Francesco Specchia, Libero 26/9/2013, 26 settembre 2013
GIUDICI BOCCIATI: DEVONO PAGARE QUANDO SBAGLIANO
Potremmo definirlo un livido «effetto Ingroia»: in Europa i magistrati italiani registrano un improvviso calo di popolarità, come le rockstar in disuso e gli esattori fiscali. Non è una questione d’antipatia; solo i pm e i giudici italiani risultano troppo protetti dalle conseguenze del loro operato.
Dopo il risarcimento della Corte Europea al giornalista Maurizio Belpietro, la Commissione Ue ha deciso di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia «per i limiti posti alla responsabilità civile dei giudici nell’applicazione del diritto europeo». La qual cosa nasce dal mancato rispetto di una condanna già decretata per lo stesso motivo dalla Corte di giustizia dell’Ue nel novembre 2011. Di fatto, se entro i prossimi mesi, il Belpaese non s’adeguerà modificando la norma in materia, verrà nuovamente deferito ai giudici europei. Col pericolo, stavolta, di pesanti sanzioni pecuniarie. L’iniziativa è seria. Promana dal servizio giuridico della Commissione che fa capo direttamente al gabinetto del presidente Barroso. In buona sostanza: all’Europa non sta bene che i nostri magistrati possano commettere errori nell’applicazione del diritto europeo (e oggidì circa l’80% delle norme nazionali deriva da provvedimenti Ue); e non sta bene neppure che la nostra legge nazionale escluda, in linea generale, la responsabilità dei magistrati per i loro errori di interpretazione e valutazione. Per capirci: ex diritto penale la responsabilità dello Stato scatta solo quando sia dimostrato, dei togati, il dolo o la colpa grave; e, oggi come oggi, per vischiosità di casta o sinecura, è arduo dimostrare sia il dolo che la colpa grave. Metteteci anche che, secondo la Ue, la Cassazione stessa ha finora interpretato in maniera troppo restrittiva la responsabilità suddetta, circoscrivendola a sbagli che abbiano un carattere «manifestamente aberrante», e ciò è, onestamente, aberrantissimo. Metteteci tutto, e avrete il quadro di una casta italiana inadeguata al contesto civile europeo. A conferma della sacrosanta iniziativa referendaria dei Radicali sulla -ancora una volta- responsabilità civile dei magistrati» prevista nei 12 referendum pannelliani. E a suggello d’una convinzione che oramai serpeggia sempre più a sinistra; ossia la necessaria «civilizzazione» della categoria dei magistrati, per usare un termine duro e postumo di Peppino D’Avanzo, inchiestista di pregio di Repubblica ma negli ultimi anni dissidente sul tema con la linea del suo giornale (pure se D’Avanzo al collega Zambardino aggiungeva: «...Però prima di civilizzare i magistrati bisogna togliersi dalla palle Berlusconi»). Bene.
Il concetto, qui, è semplice, è ciceroniano. Nel senso di Cicerone che nel 70 a.c., invocando il diritto romano, definiva il propretore della Sicilia Verre «pirata della giustizia »; e lo faceva condannare per la di lui imperlata di sentenze ingiuste e dannose ai cittadini.Condanna che, paradossalmente, oggi s’insabbierebbe tra le paludi del Csm. Dunque: sia per Cicerone (e successivamente per Teodosio, compilatore del codice omonimo) che per la Ue, i magistrati dovrebbero, come tutti, rispondere delle proprie incoscienze. Per ovvi motivi, il centrodestra, oggi, esulta. E sarebbe fin troppo facile citare l’euforico Renato Brunetta di ieri mentre espettorava alle agenzie: «il centrodestra si è battuto per far sì che anche i magistrati siano considerati cittadini uguali agli altri, per lo meno nel pagare i danni quando li provocano. La loro lobby potentissima, sostenuta dalla sinistra con compiacenza ha impedito finora che questo principio elementare diventasse regola e prassi». Anche se Brunetta, saggiamente chiosava: «La multa chi la pagherà? I magistrati? La sinistra?... ». La pagherà lo Stato -cioè noi-, e col solito ritardo.
Ma quel che colpisce non è la reazione, scontata, dei berlusconiani. Quel che colpisce, per dire, sono lettori del sito del Fatto Quotidiano storicamente vicino alle Procure; i quali lettori condividono, in molti, le tesi Ue. Ne cito, random, alcuni. OpusMei: «Il guaio maggiore è la giustizia-non-spettacolo, quella che non finisce quasi mai sui giornali se non con un trafiletto in quinta pagina, quella dei poveri cristi che vengono condannati sulla base di errori clamorosi e chi li ha indagati e condannati non paga». Stefano77: «L’Europa ha semplicemente chiesto di ampliare la possibilità di rivalsa anche nei casi di erronea o mancata applicazione di leggi. Il che mi sembra sacrosanto. Gino-Pensa (accuratissimo): «i dati sulla giustizia italiana sono a disposizione di tutti: circa 10.000.000 di processi/cause arretrati; circa 150,000 prescrizioni annue; tempi biblici per giungere a sentenza...» . Eccetera. Quest’ultimo post, peraltro, fotografa una verità, gridata all luna in molti libri dei colleghi Stefano Liviadiotti o Stefano Zurlo. Tre anni fa, la durata media di un’udienza penale era valutata di 18 minuti; e tre udienze su 10 si concludono con sentenza, mentre le altre vengono tutte rinviate, in media di 4 o 5 mesi. «Questo, una volta su quattro, accade per colpa di magistrati e giudici, per i loro ritardi, assenze ed errori. Ecco i motivi per cui si sono accumulate quasi 5,5 milioni di cause civili e nelle procure straripano 3,4 milioni di procedimenti penali, che nel 2012 si sono prescritti in 130 mila casi (356 al giorno)», scriveva Panorama. Il dato, oggi, è aumentato. Ma la media di produttività delle corti d’appello -16 udienze annue nel civile e 28 nel penale - rimane la stessa. E questo porta all’altro problema.
Grazie al frequente sostegno di una certa parte politica (il famoso patto Pci-Pds ormai divenuto genere letterario) e in assenza quasi totale di responsabilità, la «supercasta » tende ad essere più corporativa di un’assemblea rabbinica. Spesso si autoassolve. Calcolava Giuseppe Di Federico, ex membro laico del Csm, che dal 1988 a oggi siano stati appena 4 i condannati in sede civile, su un totale di 406 cause avviate e 34 ammesse dal «filtro preventivo» dei tribunali. E a pagare è sempre l’erario. Ma la decisione odierna della Commissione Ue, per alcuni giuristi era ineluttabile. A detta dello studio di Daniela Cavallini Gli illeciti disciplinari dei magistrati ordinari prima e dopo la riforma (Cedam, 2006): «...Di regola il Csm promuove tutti i magistrati al maturare del livello minimo di anzianità. Le poche valutazioni negative sono quasi sempre erogate a giudici e pm che hanno subito già gravi sanzioni disciplinari. A differenza degli altri paesi d’Europa, da noi il sistema disciplinare finisce di fatto per essere l’unico strumento di valutazione negativa della professionalità dei magistrati ». E le valutazioni generalizzate o laudative «attenuano il rigore delle stesse condanne». Tra il 2008 e il 2009, pur con la nuova normativa, le 554 valutazioni del Csm furono positive. Tutte. In uno degli anni più incasinati della giustizia, in 1292 tribunali nessuno sbagliò.
Alla Ue forse se ne sono accorti.