Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 26/9/2013, 26 settembre 2013
TELECOM, OBERATA DAI DEBITI, HA FATTO RISTRUTTURAZIONI E RIPOSIZIONAMENTI, CON L’UNICO RISULTATO DI FAR ARRICCHIRE CONSULENTI INTERNAZIONALI E BANCHE
Se scrivi di Telecom passata alla Telefonica, o di Alitalia in procinto di _, hai una certezza, qualsiasi posizione tu sostenga, riceverai valanghe di critiche. Per ridurre il rischio, la prendo da lontano, dagli anni ’60, quelli della mia giovinezza, e ad Alitalia e Telecom (allora si chiamava SIP) aggiungo Fiat e Ferrero. Allora Alitalia era un fior di compagnia, la sua prima classe raggiunse livelli qualitativi tuttora insuperati, così la professionalità dei piloti, fu la prima ad avere una flotta tutta di aerei a reazione. SIP era all’avanguardia, il suo livello di servizio per gli utenti era superlativo (chi come me aveva il «duplex», era come divedere con uno sconosciuto il bagno, sapeva che le regole d’ingaggio erano garantite), dividendi e cotillon per i cassettisti. Ferrero, dopo essere diventata in 10 anni leader assoluta nel domestico, si era lanciata nell’internazionalizzazione, sfondando subito grazie a prodotti innovativi. Fiat era al massimo del suo splendore, una Istituzione paragonabile all’Arma dei Carabinieri, i giapponesi pregarono e pagarono «prezzi» alti perché le piccole Fiat non fossero esportate in Giappone.
Tutte avevano un’eccellenza, l’unica che è veramente discriminante nel business: i loro leader. Erano tutti di altissimo livello (un nome solo, Vittorio Valletta). Il fatto che due di queste aziende fossero dello Stato, era irrilevante (immaginate l’Eni di Mattei), perché il comportamento degli azionisti pubblici e privati erano identici, così quello dei rispettivi CEO. Certo, negli anni ’60 quelli della generazione «Baby Boomer» o andavano alle medie o all’asilo, osservandoli ci parevano dei bambini normali, erano come i nostri figli, nessuno di noi avrebbe mai immaginato che sarebbero diventati super laureati, super masterizzati, super curriculati, in realtà degli idioti arroganti, lo avremmo scoperto dopo, con le ovvie eccezioni che la statistica garantisce. La nostra generazione invecchiava, spesso degradava, la visione strategica ci abbandonava, la capacità di selezionare le nuove leve era in noi sempre più carente.
Costoro andarono al potere, fu la fine. Quel che è peggio lo stesso avvenne con la classe politica. I nostri coscritti politici, pur con tanti difetti, furono decimati in pochi mesi per via giudiziaria. Andarono al potere quelli della Società Civile, forse persone perbene, forse anche capaci nei loro mestieri, si rivelarono però subito degli sciagurati in termini di politica e di business. Vendere un’azienda è mestiere altrettanto difficile e complesso di comprarla, e di gestirla.
Mi piacerebbe che qualche team accademico facesse uno studio completo su queste quattro aziende, in assenza di ideologie, ma semplicemente con le logiche tipiche del management. Il periodo clou fu quello a cavallo degli anni ’90, quando Mediobanca (lo Stato laico) prende la decisione (sciagurata) che Fiat Auto non si fondi con Ford, e così la «uccide» e lo Stato, quello vero, affida a figure «sconcertanti» (i nomi sono noti e prestigiosissimi) le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Prego i critici di non parlarmi delle privatizzazioni: filosoficamente sono d’accordo con loro, io parlo di decisioni manageriali e di uomini, sono costoro, non la filosofia, che hanno portato al fallimento idee giuste, e con loro Alitalia e Telecom (di Fiat Auto parlerò dopo l’IPO).
La più paradigmatica è la storia di Telecom, dove la nostra Classe Dominante, in tutte le sue articolazioni di cosche e camarille, hanno «pucciato il biscotto» (traduzione dal piemontese), dando il peggio di loro. Dal «nocciolino» della Fiat, ai ridicoli capitani coraggiosi, alla supponenza dei gommai, per non parlare del presente. E’ ridicola persino l’attuale cessione (neppure uno straccio di OPA), la povera Telecom ha vissuto gli ultimi vent’anni oberata dai debiti, facendo ristrutturazioni, riposizionamenti, con l’unico risultato di arricchire consulenti internazionali (pure loro baby boomer) e banche. Tecnicamente fallita, e via via spogliata, fin dal tempo dei capitani coraggiosi, ora viene comprata da Telefonica, che aggiungerà ai suoi 60 miliardi di debiti i 40 di Telecom, raggiungendo la cifra monstre di 100 miliardi (80 è il debito pubblico dei sette milioni di svizzeri). Alcuni dei «capitani coraggiosi», chiamati in questo caso «patrioti», comprarono l’Alitalia nello stesso modo in cui un altro di loro comprò un’azienda in Usa. Fare commenti, oggi, su questi temi mi pare oggettivamente inutile.
Resta Michele Ferrero, da 60 anni non fa altro che gestire e far crescere la sua azienda, non ha alcun debito, è assiso su una cassa di 10 miliardi cash, «cassetti» pieni di prodotti, reti commerciali, stabilimenti. Avendo le caratteristiche umane dell’italiano medio, quello delle partite iva, insomma il meglio del paese, nessuno parla di lui, in cambio lui non parla con nessuno. Grazie Michele.