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 2013  settembre 25 Mercoledì calendario

PERISCOPIO

Affidiamo tutte le nostre speranze di sviluppo al prodotto interno di Lourdes. Massimo Bucchi. ilvenerdì.



Dobbiamo ripensare tutto, ma non mi ricordo come si fa. Altan. l’Espresso.



(mfimage) Miguel Gotor è l’esperto, il consiliori di Bersani. Immaginava di poter cambiare il Paese mettendo insieme le metafore di Bersani e i vaffanculo di Beppe Grillo. Leonardo Paco. Il Giornale.



Speriamo solo che adesso la Boccassini non indaghi Berlusconi, accusandolo di aver fatto fuori tra il 1994 e il 2013, tutti i leader di Pds, Ds, Ulivo e Pd. Twitter.



È come se ogni giorno Grillo sparasse a salve e vedesse, dopo un po’, i propri nemici cadere comunque feriti. Andrea Cuomo. il Giornale.



Se Berlusconi avesse preso alle elezioni solo lo 0,4% in più di noi, cioè del Pd, e avesse eletto presidente della Camera, presidente del Senato, presidente della Repubblica e tentato pure di prendere Palazzo Chigi, noi del Pd che avremmo fatto? Saremmo stati in piazza a gridare al golpe, avremmo dato del fascista a Berlusconi. Bene, tutto questo è stato quello che ha fatto o tentato di fare il Pd in queste settimane. Complimenti: abbiamo creato un precedente. Camillo D’Alessandro, capogruppo del Pd alla Regione Abruzzo, 36 anni. Libero.



Gli screening e le diagnosi precoci sono pericolose. I vaccini non servono a nulla. Rita Levi Montalcini ha rubato il Nobel. L’Aids è una grande bufala. Le convinzioni di Beppe Grillo in ambito scientifico sono note ma oggi che il suo ruolo è cambiato, da fantasista di successo a leader di una fronda politica parlamentare che aspira a cambiare l’Italia, qualche punto interrogativo è più che mai legittimo. Ignazio Marino, cardiochirurgo e deputato Pd. L’Espresso.



Ma Matteo (come ormai tutti chiamano Renzi, con orgoglio e tenerezza) dovrebbe guardarsi dal dire che «asfalterà» il Pdl, quindi dalla troppa sicumera, dall’arroganza preventiva del vincitore annunciato, della propaganda spaccona. Quantomeno perché porta male, visto che arriva nel giorno stesso in cui l’ex governatrice dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti, è ai domiciliari con accuse pesantissime di corruzione. Un colpo durissimo alla presunta superiorità morale della sinistra, altro che vittoria annunciata. La cui serie storica si apre idealmente a piazza San Giovanni, a Roma, alla vigilia delle elezioni del 18 aprile 1948. Palmiro Togliatti, nel comizio conclusivo, annuncia, di fronte a una folla immensa, l’intenzione di acquistare «un paio di scarponi chiodati per dare un calcio nel sedere a De Gasperi». Le cronache riferiscono di un applauso lungo dieci minuti. Ma tre giorni dopo, la Dc sfiorò la maggioranza assoluta e raggiunse il suo massimo storico. Fabrizio Rondolino. Il Giornale.



Il richiamo storico più appropriato con ciò che sta succedendo in parlamento in questi giorni è Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a Hitler. Qui, per fortuna, non c’è alcuni Hitler all’orizzonte. Però c’è B., che fino all’altro ieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle appena Re Giorgio abdicherà. Marco Travaglio. il Fatto quotidiano.



«Dica la verità, Chiamparino, dopo i 90 voti che ha ottenuto per l’elezione del presidente della Repubblica, sta salendo sull’aereo per Roma?». «No. Sto andando a prendere la macchina in garage. Vado a cena a Rodino, nelle Langhe, da Gemma. Il menu prevede agnolotti, carne cruda e insalata russa» . Repubblica.



Nel Pd si discute per chiarire se i candidati del partito li deve scegliere Grillo oppure Berlusconi. Massimo Bucchi. Repubblica.



Se Bersani non punta su D’Alema, la ragione è evidente, diciamo. Claudio Cerasa. Il Foglio.



Lo scandalo rosso dell’Mps fa impallidire il crac Parmalat e anche il fallimento Banco Ambrosiano. Dietro a questo colossale saccheggio ci può essere di tutto. Bettino Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini... Ma se tu, caro Bersani, così come D’Alema, Veltroni, Franceschini e Fassino non vi siete mai accorti di questo immane disastro finanziario, come potete pretendere di governare il Paese? Beppe Grillo, dal suo blog.



Io, una volta, avevo detto: «La chiave del successo è non apparire mai in televisione». Io non sono presente né su Facebook, né su Twitter eppure vedo che qualsiasi cosa scriva viene ripreso su vari siti, e non posso fare un intervento nel più remoto seminario universitario che subito vado su YouTube. Dunque complimenti a Grillo che ha capito questo principio fondamentale: la comunicazione non è più diretta ma va come una palla da biliardo, ovvero si parla a nuora perché suocera intenda (o viceversa). Umberto Eco. Repubblica.



Nei corridoi sotto la luce artificiale e al suono ansiogeno del cicalino che segnala la chiama in aula, drappelli di onorevoli passeggiano pallidi e intossicati di potere, il cellulare all’orecchio, inseguiti da sms e rincretiniti dai twitter. Alla seconda votazione della Terza Repubblica lo spettacolo del Palazzo non è più avvincente, ma fa già un po’ paura. Filippo Ceccarelli. Repubblica.



Anche la signorile Scelta civica soffre e si lacera. Andrea Riccardi e Andrea Romano, anima cattolica e anima laica del partito, non sono la reciproca tazza di tè. Ilaria Borletti Buitoni non nasconde il disappunto sullo scenario mentre il leader Mario Monti si dimette da leader. Il partito è già soprannominato Sciolta civica. Denise Pardo. L’Espresso.



Finalmente è crollato il caminetto del Pd cioè tutte quelle direzioni, le riunioni allargate, i cerimoniali vuoti. Ci sono stato. Ho visto con i miei occhi. Riunioni imbarazzanti. Io dovevo uscire, mi sentivo male. Il delegato romagnolo con la sua paginetta sulle anguille nel fiume Marecchia, seguito sul palco da quello campano con i suoi cinque minuti sulla variante di valico di Nola. Mezza sala a leggere il giornale, l’altra mezza attaccata al telefonino. Nessuno ascoltava. Accadeva da anni, nell’illusione del dibattito democratico. Vincenzo Cerami, sceneggiatore, Pd. Il Fatto quotidiano.



I puritani sono degli sporcaccioni che si vergognano di confessare i piaceri che provano. Roberto Gervaso. Il Messaggero.