Camille Eid, Avvenire 26/9/2013, 26 settembre 2013
IL JIHAD STA CONVERTENDO SEMPRE PIU’ EUROPEI
L’attacco terroristico di Nairobi «non inspirerà i jihadisti che abitano in Occidente. Loro sono più affascinati dalla crisi siriana, dove circa il 10 per cento dei jihadisti sono europei». Quest’affermazione, fatta ieri da Samir Amghar, esperto di movimenti islamici e autore del recente “L’Islam militant en Europe”, ripropone una realtà preoccupante: la crescente presenza di europei tra le file dei “volontari” che si recano in Siria per combattere contro le forze di Assad. Non tanto in valori percentuali, visto che quel «10 per cento» non è variato nell’ultimo anno, bensì in valori assoluti. Se, infatti, si parlava una volta di circa 600 europei partiti per dare manforte all’opposizione, oggi si avanza la stima di almeno 1.500, provenienti da una quindicina di Paesi europei. I “contingenti” più consistenti sono partiti dalla Francia (130-270), Gran Bretagna (150), Germania (120), Paesi Bassi (107), Belgio (85), Danimarca (78) e Austria (50). Si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di immigrati musulmani trapiantati da anni in Europa o dei loro figli. Ma sono soprattutto in aumento – ed è qui l’allarme – i casi di convertiti europei all’islam tramutati in professionisti del jihad globale.
Con un triste bilancio. Un servizio di intelligence occidentale è riuscito a individuare, in un video di propaganda, dei convertiti tedeschi che avevano partecipato, il 6 agosto scorso, a un’operazione di “pulizia etnica” condotta da un gruppo radicale contro i villaggi cristiani sul confine con la Turchia.
Sono tuttavia gli annunci di morte sul campo a fornire il maggior numero di informazioni. In Italia la stampa ha parlato di Ibrahim Giuliano Delnevo, il 23enne genovese, ucciso a giugno mentre combatteva in Siria con i jihadisti ceceni. Sua madre ricorda che alla vigilia della sua partenza per la Turchia – questa era la sua meta, le aveva assicurato – avevano guardato insieme un film su Che Guevara. «Mi sento un po’ come lui», le aveva detto sorridendo.
In Francia è noto il caso di Raphaël Gendron, convertito all’islam da giovanissimo. Nel 2008 è stato arrestato a Bari con accuse di terrorismo. Nel carcere di massima sicurezza sardo di Macomer inneggiava ad Allah quando i soldati italiani morivano in Afghanistan. Dopo essere stato scarcerato, è partito per la Siria dove è morto in aprile. Ha fatto scalpore anche il caso di due fratelli neo convertiti, Nicolas, 30 anni, e Jean-Daniel, 22 anni. In un video postato a luglio, davanti a una bandiera dei qaedisti di Jabhat al-Nusra, hanno invitato i loro «fratelli di Francia e d’Europa» a compiere «il dovere obbligatorio del jihad in Siria».
«Erano bravi ragazzi, li hanno condizionati », ha commentato loro padre, un imprenditore. Il più giovane, che gli spiegava che lo poteva rivedere «solo in paradiso», è rimasto ucciso in agosto. Un altro fanatico del jihad doveva essere il danese Kenneth Sørensen, convertito all’islam dieci anni fa. Sposato con una danese anch’essa convertita, a marzo ha reso orfani quattro bambini sotto i nove anni. In Germania fa discutere il caso di Denis Mamadou Cuspert, un ex cantante rap convertito all’islam salafita nel 2010. La polizia tedesca teme che i messaggi di Denis, che ha preso in Siria il nome di Abu Talha al-Almani (il tedesco,
ndr ), possano influenzare altri giovani a seguire la sua strada.
Nel Belgio, un Paese che ha dato un elevato numero di jihadisti rispetto alla sua popolazione, si evoca la storia di Sammy e Sean, entrambi di 23 anni. Il primo, che si era convertito all’islam all’età di 14, ha dovuto seppellire l’amico, morto nell’esplosione di una bomba. «I burattinai usano l’ignoranza e la fede di questi giovani », dice sconsolato il padre di Sean: «Loro ci credevano, ma ecco il risultato».