avanti la messinscena, ché di questo sotto il profilo tecnico si tratta, se è vero che le dimissioni dei parlamentari non provocano la crisi di governo né producono vuoti nelle Camere, siccome è previsto il subentro dei primi non eletti. Perciò Napolitano - che è il destinatario dell’offensiva politica - vuole smascherare i berlusconiani, caricati ieri sera da un capo che ha evocato il voto e la vittoria, sebbene tutti in quella sala - tra applausi e dimostrazioni di fedeltà - sapessero che tra un paio di settimane il Cavaliere sarà fuori dal Palazzo e che non avrà le urne.
In realtà, il primo a saperlo è proprio il Cavaliere, e non solo perché l’assenza di una riforma elettorale è garanzia di sopravvivenza della legislatura, ma soprattutto perché glielo ripetono settimanalmente i suoi amatissimi sondaggi, a mo’ di filastrocca: il Paese non vuole la crisi, il Pdl pagherebbe duramente il conto della crisi, la crisi non risolverebbe comunque i suoi problemi giudiziari mentre acuirebbe i problemi sociali. Ma non c’è verso, almeno così sembra, per placare l’ansia di chi si sente ormai braccato e vittima di una «operazione eversiva», e che - vellicato da quanti nel Pdl temono per il proprio futuro - sembra aver deciso di indossare l’armatura e teorizza una «insorgenza civile», chiama a raccolta i parlamentari e dice loro: «Servono dimostrazioni di massa, dovete pacificamente portare la gente per le strade, nelle stazioni, negli aeroporti, per denunciare la perdita della democrazia». Toccherebbe al titolare dell’Interno la gestione dell’ordine pubblico, se non fosse che Alfano - prima di questo problema - ne ha un altro, tutto politico, a lui evidente senza che Schifani ieri sera lo enunciasse rispondendo a una domanda dei cronisti: «Le dimissioni dei ministri dal governo? Chiedetelo a loro».
È scontato che il voto del Senato sulla decadenza di Berlusconi porrà i ministri dinnanzi a una scelta che appare scontata, e che stravolge lo schema fin qui previsto, quello del partito di lotta e di governo, che tiene un piede nell’esecutivo, attacca il Pd sull’economia e lo stressa per verificarne la tenuta in vista del loro congresso. Così invece il Pdl si assumerebbe la paternità della crisi. Ma tant’è. «Siamo un partito - dice Alfano - che non farà l’errore dei partiti della Prima Repubblica. Noi non ci divideremo, resteremo stretti attorno al nostro leader». Berlusconi esorta i suoi parlamentari all’«estremo sacrificio»: «Abbiamo contro tutti. Siamo solo noi e dieci milioni di elettori». Delle larghe intese restano macerie, è il Cavaliere a citare il de profundis: «Quelli del Pd dicono che l’alleanza con noi è contro natura e se ne vergognano. Ci dovremmo vergognare noi di loro». Fine.
ANSA.IT
’Domani torno a Roma e sono certo che riuscirò a convincere tutti sulla corretta priorità dei problemi in agenda’’: lo ha detto il premier Enrico Letta intervenendo alla Columbia University di New York.
L’ira del Quirinale sul Pdl, dopo la minaccia di dimissioni in massa annunciata dal partito, in caso di decadenza di Berlusconi. In una nota, si giudica assurdo evocare un Colpo di Stato. ’Non occorre neppure rilevare la gravità e assurdità dell’evocare una "operazione eversiva" in atto contro il leader del PdL - si afferma -. L’applicazione di una sentenza di condanna definitiva, inflitta secondo le norme del nostro ordinamento giuridico per fatti specifici di violazione della legge, è dato costitutivo di qualsiasi Stato di diritto’’. E si aggiunge: "C’è ancora tempo, e mi auguro se ne faccia buon uso, per trovare il modo di esprimere - se è questa la volontà dei parlamentari del PdL - la loro vicinanza politica e umana al Presidente del PdL, senza mettere in causa il pieno svolgimento delle funzioni dei due rami del Parlamento". Intanto, si apprende da fonti parlamentari della maggioranza, il premier Enrico Letta ha fatto sapere ai gruppi dei partiti che sostengono l’esecutivo che al suo rientro a Roma da New York e’ intenzionato a chiedere una immediata verifica di governo.
Il premier Enrico Letta non intende procedere con il vecchio schema della verifica da prima repubblica, si sottolinea in ambienti di Palazzo Chigi, ma con chiarimenti sull’attivita’ di governo nelle sedi proprie, cioe’ in Consiglio dei ministri ed in Parlamento.
L’ira di Napolitano - "L’orientamento assunto ieri sera dall’Assemblea dei gruppi parlamentari del PdL - sostiene Napolitano - non è stato formalizzato in un documento conclusivo reso pubblico e portato a conoscenza dei Presidenti delle Camere e del Presidente della Repubblica. Ma non posso egualmente che definire inquietante l’annuncio di dimissioni in massa dal Parlamento - ovvero di dimissioni individuali, le sole presentabili - di tutti gli eletti nel PdL". "Ciò configurerebbe infatti l’intento, o produrrebbe l’effetto, di colpire alla radice la funzionalità delle Camere. Non meno inquietante - aggiunge Il Capo dello Stato - sarebbe il proposito di compiere tale gesto al fine di esercitare un’estrema pressione sul Capo dello Stato per il più ravvicinato scioglimento delle Camere".
’Verifichero’ le conclusioni dell’assemblea’: aveva affermato già ieri il Capo dello Stato. Oggi ha disertato un convegno in programma questa mattina: ’Ieri sera - ha detto - è capitato un fatto politico improvviso cui debbo dedicare oggi tutta la mia attenzione. Da Pdl fatto istituzionale inquietante cui devo dedicare tutta la mia attenzione’. Napolitano era atteso ad un incontro al Senato su De Gasperi.
La minaccia di dimissioni in massa del Pdl e’ emersa ieri sera al vertice di Berlusconi con i gruppi Pdl parla di colpo di Stato in corso: ’E’ in corso un’operazione eversiva che sovverte lo stato di diritto ad opera di magistratura democratica - ha detto - Sono i giorni più brutti della mia vita. Essere stato buttato fuori per un’accusa così infamante. Sono 55 giorni che non dormo. Ho perso 11 chili, uno per ogni anno di galera che mi vorrebbero far fare. Io non mollo il mio dovere è resistere e combattere nonostante sia molto difficile perche’ ho contro tutti’. Un lungo applauso ha accolto la proposta del capogruppo del Pdl al Senato Renato Schifani quando ha proposto ai presenti di considerarsi decaduti quando la Giunta voterà quella di Berlusconi nella riunione 4 ottobre. Un applauso, a quanto si apprende, che è stato ripetuto quando è entrato il Cavaliere. "Questo è un partito che non si dividerà, è unito e compatto e resterà tale. Perchè è stretto intorno al suo leader al quale è legato dall’affetto, dalla stima e dalla forza degli ideali comuni". Lo afferma il segretario del Pdl Angelino Alfano parlando all’assembla dei gruppi. Brunetta: ’ognuno potrà decidere liberamente’. Franceschini: ’gesti di gravità assoluta’.
"La definizione di ’colpo di Stato’ e di ’operazione eversiva’ non è ’inquietante’ ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile". Lo dichiarano in una nota congiunta i capigruppo del Pdl al Senato Renato Schifani, e alla Camera Renato Brunetta rispondendo a Giorgio Napolitano. "L’opinione unanime espressa ieri sera dai parlamentari del Popolo della Libertà-Forza Italia - viene sottolineato nella nota congiunta - è quella dell’esistenza di un’operazione persecutoria da parte di una corrente della magistratura, al fine di escludere definitivamente dalla competizione politica il leader del centrodestra, a cui si aggiunge il voto della Giunta per le elezioni del Senato con l’applicazione retroattiva della legge Severino". "Questo voto - sottolineano i due capigruppo - calpesta un principio fondamentale dello Stato di diritto, quello della ’irretroattività delle leggi’, confermato dall’articolo 25 della nostra Costituzione e dall’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La definizione quindi di ’colpo di Stato’ e di ’operazione eversiva’ non è ’inquietante’ ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile".
Anche la Lega Nord sarebbe disponibile a dimettersi in linea con le decisioni prese dal Pdl. "Anche noi siamo assolutamente favorevoli alla caduta del governo Letta. Se la posizione annunciata ieri sera dal Pdl sarà seguita dai fatti, sosterremo questa azione". Ha affermato il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, questa mattina a Torino con il governatore del Piemonte, Roberto Cota. "Le decisioni e i toni incredibili usati oggi dal Pdl sono l’ennesima prova di irresponsabilità nei confronti del Paese", ha detto il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, aggiungendo che "il Pdl pensa a sfasciare tutto, a rendere instabile l’azione del governo volta a risolvere i problemi degli italiani".
"Mentre il Presidente del Consiglio parla all’Onu e lavora per rafforzare la credibilità internazionale del nostro Paese, mentre affrontiamo emergenze di ogni tipo ci troviamo di fronte a parole e gesti di una gravita assoluta. Se qualcuno pensa che siano forme di pressione. sappia che sono pressioni a vuoto’’. Così Dario Franceschini.
Napolitano "avrebbe dovuto ascoltare personalmente i Presidenti dei nostri gruppi parlamentari. Se lo avesse fatto, prima di rendere pubbliche dichiarazioni che suonano inevitabilmente come giudizi di carattere politico, avrebbe potuto riconoscere l’alto valore istituzionale, politico e etico del nostro gesto". Lo afferma Sandro Bondi.
"Le dimissioni si danno e non si annunciano". Il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello risponde così alla domanda su come commentasse le dimissioni di massa annunciate ieri dal Pdl e il fatto che Napolitano abbia definito questo episodio "istituzionalmente inquietante". "Ieri comunque non abbiamo votato alcuna dimissione".
Marchionne: Letta persona forte, spero continui - ’’Enrico Letta è una persona forte che trasmette sicurezza; spero continui’’. Lo dice l’ad di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne dopo una cena a New York con il premier. ’’La sua missione qui a New York - aggiunge - è stata un grande successo, ha fatto un’ottima impressione. Abbiamo bisogno di stabilità per un po’ di tempo per fare qualcosa. Da quanto tempo è in carica questo governo? Sono solo 4 mesi...’’.