Vincenzo Nigro, la Repubblica 25/9/2013, 25 settembre 2013
IL TALEBANO D’OCCIDENTE
In questa storia micidiale dell’assalto al Westgate c’è una sola certezza: le verità sono ancora troppe. Nascoste, smentite, deviate, o magari semplicemente deformate. Ma poco alla volta, pezzo dopo pezzo, il puzzle viene ricomposto. E in un angolo della ricostruzione, illuminata e ben distinta, inizia ad emergere una foto, anzi due. La prima immagine è quella di un passaporto del Sudafrica falsificato. È intestato a “Natalie Faye Webb”, nata il 29 ottobre del 1985. Il Sudafrica ha già detto al governo del Kenya «vogliamo investigare, vogliamo collaborare con voi per capire cosa è successo con quel passaporto ». La seconda foto è quella di una giovane donna britannica, bianca: è la stessa donna del passaporto, ma il nome è un altro. Il vero nome della donna della foto è Samantha Lewthwaite, 29 anni, nata Aylesbury, nel Buckinghamshire. Samantha si era convertita alla religione musulmana poco prima di sposarsi con Germaine Lindsay, nel 2002. I due si erano conosciuti su Internet e diventando musulmana la Lewthwaite aveva cambiato il suo nome in Sherafiya.
Quando Germaine si fece esplodere assieme ai suoi camerati nella stazione di King’s Cross, il 7 luglio del 2005, la donna era incinta di sette mesi del secondo figlio. Scotland Yard e l’MI5, il servizio segreto britannico, immediatamente la interrogarono, la misero sotto sorveglianza. Lei disse di non sapere nulla dei piani jihadisti del marito. Ma due anni più tardi Samantha/Sherafiya scomparve: la polizia capì che la donna aveva preso il testimone dal marito, si era riunita ad Al Qaeda da qualche parte fra Pakistan e Africa orientale. Poche settimane, e sui social media jihadisti fu salutata come la “vedova bianca”, ricordando le “vedove nere” dei terroristi ceceni che a loro volta diventavano kamikaze e continuavano la jihad dei mariti. Poi era diventata anche la “dada mzungu”, la “sorella bianca”, in swahili, la lingua parlata in buona parte dell’Africa orientale. Dove si era trasferita.
Facciamo un salto: ieri mattina i giornali del Kenya erano pieni dei racconti dei testimoni, delle vittime dell’assalto di sabato. Una commessa del supermarket racconta che «una donna dalla pelle bianca mi ha sparato durante l’assalto: non ricordo molto, ma ho visto che aveva la pelle bianca, i capelli lunghi e neri, e indossava una maglia larga e nera». La commessa in queste ore è sotto interrogatorio da parte del Nis, il National Intelligence Service kenyano: «Si è fermata, ha mirato verso di me e poi ha sparato, non so come abbia fatto a non colpirmi». Altri testimoni raccontano che una donna bianca dava ordini agli altri terroristi, li guidava, li incitava, li indirizzava. Sabato al Westgate c’era una festa per bambini organizzata da una radio. Due animatrici della radio hanno testimoniato: «C’era una donna bianca, aveva il volto coperto, ma abbiamo visto le mani, e il corpo era quello di una donna. Dava gli ordini in inglese, uno dei terroristi li traduceva in Swahili. Lei dava gli ordini e quelli andavano a sparare».
Il National Intelligence Service ha ricostruito le prime mosse di Samantha in Kenya: è entrata la prima volta il 26 febbraio del 2011 presentandosi al posto di frontiera di Lunga Lunga, usando per la prima volta il passaporto sudafricano falso. Poi ancora un passaggio il 25 agosto del 2011 alla frontiera di Namanga. Questa volta era accompagnata da 3 bambini. Prima di sapere che quel passaporto era un falso, la polizia del Kenya ha dovuto aspettare l’imbeccata delle intelligence occidentali. Nel frattempo Samantha è passata a Mombasa, la seconda città del Kenya, dove è stata riconosciuta come la donna che ha affittato l’appartamento in cui ha vissuto un altro britannico arruolato da Al Qaeda.
Proprio in questi giorni John Grant sta per andare sotto processo a Mombasa. La polizia in quell’appartamento ha ritrovato tutti i componenti chimici e i detonatori necessari a confezionare una bomba dello stesso tipo di quelle esplose sugli autobus e nella metro di Londra il 7 luglio 2005. A marzo l’intelligence inglese avvertì i kenyani che la Lewthwaite assieme ad un certo Fouad Manswab stava preparando un piano per liberare Grant dalla prigione di Mombasa, ma quando i poliziotti fecero irruzione nella casa di Mombasa non trovarono più nessuno.
La “vedova bianca” è scomparsa, ancora una volta. Gli Shabaab su Twitter naturalmente smentiscono, «non c’era nessuna donna fra i nostri combattenti», annunciano nuovi attacchi e smentiscono che l’operazione al Westgate sia conclusa come invece afferma la polizia («Abbiamo ancora ostaggi»). Altri testimoni del massacro, intanto, insistono, «uno dei terroristi era una donna, è entrata in un negozio di abbigliamento ed è uscita con altri vestiti». Potrebbe semplicemente aver abbandonato il Westgate ritornando alla sua identità originaria, una ragazza britannica figlia di un militare di Sua Maestà. Nascondendo quello che nel frattempo è diventata: una terrorista jihadista in fuga nell’East Africa.