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 2013  settembre 25 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - POLEMICHE SUL CASO TELECOM


ROMA - La cessione del controllo di Telecom agli spagnoli di Telefonica "pone seri problemi di sicurezza nazionale, visto che la rete Telecom è la struttura più delicata del Paese, attraverso cui passano tutte le comunicazioni dei cittadini italiani ed anche quelle più riservate". A lanciare l’allarme è il presidente del Copasir Giacomo Stucchi. Su questo tema - annuncia - "faremo una riflessione come Comitato e chiederemo che il direttore del dipartimento delle informazioni per la sicurezza Giampiero Massolo venga a riferire al Copasir sui dettagli dell’operazione". "Ho già sentito Massolo. Mi ha assicurato che invierà nelle prossime ore un’informativa al Copasir sui possibili rischi in termini di sicurezza nazionale di un’operazione di questo tipo, trattandosi di un’infrastruttura strategica come le rete Telecom". Risponde a Stucchi il ministro dei rapporti con il parlamento che dice: "Se il Copasir chiederà al governo un’audizione, il governo andrà ovviamente a riferire".
Una questione, quella della cessione di Telecom, che in queste ore ha suscitato diverse reazioni. Fra i primi a intervenire i sindacati. "Di fronte al caso Telecom, il paese deve interrogarsi. Il governo torni ad assumere il ruolo che gli compete. Il sindacato, unitariamente, è pronto al confronto, come ha dimostrato con la proposta di istituire una cabina di regia". Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, denuncia la vendita delle grandi aziende "al miglior offerente, senza alcuna idea di politica industriale, di integrazione, di possibile crescita e degli effetti sul sistema produttivo e sull’occupazione". Critico anche il segretario della Uil, Luigi Angeletti, che non nasconde le sue perplessità: "Siamo seriamente preoccupati. Siamo convinti che l’operazione su Telecom avrà esiti negativi sull’occupazione".
Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro urgente al presidente del Consiglio, Enrico Letta sulla vicenda Telecom. Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, hanno inviato oggi una lettera al premier e al ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato. Con Telecom "è la prima volta che un asset strategico per il futuro del Paese è acquisito da un’impresa straniera senza che ci sia stata una preventiva discussione pubblica sulle sue ricadute e senza che il governo attivasse la golden share. In assenza di un deciso cambio di passo - incalza Camusso - quanto avvenuto è destinato a ripetersi nelle prossime settimane con altri gioielli della nostra industria".
All’attacco anche il mondo della politica. Tanto i partiti di maggioranza quanto quelli di opposizione, hanno tutti chiesto al Governo di riferire in Aula sulla questione Telecom. Beppe Grillo chiede al governo di rinazionalizzare Telecom con i soldi ricavati dalla rinuncia alla Tav. Matteo Renzi ha punta il dito sia contro la classe politica sia contro gli imprenditori per le vicende Telecom e Alitalia. "Il problema di cui dibatte il sistema politico in queste ore non può essere l’italianità delle aziende. Anzi, per quello che mi riguarda sono convinto che ogni serio intervento in Italia sia da incoraggiare, visto che tra il 2011 e il 2012 abbiamo dimezzato gli investimenti stranieri - dice il sindaco di Firenze - . Però vicende, peraltro molto diverse tra loro, quali Telecom e Alitalia oggi allungano l’elenco dei rimpianti", ha aggiunto, "di quello che poteva essere e non è stato per responsabilità di una classe politica incapace e miope, che ha messo troppo il naso in vicende da cui doveva star lontana salvo poi dimenticarsi di intervenire quando invece sarebbe stato opportuno".
C’è poi una preoccupazione sui livelli occupazionali. "Su Telecom Italia quanto avviene non va bene. Ritengo che sia necessaria una attenta valutazione da parte del governo" - spiega il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina - . Non bisogna dare nulla per scontato perché è in gioco un asset strategico per il nostro paese. In gioco sono migliaia di posti di lavoro". "Per il Partito Democratico nessuna preclusione al fatto che un grande investitore industriale come Telefonica investa in asset italiani, anzi! Ma lo deve fare rispettando gli interessi strategici italiani, dando garanzie su occupazione e politica industriale", dice Matteo Colaninno, responsabile Economia del Pd. "Dopo il disastro Telecom occorre fare un bilancio delle privatizzazioni: l’Italia aveva una azienda pubblica sana che è stata regalata a imprenditori italiani che l’hanno spolpata e adesso la regalano a investitori esteri. Il risultato è un arricchimento di pochi imprenditori senza scrupoli", dice Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista.
"Perché il Governo, invece di limitarsi laconicamente a ricordarci che Telecom è una società privata e che vigilerà non incoraggia i soggetti italiani a considerare l’opzione di un aumento di capitale che frenerebbe questi assalti?", chiede invece il senatore di Sel, Massimo Cervellini, vicepresidente Commissione Lavori pubblici. "Il governo scenda in campo con determinazione in difesa delle imprese e delle industrie strategiche del nostro Paese e impedisca il saccheggio delle più importanti aziende italiane", dice la parlamentare del Pdl, Stefania Prestigiacomo.

REPUBBLICA.IT
MILANO - Il passaggio di Telecom Italia agli spagnoli del Telefonica, pronti a salire al 70% di Telco la holding che controlla il 22,4% dell’ex monopolista delle tlc, ha scatenato reazioni a catena tra gli ambienti politici, economici e finanziari del Paese. Da ogni parte dell’arco parlamentare arriva una richiesta di base: il governo deve riferire. Il premier Enrico Letta in serata interviene e garantisce: "Guardiamo, valutiamo, vigileremo sul fronte occupazionale, ma bisogna ricordare che Telecom è una società privata e siamo in un mercato europeo". Il presidente del Consiglio ha, poi, sottolineato che "capitali europei potrebbero aiutare Telecom a essere migliore rispetto a come è stata in questi 15 anni". L’allarme c’è perché ora la rete telefonica, su cui viaggiano tutti i dati sensibili del Paese, non è più in mani italiane. Ma senza più la ’golden share’, l’azione speciale un tempo controllata dal governo, le possibilità di intervento sono davvero ridotte. Ma il Tesoro non esclude interventi. Magari facendo riferimento al ’golden power’, il cui regolamento attuativo è stato deciso per difesa e sicurezza nazionale, non ancora per le comunicazioni. Ma qui potrebbe esserci un margine di iniziativa. Mentre il viceministro allo Sviluppo Catricalà si lamenta, in un’intervista
al Messaggero: "Nessuno ci ha avvertito, lo avessero fatto sarebbe stato meglio". Un riferiumento ai soci italiani di Telecom: Mediobanca, Generali, Intesa San Paolo.
Intanto, sul piano politico, si scatena la bagarre. Attacca il Pd, con Andrea Martella che chiede spiegazioni dall’esecutivo "al più presto". Beppe Grillo parla di un’Italia che "perde i pezzi" e chiede che il governo "dirotti i fondi della Tav per bloccare la vendita", mentre il capogruppo del M5S al Senato Nicola Morra annuncia la richiesta di una commissione d’inchiesta. Barbara Saltamartini del Pdl denuncia: "Non si può restare inermi a guardare". Di vergognoso silenzio del governo parla il presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. "Apri i giornali online e ti accorgi che l’Italia sta perdendo Alitalia e Telecom". "In questo Paese è latitante qualunque tipo di politica industriale: e i guai provocati sono sotto gli occhi di tutti", è il giudizio di Nichi Vendola (Sel).
Se da un lato gli azionisti di Telco (Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo) tirano un sospiro di sollievo limitando i danni dell’operazione e Confidustria aspetta i piani degli spagnoli per lo sviluppo della società, dall’altro sindacati e politici sono preoccupati per il futuro occupazionale e per le prospettive di politica industriale del Paese. Ma il presidente di Telecom, Franco Bernabè, che sarà alle 8:30 in audizione presso le commissioni Lavori pubblici e Industria del Senato, getta acqua sul fuoco: "La società non diventa spagnola, l’operazione riguarda Telco".
Anche il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sottolinea la confusione che aleggia sulla vicenda: "La Telco, che possiede un 20% di Telecom, era già a maggioranza Telefonica che passerà dal 46% al 61%. Mi pare sia dura sostenere che Telecom diventa spagnola", ha precisato, mentre il suo predecessore, Corrado Passera, ex ad di Intesa Sanpaolo, ha espresso le sue perplessità su Twitter: "Per Telecom i grandi soci italiani hanno preso una decisione pessima".
Per Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, "è un altro duro colpo perché perdiamo un’altra delle poche, grandi imprese che ancora restavano sotto il controllo italiano. Questo accordo ha una ricaduta per noi negativa sul fronte occupazionale, soprattutto per il futuro: gli interessi si spostano da Roma a Madrid". La tenuta occupazionale preoccupa anche la Cisl di Sergio Bonanni. Duro Gianni Alemanno del Pdl che parla dai "grande sconfitta del sistema industriale italiano", mentre Stefano Conti di Ugl attacca: "La politica è rimasta immobile a guardare, mentre il governo avrebbe potuto esercitare con la golden share un potere di autorizzazione condizionata". A rischio, secondo le stime di Michele Azzola della Slc-Cgil, ci sono fino a 16mila posti. Di fronte a questo scenario il governo "ha il compito di convocare subito le parti sociali e Telefonica per conoscerne il piano". Critica sui parametri finanziari Asati, l’Associazione dei piccoli azionisti: "Se il 3 ottobre al cda Telecom non sarà proposto un aumento di capitale di almeno 3 miliardi, il declassamento annunciato dalle agenzie di rating sarà impietoso, con indubbi riflessi negativi sull’andamento del titolo".
Per il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda "è necessario che il governo venga al più presto in Senato a riferire sul grave declino del sistema industriale italiano che coinvolge due imprese strategiche per i nostri servizi pubblici". Maurizio Gasparri, invece, chiede lo scorporo della rete.
Resta alla finestra, invece, Confindustria. Per il direttore generale Marcella Panucci, "l’operazione Telefonica-Telecom è uno snodo molto importante per il nostro futuro industriale. A noi interessa che siano promosse le condizioni di concorrenza, che peraltro ci sono, in un mercato come quello delle telecomunicazioni. Staremo a vedere quale sarà il piano che presenterà Telefonica".ì
Decisamente soddisfatto l’ad di Generali Mario Greco per cui l’accordo raggiunto "permette di guardare con ottimismo alla distribuzione di un dividendo soddisfacente a fine anno". Generali rende, inoltre, noto che la svalutazione netta della quota Telco sarà di circa 65 milioni e sarà registrata nel terzo trimestre del 2013. Sulla stessa lunghezza anche Mediobanca che realizza un utile di circa 60 milioni nel primo trimestre 2013 (che si chiude al 30 settembre) e riduce il prestito soci di pertinenza per 35 milioni (da 78 a 43 milioni), attraverso il concambio in azioni Telefonica. In questo modo Piazzetta Cuccia ha avviato lo smobilizzo della partecipazione Telco a premio e in anticipo rispetto ai tempi richiesti dallo scioglimento della holding.
Anche il presidente del consiglio di gestone di Intesa Sanpaolo, Gianmaria Gros Pietro, è intervenuto sul tema: "Credo che Telecom Italia possa trarre giovamento dalla presenza rafforzata di un operatore internazionale che è uno dei primi al mondo". A chi gli chiedeva se i gruppi italiani presenti nell’azionariato saranno costretti a rimanere, per evitare l’intervento dell’Antitrust brasiliano, o viceversa Telefonica potrà salire al 100% di Telco, Gros Pietro si è limitato a rispondere: "Vedremo".
Pesante il giudizio di Marco De Benedetti su Twitter: "Nessuno ha il coraggio di dire che questo management non capisce niente di tlc, nessuna idea strategica", ha scritto l’ex amministratore delegato di Tim. A chi gli ha fatto notare come gli azionisti, vecchi e nuovi, di Telecom puntassero solo sui flussi di cassa, prescindendo dal management, Marco De Benedetti ha successivamente twittato: "Management degno di questo nome si dimette se azionista ne preclude operato. Io l’ho fatto".
"Non ho venduto nessuna azienda. Telecom era già privatizzata ed è stata acquistata con una Opa sul mercato, come è naturale che accada in una economia di mercato". L’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, risponde così alle critiche e ricorda: "Fu deciso concordemente che il governo non dovesse intervenire e tale decisione fu presa innanzitutto con il concorso di chi ne aveva la diretta responsabilità, cioè il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi".

BERNABE’
MILANO - All’indomani del passaggio di controllo di Telecom Italia agli spagnoli di Telefonica attraverso l’aumento di capitale di Telco, la holding che controlla il 22,4% del capitale partecipata anche da Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali, l’attenzione si sposta verso lo scorporo della rete, chiesto a gran voce da più parti. Proprio sul tema è stato chiamato a riferire davanti alla Commissione Lavori pubblici del Senato, il presidente della compagnia italiana Franco Bernabè che ha esordito dicendo: "Abbiamo avuto conoscenza ieri dalla lettura dei comunicati stampa della recente modifica dell’accordo parasociale tra gli azionisti di Telco. Telefonica diventerà azionista di riferimento di una società che resterà quotata con circa l’85% del capitale sul mercato, comprese le azioni risparmio".
Una risposta indiretta alle lamentele del viceministro allo Sviluppo Antonio Catricalà che in un’intervista al Messaggero ha prima ribadito la necessita di scorporare la rete ("si può fare per legge"), poi ha accusato i soci italiani: "Nessuno ci ha avvertito, lo avessero fatto sarebbe stato meglio". E oggi è arrivata anche la bocciatura del mercato con forti vendite sul titolo anche perché Bernabè ha ribadito la necessità di un aumento di capitale per evitare il rischio di un downgrade del debito "con inevitabili riflessi negativi sulla capacità di investimento nel medio termine. Di certo - ha proseguito il manager - se il sistema Italia fosse stato davvero così preoccupato del futuro di Telecom Italia come lo è stato in questi ultimi due giorni forse sarebbe stato possibile un intervento più strutturale".
E d’altra parte tutto il Parlamento sta chiedendo al governo di riferire costringendo il premier Enrico Letta a intervenire: "Guardiamo, valutiamo, vigileremo sul fronte occupazionale, ma bisogna ricordare che Telecom è una società privata e siamo in un mercato europeo". Il presidente del Consiglio ha, poi, sottolineato che "capitali europei potrebbero aiutare Telecom a essere migliore rispetto a come è stata in questi 15 anni, ma non dobbiamo perdere asset strategici come la rete. Adesso, però, La preoccupazione principale è l’occupazione" ha aggiunto il proprio, proprio mentre i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro con il governo.
L’allarme del mercato però riguarda la rete telefonica, su cui viaggiano tutti i dati sensibili del Paese, passata in mani spagnole: per il Copasir è a rischio la sicurezza nazionale. Tuttavia senza più la "golden share" (il diritto cioè di uno Stato - bocciato dalla Ue - a intervenire dopo e durante il processo di privatizzazione di un’azienda di interessa nazionale) le possibilità di intervento paiono ridotte. Il Tesoro non allora di ricorrere alla "golden power" (riedizione della golden share in accordo con la Ue): il regolamento attuativo, però è stato deciso per difesa e sicurezza nazionale e non ancora per le comunicazioni.
L’ipotesi più percorribile resta quella dell’intervento della Cdp sui cui si è espresso anche Bernabè: "Confermiamo il nostro impegno a procedere nel confronto con l’Autorità e la Cdp" sullo scorporo della rete, "ma l’esito finale dell’operazione non è scontato e, in ogni caso, richiede tempi molto lunghi". Il manager prova anche a prendere le distanze dalla trattativa con gli spagnoli che dovrebbe constringere Telecom a cedere le partecipazioni. Una mossa che "determinerebbe un forte ridimensionamento del profilo internazionale del gruppo e delle sue prospettive di crescita e comunque potrebbe non essere realizzabile in tempi brevi, compatibili con la necessità di evitare il rischio downgrade" ha proseguito Bernabè.
Critico Luigi Zingales che a nome di tutti gli amministratori indipendenti definisce l’operazione di Telefonica in totale conflitto di interessi e primva di tutele per le minoranze: "Gli amministratori indipendenti di Telecom Italia lamentano che, ancora una volta, la partecipazione di maggioranza relativa di Telecom venga trasferita a sostanziale vantaggio di pochi, senza alcuna considerazione per la maggioranza degli azionisti. E’ con disappunto che osservano come l’ordinamento italiano non contempli strumenti di tutela della maggioranza degli azionisti, quando pacchetti in grado di conferire il controllo di fatto finiscono nelle mani di azionisti in conflitto con l’interesse sociale. E’ questo il caso di Telefonica, un concorrente diretto di Telecom Italia in Argentina e Brasile, che rischia di forzare Telecom Italia alla dismissione di asset preziosi per il rilancio della società".