Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 26 Giovedì calendario

L’OFFENSIVA DEL CIBO MADE IN ITALY

MILANO
Il gusto italiano piace sempre di più sulle tavole internazionali. Tanto che diversi produttori di pasta, prosciutto, vino, formaggi hanno deciso di tastare il polso al consumatore a casa loro, aprendo ristoranti, wine bar, formaggerie, salumerie. Alla fine un’attività estranea a quella del produttore ma che aiuta il business e lo supporta grazie a un veicolo straordinario di conoscenza dei prodotti. E così via a valanga: a novembre Barilla aprirà a New York, in Madison avenue, il primo ristorante Academia; Rosi ha aperto avviato la seconda salumeria a Manhattan; Vladimir Dukcevich (titolare del prosciutto San Daniele King’s) ha tagliato il nastro alla prima osteria a New York e insieme alla famiglia Zonin ha inaugurato, da una settimana, il secondo ristorante-wine bar a Tokio; Giovanni Rana ha alzato la saracinesca a New York al Chelsea market (140 coperti, laboratorio e Take away); Eataly è al rush finale per i negozi di Detroit, Istanbul e Dubai; l’imprenditore veneto Brazzale, dopo le 12 Formaggerie in Repubblica ceca, il prossimo 8 ottobre inaugura il primo punto vendita in Cina, a Shanghai.
«Vogliamo conoscere meglio il consumatore – esordisce Claudio Colzani, ad di Barilla group – stargli vicino e proporgli le idee della cucina italiana. Certo, il nostro core business rimarrà la produzione di pasta, biscotti, sughi, ma se questo business, ora sperimentale, cresce e soddisfa perchè no? Abbiamo un business plan: il secondo ristorante lo apriremo nel 2014, poi si vedrà. Il ristorante Rana? Fa bene anche a noi: allarga il mercato». L’obiettivo di Barilla è anche quello di rafforzare i sughi negli Usa. «Siamo il numero 10 nei sughi pronti – aggiunge il top manager – ma leader nella pasta con il 30% di quota di mercato e una crescita del 10%». Colzani è il manager che punta a raddoppiare i ricavi a 6 miliardi in otto anni. Oggi la società dichiara una crescita del 5% a volume sui mercati internazionali e un assestamento dell’1% in Italia. «Nel nostro Paese – conclude Colzani – per far girare le fabbriche bisogna sovrainvestire e pigiare sulle promozioni. Alla fine il business tiene ma soffrono i margini». Quindi l’asse dello sviluppo di Barilla è sulla crescita dei mercati internazionali e sulla voglia di Italian food.
La scorsa settimana a Tokio si sono accese le insegne del secondo ristorante-wine bar Gustavo, a due passi dal Lida Bashi Station, snodo di 4 metropolitane. «È un posto molto trafficato – sottolinea Francesco Zonin, responsabile marketing della cantina vicentina – con 62 coperti, il doppio dell’altro ristorante. Sono disponibili tutti i nostri vini». Funzionano? «Abbiamo impiegato 5 anni ad aprire il secondo ma il modello di business sta in piedi: aiuta che a Tokio ci sia una cultura vinicola diffusa». Altre aperture? «Se ci saranno – conclude Zonin – le faremo in franchising».
Qualche mese fa a New York, in Madison avenue, ha aperto i battenti l’Osteria del principe. «In menu – dice Dukcevich – un piatto di prosciutto, due piatti caldi, un calice di vino a 20 dollari. Un prezzo giusto ma soprattutto il calore dell’accoglienza italiana e l’attenzione al dettaglio: dalla focaccina allo stuuzzichino. Finora è stato un successo». Le sinergie con il core business? «Di solito facciamo visita ai clienti – risponde l’imprenditore triestino – ma se riusciamo a portarli in Osteria in un’ora spieghiamo il prodotto e come va abbinato ai piatti. Insomma cambia tutto radicalmente».
La macchina da guerra di Eataly non si ferma mai. «A New York fatturiamo 80 milioni di dollari – sostiene il guru Oscar Farinetti – e presto apriremo anche a Detroit grazie alla società americana di cui deteniamo il 52%». Entro l’anno prenderanno il largo anche i ristoranti, in franchising internazionale, a Istanbul e Dubai. «Il nostro compito – conclude Farinetti – è fornire il marchio e addestrare il personale. I negozi sono chiavi in mano».
Imminente anche l’avventura cinese di Brazzale. «Il negozio – dichiara Roberto Brazzale – apre a Shanghai, non lontano dall’ambasciata francese. In vetrina formaggi, ma anche altri prodotti della dieta mediterranea: pasta, sughi, vino, salumi». Il modello da clonare è quello della catena La Formaggeria in Repubblica ceca: 14 negozi la prossima primavera e un fatturato di 5 milioni.