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 2013  settembre 25 Mercoledì calendario

IL GESUITA E LA DANZATRICE CHE FANNO BALLARE LA MESSA


«Il momento è finalmente arrivato - dice padre Costa - però non abbiamo ancora detto nulla ai nostri vicini di casa», confida, con soave astuzia, indicando col braccio alla sua destra: a pochi metri dalla sede centrale dei Gesuiti a Borgo Santo Spirito a Roma, inizia il territorio dello Stato del Vaticano.

Roberta, è Roberta Arinci: studi di danza classica occidentale da bambina e poi molti anni passati a scoprire la danza classica indiana, per imparare a comprendere la ritualità, la sacralità dei movimenti. «Entrare a capo chino, eseguire in silenzio e per amore, uscire in punta di piedi»: questo il motto di Ars Bene Movendi, il gruppo, milanese e tutto femminile, di danza liturgica da lei fondato e attivo già da alcuni anni nella Parrocchia di San Fedele.

Il gesuita e la danzatrice sanno di non avere precedenti ai quali ispirarsi; detestano «le sbandierate, le lenzuolate, lo sgraziato sgambettare, l’atmosfera da stadio dei gruppi carismatici che nulla hanno a che fare con la sacralità di una funzione». Padre Costa ricorda, quasi come unico esempio superstite, i «dodici Kyrie» del rito ambrosiano, quando i celebranti assumono atteggiamenti che richiamano dei gesti coreografici. Sanno anche che le gerarchie ecclesiastiche europee «hanno imposto una secolare rimozione della fisicità, per il prevalere di una cultura che ha penalizzato il corpo. Ma che pericolo c’è se riportiamo il nostro corpo nella preghiera, come già accade in tante funzioni celebrate in Africa e in Sud-America?»

E dunque sono consapevoli dell’opportunità che viene ora offerta al loro lavoro. Giovedì sera, alla Cavallerizza Reale, la Arinci, accompagnata da musica e canto, interpreterà danzando quattro temi biblici: la Genesi, l’Annunciazione, il miracolo del cieco di Gerico, la Passione. Domenica, durante la messa delle 11,30 nella chiesa di San Filippo, lei e il suo gruppo, indossando un sari arancione e una stola che richiama il prescritto colore liturgico, «con movimenti sobri, eleganti, dignitosi», scandiranno cinque momenti della Messa: Gloria, Alleluja, Sanctus, Agnus Dei, Inno dopo la comunione.

«Vogliamo evitare che la nostra preghiera - perché questa danza è una preghiera - venga percepita come un corpo estraneo. Il desiderio è che un domani tutta l’assemblea dei fedeli accetti di fare un passo, di unirsi a noi».

Perché questo accada, bisognerà rivoluzionare la disposizione attuale: via i banchi, tutto lo spazio occupato dall’assemblea lasciato libero perché i fedeli possano muoversi, danzare il rito. Se c’è un Papa che può capire la sfida, sembra proprio l’attuale: gesuita, argentino, molto fisico nel modo di porsi, spregiudicato e stratega quanto occorre.