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 1995  marzo 02 Giovedì calendario

LA LUNGA MARCIA DEL SIGNORE DELLA SIDERURGIA

Sara’ festa grande quella del "Venticinquesimo" in casa Riva, il prossimo 7 marzo. Ogni anno, in quel giorno, viene celebrata, con i dipendenti che hanno almeno 25 anni di anzianita’ , l’ entrata in funzione della prima acciaieria di famiglia, quella di Caronno Pertusella, nel lontano 1957. Un impianto costruito ad appena tre anni dall’ ingresso in affari di Emilio Riva, fondatore del gruppo. Sara’ festa grande per un’ acquisizione, quella della Ilva laminati piani, che di colpo permette a un industriale siderurgico privato italiano di parlare da pari a pari con i signori dell’ acciaio d’ Europa. Certo, ancora lontane sono le dimensioni della francese Usinor Sacilor, con i suoi 21 mila miliardi di ricavi. Piu’ vicina casomai e’ la British Steel che, a cambi ’ 94, conta su circa 13 mila miliardi di fatturato. E vicini sono i colossi tedeschi della Krupp, mentre i loro connazionali della Thyssen sono persino dietro. Da oggi, infatti, i Riva potranno sommare ai loro 3.350 miliardi di fatturato gli 8.500 dell’ Ilp. Eppure sembra quasi dispiacere questo trovarsi sotto i riflettori dalle parti di viale Certosa a Milano, in quella palazzina di vetro dove c’ e’ il quartier generale del gruppo. Sono appena pochi mesi che chi risponde al telefono dice educatamente "Riva", invece che sillabare un anonimo numero di telefono. Gia’ , perche’ lo stile Riva e’ diventato quasi proverbiale. Mai un’ intervista. Altro che mostrarsi. Con modestia e altrettanto orgoglio Emilio Riva esibisce il suo essere "ragioniere", lasciando ad altri i vari "dottore" e "cavaliere". Semplice ma fiero ragiunatt, come dicono a Milano. Quella citta’ dove il fondatore del gruppo e’ nato nel 1926 da una famiglia di antiche origine lombarde. E dove ha iniziato a commerciare i rottami ferrosi. Un conto e’ pero’ evitare le occasioni pubbliche, un conto e’ il lavoro. L’ acciaio. Con il quale i Riva hanno scritto una storia lunga quarant’ anni. Qualche mese fa, quasi intuendo che il gruppo stava per arrivare a una svolta decisiva, la famiglia ha deciso di raccontarsi in un libro che celebra i 40 anni di attivita’ . 40 anni vissuti da defilati e atipici protagonisti. "La siderurgia non e’ un’ industria come le altre, e il gruppo Riva non e’ un gruppo siderurgico come gli altri", dice Etienne Davignon che per otto anni e’ stato a capo del settore per la Comunita’ economica europea. Eh si’ , perche’ se Riva e’ stato diverso dagli altri nello stile, differenti sono state anche le scelte strategiche. A cominciare dalla costruzione degli impianti. Non e’ un caso che dal 1957 si festeggi quel 7 marzo nel quale ando’ in funzione lo stabilimento di Caronno Pertusella. Quello infatti e’ stato l’ unico impianto costruito da Riva. Tutti gli altri sono stati acquisiti in seguito a fallimenti di gruppi pubblici o privati. Acquisiti e rilanciati. Come? La "bussola" Davignon e’ precisa nel rispondere. Mentre i grandi attori dell’ acciaio, nel pieno della crisi, erano costretti a ristrutturare, la famiglia Riva continuava a crescere grazie a una formula. Forse riassumibile in poche parole: flessibilita’ nell’ approccio ai mercati e ai clienti, chiarezza e decisione nelle scelte strategiche e gestionali. Una via originale che, negli anni Cinquanta, ha significato puntare sulle cosiddette "mini acciaierie" con pochi addetti e decentrate vicino ai mercati di sbocco. E poi, negli anni Settanta, cercare i clienti fuori dai confini italiani. Ma non solo. Se quella dei Riva e’ una storia di successo . spiegano ancora Davignon e Margherita Balconi, la docente universitaria autrice del libro sul gruppo . lo si deve in buona parte alla salda guida del vertice, formato essenzialmente da Emilio Riva con il fratello Adriano prima e dai i loro figli poi. Quanto salda? Gli operai di Caronno Pertusella ricordano ancora quando, nel lontano 1975, il fondatore del gruppo fini’ in carcere accusato di omicidio colposo in seguito a un incidente sul lavoro. E soprattutto ricordano le parole di Emilio Riva che decise la serrata dell’ impianto dicendo: "Finche’ non esco io, la fabbrica resta chiusa e senza lavoro". Si becco’ all’ epoca del fascista e dello sfruttatore. Anche se poi la scelta di non costruire impianti acquisendo e rilanciando quelli gia’ esistenti la si deve . spiega la Balconi . all’ abilita’ nel coinvolgere i dirigenti e i lavoratori degli stabilimenti. Nell’ evitare le parcellizzazioni delle mansioni. Aggiungendo a questa strategia la fortuna di aver potuto inserire da giovanissimi i suoi figli in azienda. Come Fabio, Claudio, Nicola, divisi solo dalle passioni calcistiche (i primi due milanisti, Emilio e Nicola interisti), ma uniti dal "lavoro e alzarsi presto al mattino" come dicono in viale Certosa. Cosi’ il gruppo riesce a schivare la tremenda crisi della meta’ degli anni Sessanta e inizia a espandersi all’ estero all’ inizio del decennio successivo. Quando cioe’ un gruppo di imprenditori italiani e tedeschi coinvolge Riva nella Siderurgica Sevillana in Spagna. O quando nel ’ 76 avviene lo sbarco in Francia attraverso la Compagnie Franaise Ferrailles. Fatto sta che nel 1980 la produzione del gruppo Riva e’ solo per la meta’ situata in Italia. Nell’ 88 una delle prime incursioni nelle privatizzazioni. Riva acquista lo stabilimento di Genova Cornigliano ex Finsider. E riesce a risanarlo. Continua intanto l’ espansione, in Belgio, in Germania nella ex Ddr con due societa’ . La terza, la Eko Stahl, gli viene negata per l’ opposizione dei colossi tedeschi dell’ acciaio che non vedono di buon occhio la crescita di questo italiano troppo intraprendente. E poco malleabile quanto riservato. Al punto di aver aperto i conti del suo gruppo ai revisori della Arthur Andersen solo l’ anno scorso. Ora si attende il primo bilancio consolidato del gruppo. L’ operazione contribuira’ , dopo l’ acquisizione dell’ Ilp, a sfatare la leggenda che vuole, salvo alcune eccezioni, i gruppi privati industriali italiani sempre troppo piccoli per poter competere nel mondo.