Gianluca Veneziani, Libero 26/9/2013, 26 settembre 2013
L’ETERNA CASTA ITALICA ALLEATA DI PURCHESSIA
Prima di Cetto La Qualunque, c’è stato L’onorevole Qualunqui. Dalla geniale penna satirica di Vamba, nome d’arte di Luigi Bertelli, papà del Giornalino di Gian Burrasca e direttore del Giornalino della Domenica, venne fuori nel 1898 il progenitore di Scilipoti, disposto a far di tutto pur di restare in Parlamento, ingraziarsi i potenti e diventare ministro del Regno. La storia, allora uscita a puntate sulla rivista L’O di Giotto, viene ora ripubblicata da Barion (pp. 186, euro 14), impreziosita dalle caricature e i bozzetti di un talento dell’il - lustrazione contemporaneo di Vamba, Enrico della Leonessa, meglio noto come Lionne.
Della categoria dei peones, Qualunquo Qualunqui ha tutti i difetti: è incompetente, trasformista (passa con una disinvoltura estrema da Depretis a Crispi, da Di Rudinì a Giolitti, per poi tornare infine a Crispi), nonché ruffiano, arrivista, adultero e naturalmente corrotto. Il suo motto e mezzo per arrivare al potere è: «Purchessia». Basta leggere, a riguardo, la descrizione fatta dallo stesso Vamba: «L’onorevole Qualunquo Qualunqui rappresenta al Parlamento italiano il secondo collegio di Dovunque, e fino agli ultimi tempi ha fedelmente combattuto nel partito dei Purchessisti, propugnando il programma Qualsivoglia e appoggiando costantemente il gabinetto Qualsisia ». Onde realizzare le proprie ambizioni, Qualunqui sa di dover adulare i potenti, nascondere il fallimento di una banca, rea di falso in bilancio e alterazione di libri contabili, favorire l’abusivismo edilizio lasciando venir giù «le vecchie torri merlate» in cambio di una caserma, e soprattutto promettere ponti, in senso metaforico e non: «Il ponte?», dice Qualunquo al sindaco del suo paese, «Lo faremo qui. E se torno alla Camera, o il Ministero mi dà il ponte... o io passo dall’altra parte». Che schiena dritta...
All’atteggiamento opportunistico nei confronti dei superiori, si aggiunge un approccio arrogante verso i comuni cittadini, da lui trattati all’insegna del «Lei non sa chi sono io!». In un’esi - larante scena in treno, degna dei migliori sketch di Totò, un passeggero prova a entrare nella carrozza dell’onorevole Qualunqui, che gli risponde piccato: «Non c’è posto! Non vede che ho quattordici valige? ». L’altro allora insiste: «Il signore pretende che io non entri,ma io ho pagato il biglietto». «Che signore!», gli tuona contro il parlamentare. «Io sono il deputato Qualunqui!». A quel punto Totò gli avrebbe certo replicato: «E chi non lo conosce quel Qualunquone di suo padre!».
Ovviamente, per arrivare a Montecitorio, oltre a promesse, meschinità e intrallazzi, occorrono soprattutto voti. E qua - l’onorevole lo sa molto bene - non bisogna andare troppo per il sottile. Al seggio di Dovunque si presentano così uomini sotto false identità, truppe di elettori prezzolati e perfino i defunti. Tutti sono ammessi alle urne, pur di conseguire l’obiettivo: eleggere il candidato Qualunqui. Altra dote fondamentale è la capacità di infischiarsene del persistente conflitto tra politica e magistratura, che cerca di trasformare i deputati in imputati. A un onorevole maneggione come Qualunqui, i giudici proveranno naturalmente a mettere i bastoni tra le ruote, ma lui dovrà nondimeno cavarsela, sfruttando da un lato le lungaggini della giustizia, e dall’altro la compiacenza della sua Camera di appartenenza. «Curiosa questione», scrive Vamba a proposito di un altro uomo inseguito dai tribunali, «questa di Francesco Crispi, la quale da tanto tempo van palleggiando tra loro i giudici e il Parlamento», senza che si giunga mai a una soluzione. Vi ricorda qualcosa?
Attorno a Qualunqui, soggetto profittatore e mediocre, si muove un universo di individui altrettanto gretti, forse meglio collocati di lui nei ruoli di potere, ma comunque incapaci. C’è, ad esempio, l’onorevole Paolo Boselli, filosofo dell’ovvio, che sentenzia frasi lapalissiane del tipo: «Chi non ha, sta senza» e «Non avrem vera pace, se avrem la guerra»; c’è Giovanni Giolitti, che si rivolge ai cittadini in un incomprensibile burocratese; c’è poi il «supercazzolaro» Giovanni Bovio, che parla finto-forbito come farebbe adesso un Nichi Vendola: «Mentre l’appropinquantesi pantopatologia nella teratologica trascende l’ultima via, ecco: un ipersensibile eudomonismo appar»; e non manca neppure l’antenato di Monti, il ministro del Tesoro Luzzatti, che si vanta di essere il più grande economista d’Italia, incompreso in patria e apprezzato soltanto all’estero.
Sullo sfondo appare infine lo spettro di una crisi di governo, dovuta a un contrasto tra rudinisti e crispisti (il Pdl e il Pd di oggi) e risolta grazie a un accordo delle parti «col nobile e patriottico scopo di dare al paese un Governo forte e duraturo». Tanto, Destra o Sinistra che sia, per Qualunqui e la sua fazione non cambia nulla: «È savia tradizione del partito dei Purchessisti l’assicurarsi in ogni modo e in ogni caso il soccorso del Governo che, se non fa bene, non fa mai male».