Pierpaolo Velonà, Corriere della Sera 25/9/2013, 25 settembre 2013
LA CORTE DI STRASBURGO: GIORNALISTI, NO AL CARCERE SÌ AL RICORSO DI BELPIETRO
MILANO — Sulla homepage di Libero , la notizia è stata pubblicata con un occhiello aggressivo: «Punito il Paese dei manettari». Nelle stesse ore, al telefono, il direttore del quotidiano Maurizio Belpietro dava invece sfoggio di notevole understatement : «Come ho accolto la sentenza? Da un lato positivamente perché ritenevo che quella condanna fosse ingiustificata. Dall’altro con amarezza: purtroppo siamo ancora qui a discutere di giornalisti che pagano con il carcere». La sentenza è quella promulgata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha dato ragione a Belpietro, condannato a 4 mesi di carcere dalla Corte d’appello di Milano per diffamazione (verdetto confermato in Cassazione). La colpa del direttore? Aver pubblicato nel novembre 2004 sul Giornale, che allora dirigeva, un articolo di Raffaele Iannuzzi intitolato «Mafia, 13 anni di scontri tra pm e carabinieri». Il pezzo raccontava i presunti contrasti fra magistrati e forze dell’ordine impegnati nella lotta antimafia: fu ritenuto diffamatorio nei confronti dei magistrati Giancarlo Caselli e Guido Lo Forte. L’aspetto curioso della faccenda è che mentre l’autore dell’articolo, Iannuzzi, non subì alcuna condanna perché coperto dall’immunità parlamentare (era senatore di FI), Belpietro fu condannato non solo a risarcire Lo Forte e Caselli con 110 mila euro, ma anche a 4 mesi di prigione (pena poi sospesa). La Corte di Strasburgo ha ritenuto illegittima quest’ultima parte del verdetto (la prigione) con la seguente motivazione: condannare un giornalista al carcere costituisce una violazione della libertà d’espressione (fanno eccezione i casi di incitamento alla violenza o la diffusione di discorsi razzisti). Ora Belpietro avrà diritto a un risarcimento di 10 mila euro per danni non pecuniari e di 5 mila euro per le spese legali.
Secondo i giudici di Strasburgo, la prigione per un reato a mezzo stampa è quasi sempre incompatibile con la libertà d’espressione dei giornalisti, garantita dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti umani. È su questo tasto che batte Belpietro: «Penso che questa sentenza farà giurisprudenza. Purtroppo un magistrato che sbaglia non viene sanzionato né sulla carriera né sul portafoglio. Con questo non voglio paragonare i giornalisti ai magistrati che sono un ordine della Repubblica...». La sentenza è stata accolta con soddisfazione da Franco Siddi, presidente della Fnsi, il sindacato dei giornalisti: «È un brutto ceffone per un Paese, il cui Parlamento da decenni rinvia l’abolizione del carcere per i giornalisti. L’Italia è già fuori tempo massimo...». Rarissimi, invece, gli episodi di esultanza nei partiti, con alcune eccezioni (i deputati del Pdl Deborah Bergamini ed Eugenio Roccella). Belpietro non si stupisce: «I giornalisti non sono visti con simpatia dai parlamentari che li reputano responsabili del clima di ostilità verso la “Casta”. In realtà sono loro che hanno esagerato...».