Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 26 Giovedì calendario

«MOSSA A RISCHIO DEI FRANCESI PARIGI DEVE GIÀ PENSARE A KLM»

DALLA NOSTRA INVIATA CHENGDU — Oggi Alitalia riunisce il consiglio di amministrazione, che deve reperire le risorse fresche per continuare a volare e rendere operativo il nuovo piano industriale presentato a luglio. Ma Willie Walsh mette in guardia: «Trovare 300 milioni di euro entro la fine dell’anno non sarà sufficiente: Alitalia deve dimostrare che l’iniezione di liquidità avrà un ritorno economico. La compagnia ha bisogno di una ristrutturazione fondamentale, in modo simile a quanto sta facendo Iberia», sostiene il numero uno di International Airlines Group (IAG), la holding che controlla British Airways (BA), Iberia e Vueling. E boccia inoltre un intervento di Air France-Klm per salire nel capitale del vettore italiano: «Conviene ad Alitalia, ma non è nell’interesse di Air France». Dublinese (come l’amico rivale Micheal O’Leary di Ryanair), 52 anni, ex pilota con i gradi di capitano, prima di passare alla gestione, Walsh parla da concorrente, che compete con il gruppo franco-olandese e Lufthansa sia in Europa sia sulle redditizie rotte di lungo raggio, incluso il ricco mercato cinese, ma conosce bene Alitalia, che in passato ha provato a comprare.
Air France-Klm ha preso tempo per salire fino al 50% del capitale.
«Il gruppo è impegnato con la propria ristrutturazione. Alexandre de Juniac sta prendendo le misure giuste, ma è una grande sfida, che diventa più difficile vincere mentre si assiste un partner a ristrutturare a sua volta. Se fossi nei suoi panni mi concentrerei su Air France, che è la priorità», dice in questa intervista a Chengdu, nella Cina sud occidentale, 14 milioni di abitanti e quinta città cinese, dove Ba ha appena inaugurato il collegamento diretto con Londra tre volte alla settimana.
E’ ancora interessato ad Alitalia?
«Lo eravamo nel 2008-2009: abbiamo avuto molti incontri a Roma, ma il nostro appetito non era grande quanto quello di Air France. Il mercato italiano è fantastico. Alitalia ormai è un capitolo chiuso. Non credo che i cittadini di un Paese abbiano necessariamente bisogno di un vettore nazionale».
British Airways ha scelto Iberia, ma dopo la fusione nel 2011 la compagnia spagnola resta in rosso.
«Ba ha ristrutturato il suo network di corto raggio prima della fusione con Iberia. Gli spagnoli hanno cominciato solo dopo. Sapevo che Iberia aveva bisogno di essere ristrutturata, certo non mi aspettavo una crisi così profonda nell’eurozona, in particolare in Spagna. Ma non sono pentito: Iberia è la porta per il Sud America. Il nostro primo compito è stato capire quali fossero le destinazioni di lungo raggio profittevoli e poi ridurre le rotte di corto e medio raggio, mantenendo quelle che contribuivano alla rete delle grandi distanze. E’ indispensabile tagliare la capacità eccessiva, ma poi serve una ristrutturazione dei costi. Molti carrier europei sono troppo grandi. Dopo la fusione abbiamo ridotto la capacità di Iberia in media del 15% (circa il 20% sul corto e medio raggio e il 10% sul lungo) e tagliato 3.200 posti di lavoro, il 17% dei dipendenti. Siamo a metà strada, serviranno ancora un paio di anni».
Quali costi vanno tagliati dopo aver ridotto le rotte?
«Il carburante è il costo più importante: meno si vola, meno si spende. Il carburante pesa per il 33% sul totale sui costi totali di Iag. Per Ryanair arriva fino al 45%, ecco perché quest’inverno il vettore low cost ha annunciato che lascerà a terra 80 aerei. Detto questo, è cruciale analizzare ogni singolo aspetto della propria struttura per guadagnare efficienza. Poi bisogna investire in nuovi aeromobili, molto più efficienti».
Come sta il settore aereo?
«L’industria è completamente diversa rispetto a 10 anni fa: le barriere all’ingresso sono aumentate, specialmente in Europa. Ma strutturalmente il settore gode di salute migliore che in passato, perché i costi elevati per carburante e capitale favoriscono il consolidamento e disciplina. Molte compagnie hanno ridotto la capacità offerta, lasciando spazio per crescere ai vettori più efficienti».
Prevede una nuova ondata di consolidamento?
«Nell’eurozona, che resta l’area più debole, vediamo un certo numero di compagnie aeree che lottano per sopravvivere. Il consolidamento ci sarà e tra gennaio e febbraio porterà molti piccoli vettori con cattivi bilanci in bancarotta. Avremo meno compagnie, ma economicamente più forti».