Carlo Bertini, La Stampa 26/9/2013, 26 settembre 2013
BARCA: “SE RENZI ATTACCA LETTA LA COLPA È
DEL PD” –
Voglio ancora pensare che questa irresponsabile intenzione dei parlamentari del Pdl non sia mai esercitata, anche perché il paese, che chiede lavoro e servizi, non potrebbe tollerarla». Fabrizio Barca non vuole aggiungere altro sul tema e questa ritrosia a parlarne deriva dal dubbio che tutto ciò sia solo un’altra mossa per mettere in difficoltà il suo partito.
A destra risuonano tamburi di guerra, ma anche nel vostro campo non si scherza. Che ne pensa delle bordate continue di Renzi a Letta?
«Ma nella mia idea di partito separato dallo Stato, la responsabilità di qualunque cosa non sia avvenuta in questo governo è del Pd, non del suo premier. Il Pdl come partito ha chiesto cose molto precise, il Pd no, sia in questa fase che in campagna elettorale. Un esempio: se il Pd avesse detto che voleva un’immediata reintroduzione dell’indicizzazione delle pensioni sotto i 1400 euro, Letta sarebbe stato rafforzato e non indebolito. Ciò dimostra che il partito deve essere un organo vivo con una sua strategia anche quando esprime un premier».
Lei ha detto che Renzi può vincere il vostro congresso perché è un candidato dirompente dal punto di vista del cambiamento: si è conquistato pure il suo voto?
«No. Girando l’Italia in queste settimane sento che molti, di quelli che avevano pensato di appoggiarlo, si domandano se il rinnovamento significherà sostituzione di una filiera calata dall’alto o concorrenza tra i migliori. Cioè se si tradurrà nell’aprireun metodo diverso dentro il partito e quindi nella società. In altri termini, mi convinco sempre di più che la mia utilità consista nella franchezza delle domande a tutti i candidati: solo dopo matureranno delle scelte, magari la notte prima del voto. Registro che ancora non si discute di contenuti, tranne alcuni spunti. Per convincere le persone che puoi cambiare le cose devi prima convincerle che sei in grado di attuare le promesse fatte, su scuola, infrastrutture, e così via. La differenza non è nell’agenda, ma nell’avere un metodo per realizzare le tue intenzioni, perché a raccontarle sono buoni tutti».
LapensacomeD’Alemasulfatto che Renzi non sia adatto a fare il segretario di un partito come il Pd?
«Faccio un esempio concreto: sono d’accordo i candidati con la mia richiesta di ridurre la direzione del Pd, cui è affidato l’indirizzo strategico del partito, da 200 a 20 persone? Una proposta di buon senso, che parte da qualche cognizione di organizzazione che ho maturato negli anni, perché non esiste organismo al mondo in cui la strategia la decidono duecento persone. Uno solo dei candidati mi ha risposto, Civati, dicendosi d’accordo. Cuperlo ha detto che bisogna rafforzare la dirigenza, Renzi non l’ha neanche presa in considerazione. Per me e per moltissimi altri, conteranno questi impegni concreti».
Anche lei come Cacciari teme che la scissione sia inevitabile nel Pd?
«No, non lo credo affatto. Una scissione sul piano dell’identità, questione purtroppo molto poco discussa, non ha ragione d’essere sul piano culturale, anzi oggi trovano conferma alcuni presupposti inesplorati della vicenda del Pd. Ci sono contrasti tra le persone, camuffati dall’ideologia. Ma non c’è questa presunta faglia tra socialcomunisti e liberaldemocratici. E credo che il partito non si farà prendere in giro da chi userà dei vessilli identitari per eventuali operazioni. La gente non ci casca, chi volesse fare simili operazioni troverebbe una significativa opposizione in giro».
Ritiene che Renzi e Letta si debbano alleare in un ticket per vincere alle urne?
«Bisognerebbe capire a che progetto comune dovrebbe essere finalizzato. Intendo dire che ci sono oggi tanti sindaci di grandi città molto validi, cinque-seicento sindaci di comuni minori molto capaci, due giovani presidenti di regione del Pd e mi riferisco a Zingaretti e Serracchiani, di assoluto valore. Ecco la squadra è questa e si può alleare non in base ad operazioni di potere ma su un grande progetto».