Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 25 Mercoledì calendario

LA RISSA CROCETTA-DEMOCRATICI “MANDARINI”. “TU FAI SOLO GUAI”


Volano gli stracci, come si dice in occasioni così. E poiché volano in Sicilia, sono stracci zuppi di benzina: pesanti e con la miccia che brucia già. Accusa Rosario Crocetta, presidente della Regione: «I mandarini del Pd vogliono imporre le loro logiche... Mi hanno chiesto di mandare via due assessori perché ci sono due parlamentari che vogliono entrare per forza in giunta. Ma la Sicilia non può permettersi di avere assessori part time». Replica Giuseppe Lupo, segretario siciliano del Pd: «In questi mesi Crocetta si è occupato più di costruire il suo partito del Megafono che di governare la Sicilia. Quando poi ci ha pensato, ha fatto guai: oltre a distribuire centinaia di incarichi di sottogoverno a gente del suo partito».

Da una parte il Presidente della Regione, dunque, e dall’altra il capo dei democratici siciliani. In mezzo, un po’ retoricamente, verrebbe da dire che c’è un’isola perennemente sull’orlo del collasso: il che è vero. In mezzo, però, c’è anche altro: una guerra senza quartiere - cominciata poche settimane dopo il voto dell’ottobre 2012 tra Crocetta e il Pd e all’interno dello stesso Pd (cosa non particolarmente nuova, né in Sicilia e neppure, in verità, a Roma). Un primo e ancora provvisorio «bollettino di guerra» riassume così l’attuale situazione: Lupo ha intimato ai quattro assessori Pd della giunta di dimettersi, loro hanno risposto infischiandosene e allora Lupo li ha dichiarati «fuori dal partito». E visto che c’era, ha aggiunto che fuori dal partito ora c’è anche Rosario Crocetta.

Lo scenario è confuso, come al solito indecifrabile, un grumo di vendette, di rivalse e di progetti che fa dire a Enrico Del Mercato - capo della cronaca di Repubblica a Palermo - «orientarsi qui, ormai, è più difficile che in Medio Oriente, sciiti, sunniti, salafiti...». Decriptare le mosse delle diverse tribù è un’impresa, anche perché le tribù si moltiplicano ad ogni scontro». L’Assemblea regionale, per dire, ha già visto decine di cambi di casacca (quasi tutti da altri partiti verso il Megafono): circostanza che nel febbraio scorso spinse addirittura la Procura della Repubblica ad aprire un fascicolo. Inutile: il girotondo dei deputati regionali è continuato, perché figurarsi chi si preoccupa della solita inchiesta...

Già prima del deflagrare di quest’ultimo scontro, i rapporti tra il vulcanico Crocetta (ha seriamente pensato di sfidare Renzi alle primarie...) e il suo partito non è che volgessero al bello, anzi. I primi sospetti in casa democratica datano a molti mesi fa, quando Crocetta cominciò a strutturare il suo Megafono. «Prima disse che il movimento era un movimento e basta spiega ancora Giuseppe Lupo rappresentativo di un’area del Pd e che avrebbe potuto attirare i voti di chi si sentiva lontano dal partito. Poi ha nominato coordinatori, segretari, organismi dirigenti...».

Non solo. I democratici, infatti, hanno ancora ferite sanguinanti dopo l’ultima tornata amministrativa, nella quale Crocetta arrivò a varare candidature a sindaco del Megafono (a Ragusa, a Licata, a Piazza Armerina...) contrapposte a quelle del Pd. In molti casi le elezioni furono perse: e da lì in poi la faccenda ha preso una piega che non poteva che portare allo show down appena avviato.

Il presidente siciliano, naturalmente, si difende e dice: «Questa regione era al default totale e adesso ha ripreso il suo cammino di risanamento. Abbiamo avviato la riforma delle Province, stiamo utilizzando la spesa europea a ritmi senza precedenti. Il Pd non ha condiviso nulla del percorso di questi 9 mesi... ma deve capire che le istituzioni non si occupano, hanno idee tremende: il partito che detta legge nel governo, che decide gli assessori, che li cambia...».

Se non si fosse in Sicilia, una ricomposizione parrebbe impossibile. «Ci ha escluso da ogni scelta di governo - conclude Lupo -. Non ci ha informato nemmeno che voleva aumentare l’addizionale Irpef per 30 anni a tutti i siciliani. Lo abbiamo bloccato in extremis». Ma poiché siamo in Sicilia, terra dell’uno, nessuno e centomila, conviene tenersi prudenti. E aspettare la prossima puntata...