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 2013  settembre 26 Giovedì calendario

PUTIN, LO ZAR DELL’ORTODOSSIA


IL CASO
Porta sempre con sé una piccola croce. Non salta una messa di Natale e tantomeno a Pasqua. Bacia le sacre icone. E si scaglia sempre più volentieri contro l’Occidente, che ha «dimenticato le sue radici cristiane» e «cerca di parificare i diritti dei matrimoni omosessuali con quelli delle famiglie tradizionali. La fede in Dio con quella di Satana». Giunto al suo terzo mandato al Cremlino, Vladimir Putin ha scelto la strada dei valori ortodossi per cementare l’identità di un Paese che due decenni dopo il crollo dell’Urss fatica a darsi una direzione. Un Paese orfano della superpotenza, ma che vuole contare sulla scena internazionale e torna a sfidare l’America di Obama, come la partita negoziale sulla Siria sta dimostrando. Nei confusi anni Novanta Boris Eltsin lanciò un “concorso alla ricerca di un’idea nazionale”: nessuno lo vinse, perché non emerse alcun concetto convincente. Putin crede di averlo trovato, in una mistura ancora un po’ torbida di chiesa, patriottismo, recupero della cultura russa, dove il senso di patria deve contrastare le tensioni tra etnie e gruppi sociali: problema non secondario, considerati i 185 gruppi etnici della Federazione e la distanza siderale tra i cento magnati che assieme accumulano 380 miliardi di dollari e i 18 milioni di persone sotto la soglia di povertà.
IL FORUM
Così, la settimana scorsa, al Valdai Club - forum di dibattito internazionale che Ria Novosti organizza per parlare e far parlare di Russia – il capo di stato ha tenuto un discorso incentrato su valori cristiani, morale, moralità. Unici strumenti, ha affermato, per evitare che il Ventunesimo secolo diventi «la tomba della dignità umana».
Riunita in versione allargata e trasmessa in diretta tv in occasione del decimo anniversario, la sessione conclusiva del Valdai club quest’anno ha visto in platea rappresentanti dell’opposizione russa ed esponenti delle varie religioni (i musulmani costituiscono oltre l’11% della popolazione).
Di tre ore di botta e risposta con il capo del Cremlino, in Italia è arrivata solo la battuta su Silvio Berlusconi, che «se fosse gay, nessuno lo toccherebbe». Una boutade che in realtà si inserisce bene nel discorso putiniano, concentrato su un elettorato ampiamente omofobo e contrario a riconoscere i diritti delle minoranze sessuali. Tanto per essere chiari: in un sondaggio, il 51 % degli intervistati afferma di non volere un gay come vicino di casa. L’unica cosa peggiore è avere accanto un alcolista (65%), pericolo tra l’altro ben più concreto.

GLI SLOGAN
All’Europa e agli Usa che criticano la cosiddetta«legge sulla propaganda omosessuale» promulgata lo scorso giugno, Putin replica che non è per criminalizzare un orientamento sessuale “non tradizionale”, ma per evitare che questo venga pubblicizzato in presenza di minori. Poi però dice che con il dibattito sui diritti gay l’Occidente ha imboccato una via pericolosa, che può portare solo al declino. «Scegliete, o fate più figli per aumentare la popolazione, o fare entrare altri immigrati, ma anche questi non vi piacciono. Sta a voi decidere».
Ci crede davvero? È solo questione di sondaggi? Entrambe le cose, assicura chi segue lo segue da vicino e fornisce rilevamenti demoscopici al Cremlino. Il sessantunenne Putin vuole restare al potere – ha appena detto di non escludere di candidarsi di nuovo nel 2018 – ma soprattutto vuole passare alla storia come il leader che ha fatto risorgere la Russia dalle ceneri dell’Unione sovietica. Semplificando un po’, Zar Vladimir si rivolge a quel 77% di russi che si identifica nella religione ortodossa. Anche se di questi solo circa uno su dieci va in chiesa e tre su dieci non credono alla Resurrezione di Cristo. Perché ortodossia è cultura, radici, identità, ancora prima che fede. Per la sua nazione ortodossa, cuore di un Paese multietnico e multiculturale, Putin reclama un nuovo ruolo internazionale, che implica la fine dell’interventismo unilaterale americano, la riabilitazione dell’Onu e che deve riflettere il carattere “unico” della Russia. Pur criticando Barack Obama quando argomenta l’eccezionalità degli Usa.
Olga Krishtanovskaja, sociologa specializzata in studio delle elite, consiglia una chiave molto semplice per leggere la Russia di oggi: Putin è “il signor Ivan”, ovvero il signor Rossi moscovita, che dice quello che la maggioranza dei russi pensa e questo è il segreto della sua popolarità.

LE ARMI CHIMICHE
Così sugli omosessuali, così sull’America, vecchio nemico dell’Urss che è facile riproporre come nuovo nemico della Russia, “piuttosto che cercare un altro contendente”. Con il piano per lo smantellamento delle armi chimiche siriane, che ha bloccato per ora l’opzione di un intervento militare, il signor Rossi-Putin ha ribaltato il tavolo diplomatico e ridato slancio all’idea di una “via russa” in politica estera. Sa di aver spiazzato Obama e il mondo. E sa che non sarà facile arrivare a un risultato concreto. Ma potrà sempre dire: «Ci abbiamo provato, abbiamo cercato la pace. Non ci hanno ascoltato».
Orietta Moscatelli