Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 25/9/2013, 25 settembre 2013
INVESTIRE 25 MILIARDI PER RINNOVARE LA RETE
Sono stati diciotto mesi di cammino faticoso per l’Autorità dell’energia e del gas, chiamata a dare un assetto regolatorio al settore «complesso e frammentato» dell’acqua che una regolazione stabile non ha mai avuto. Obiettivi principali: riformare la tariffa così da "premiare" solo chi realizza effettivamente gli investimenti programmati, obbligare i gestori al rispetto di standard qualitativi, superare emergenze ambientali come quella della depurazione, dare seguito al referendum popolare del 2011 che aveva cancellato la remunerazione del capitale (ammettendo però il riconoscimento dei puri costi finanziari degli investimenti). Conclusa a fine 2012 una prima fase con la definizione di un «metodo tariffario transitorio» contestato con una raffica di ricorsi al Tar da sinistra dal Forum dell’acqua (promotore del referendum del 2011) e da destra dai gestori del servizio, l’Autorità ha fatto un salto di qualità a ridosso dell’estate, con due iniziative che rilanciano il tema idrico a dispetto delle difficoltà e a consolidamento del lavoro svolto.
Prima, il 25 luglio, con il documento di consultazione 339/2013 ha riproposto la centralità degli investimenti nel settore idrico, con una prima ricognizione che ha evidenziato un fabbisogno per 25 miliardi nei prossimi cinque anni: dato più realistico e solido dei 60 miliardi decennali che in questi anni è stato ripetuto in inchieste e monitoraggi. Poi, il 1° agosto, con un secondo documento (356/2013), ha preso atto delle peculiarità del settore idrico e ha proposto una «regolazione innovativa e asimmetrica», insomma «federalista», riconoscendo a ogni ambito territoriale peculiarità in termini di finanziamenti, progettualità, investimenti, a condizione che anche le specificità riconosciute portino a un miglioramento del servizio, a un effettivo svolgimento degli investimenti, a una sostenibilità economica delle gestioni, a una crescente sostenibilità ambientale delle gestioni (per esempio con la realizzazione del piano di depurazione rimasto per gran parte lettera morta nonostante la decisione di procedure aperte dall’Unione europea).
L’obiettivo comune dell’iter aperto dai due documenti è la «stabilizzazione del quadro di regole», senza trascurare importanti innovazioni: l’internalizzazione dei costi ambientali, il superamento del principio del «full cost recovery» (copertura integrale dei costi mediante la tariffa), la trasformazione del metodo tariffario provvisorio in metodo tariffario definitivo fino al 2015.
Un seminario svolto dall’Anea (associazione nazionale delle autorità e degli enti di ambito) riconosce all’Autorità un tentativo di «sistematizzazione» di una questione centrale come quella degli investimenti e sottolinea la volontà di tutela dell’ambiente, richiamando semmai la necessità di non perdere mai di vista l’aspetto dell’equilibrio economico-finanziario «che dovrebbe essere il punto di partenza di ogni possibile ragionamento». La presidente dell’Anea, Marisa Abbondanzieri, ha confermato la valutazione positiva sull’azione dell’Autorità e il buon dialogo fra regolatori centrale e periferici. Con una chiosa finale: «I finanziamenti di cui ha bisogno il sistema non possono essere completamente a carico della tariffa». È la nuova linea che potrebbe mettere d’accordo Autorità, enti di ambito, probabilmente i gestori, forse ambientalisti e Forum dell’acqua, addirittura il Governo che ha promesso - con il sottosegretario D’Angelis e con il Def infrastrutture - un nuovo impegno nel settore, utilizzando meglio i fondi Ue e garantendo le norme che potrebbero consentire di utilizzare strumenti finanziari come project bond, hydrobond, certificati blu, fondi di sviluppo.