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 2013  settembre 25 Mercoledì calendario

CALAMITY JESSICA COLPISCE ANCORA «GUAI A CHI DICE CHE SONO FREDDA»

Lima, orario del cappuccino. Spari in sottofondo. Bang. Bang. Bang. Jessica, non ne ha ancora abbastanza? «Stanno sparando i maschi, sono al poligono a fare il tifo. Però lo ammetto: in pedana provo emozioni così forti e belle, che poi è difficile staccarsi...».
C’è qualcosa di alieno, e quindi affascinante, nella campionessa del mondo Jessica Rossi da Crevalcore, insinuata come un cuneo nel triangolo di Emilia Romagna tra Bologna, Modena e Ferrara, capace a 21 anni di centrare tre ori in tre mesi («E pensare che doveva essere una stagione di transizione...»), Giochi del Mediterraneo-Europei di Suhl-Mondiali in Perù, dove in finale ha sforacchiato (12-10) la giapponese cresciuta a Montemurlo (Prato) Yukie Nakayama, di nuovo regina a quattro anni di distanza (Maribor 2009, aveva 17 anni). Ha cambiato casa («Con i soldi dell’oro di Londra ho comprato un appartamentino a Ponso, Padova, per me e il mio ragazzo, Mauro...») e fucile (da Perazzi a Beretta), le hanno cambiato le regole («Dopo i 75 piattelli si azzera tutto: non mi piace») ma non è cambiata lei, Calamity Jessica.
Complimenti, Jessica. Ma come fa?
«Il campo era difficilissimo, la visibilità pessima. Nella prima serie ho mancato l’ultimo piattello, il 25°. Mi ero abbattuta. Poi ho pensato che in fondo era facile: da lì in poi bisognava non sbagliare più».
La definiscono fredda: è un complimento o una critica?
«Fredda no: le emozioni le provo anch’io. L’importante è saperle gestire. Da prima di Londra lavoro con un mental coach, Roberto Re. Procediamo per obiettivi, mano a mano che li raggiungo. E poi l’esperienza conta tanto».
Dire che è l’oro della maturità, a 21 anni, fa sorridere.
«È un oro voluto, maturo e consapevole. Nel 2009 ero andata al Mondiale con lo scopo di non fare disastri e arrivò una medaglia insperata».
Ha bruciato le tappe: come ci si sente ad aver già vinto tutto?
«Il 20 ottobre c’è l’ultima gara di Coppa del mondo ad Abu Dhabi. Stacco un mese e poi comincio a pensare a Rio 2016: l’anno prossimo c’è già un Mondiale che mette in palio le carte olimpiche».
Niente fucile, in quel mese di stacco.
«Noooo, per carità. Vacanza, al caldo. Mare. Con Mauro non abbiamo ancora deciso dove. Il Beretta resta a casa. Ci vuole, per disintossicarsi, sennò ti scoppia la testa».
Il tiro a volo le appare anche in sogno?
«Spesso. L’ultima volta ho sognato che arrivavo in ritardo in pedana e mi davano tre zeri. Il peggiore degli incubi!».
È vero che in salotto ha un coniglio domestico che soffre terribilmente di nostalgia per lei?
«Si chiama Cocco. L’ho preso che era cucciolo. Si fa avvicinare solo da me».
È vegetariana?
«No. Divoro bistecche su bistecche».
È animalista?
«Non vado a caccia ma non sono contraria».
Non è che Cocco teme di finire impallinato, un giorno?
«Ma daiiiiii, non scherziamo!».
Sparare per l’oro cambia la vita?
«Non direi. Sì, magari mi riconoscono di più, l’anno scorso sono stata sul palco di Sanremo (bellissimo!), se mi proponessero un bel reality in tv lo prenderei in considerazione ma io sono rimasta la solita Jessica, quella di sempre».
Sparare non è molto da maschi?
«Il fucile è un attrezzo, uno strumento di lavoro. Potrebbe essere una racchetta da tennis. Certo in pedana apparire sexy è dura ma io alla mia femminilità ci tengo...».
Ci tiene anche al ruolo di portabandiera a Rio, parrebbe di capire...
«Sarebbe fantastico! Ai Giochi del mediterraneo è già stata una grande emozione, chissà a un’Olimpiade...».
Le par giusto che per conquistare un titolo lei deve fare i numeri e a certi calciatori basta uno sternuto?
«Contro i giocatori non ho nulla, ma di calcio in Italia si parla eccessivamente: è troppo invadente, basta...».
Largo a Jessica, sennò spara.
«Ecco, brava».