Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 24 Martedì calendario

TRAMONTANO I LIBERALI: IDEE CONFUSE E POCO APPEAL

Per la prima volta dalla fine del­la guerra, i liberali tedeschi reste­ranno fuori dal Bundestag. Anche se per poco, non hanno superato la soglia del 5% e quindi non avranno rappresentanza. Dopo una simile disfatta, le dimissioni di Philipp Ro­esler appaiono quasi un atto dovu­to, anche in considerazione del fat­to che l’alleato di governo, Angela Merkel, ha incassato un successo di notevoli proporzioni.
A ben guardare, però, quanto è accaduto in Germania va inserito in un quadro che vede i vecchi parti­ti liberaldemocratici di secondo Novecento declinare un po’ in tut­ta Europa, come mostra la situazio­ne sempre più difficile in cui si tro­va l’analogo partito britannico. E un tale fallimento può essere spie­gato in vari modi.
Sicuramente, e da tempo, i libera­li e­uropei appaiono privi di un chia­ro profilo ideologico. Basti ricorda­re che nel gruppo del Parlamento europeo che ospita i liberali di tut­to il continente troviamo pure l’Ita­lia dei Valori. Com’è possibile? Per­ché da tempo le varie organizzazio­ni internazionali che raggruppano i movimenti liberali uniscono temi propriamente liberali (difesa della proprietà e del mercato) ad altri che non lo sono affatto. Negli scorsi anni mi è capitato a più riprese di vi­sitare le sedi della Friedrich Nau­mann Stiftung, la fondazione cultu­rale dell’Fdp, e ho avuto occasione di trovare esposti- al tempo stesso­volumi di un libertario come Hans- Hermann Hoppe e di un liberalso­cialista come Ralph Dahrendorf.
Questa ambiguità è stata perfet­tamente funzionale all’adozione di una strategia ondivaga, la quale ha permesso all’Fdp di fare maggio­ranza talora con i socialisti e in altre occasioni con i democristiani. L’uo­mo politico che più ha caratterizza­to l’Fdp nel dopoguerra, Hans-Die­trich Genscher, è stato al governo dal 1969 al 1982: in maggioranze di coalizione con la sinistra, prima, e con i democristiani, poi.
Per giunta, questo liberalismo dai toni lib-lab ha creduto di poter perpetuarsi senza affrontare con coraggio le nuove tematiche. Nel momento in cui l’Fdp esce di sce­na, l’AfD (Alternativa per la Germa­nia) ottiene i medesimi voti dei libe­rali con un messaggio decisamen­te anti-europeista. Molti tedeschi stanno iniziando a capire che l’uni­fi­cazione politica può rappresenta­re una trappola, portando a un ge­stione tutta politica sull’euro e a scelte monetarie lassiste, entro una generale logica solidale e redi­stributiva che porterà le economie più in salute a sovvenzionare i Pigs.
Anche su questo tema i liberali te­deschi non sono apparsi persuasi­vi. Avrebbero dovuto contrastare ogni demagogia, ma al tempo stes­so offrirsi a garanzia della stabilità dell’euro e a difesa di chi lavora e produce. In Germania, sono in mol­ti a temere di dover pagare il conto dei debiti accumulati da Italia e Spagna, ma di fronte a loro la Me­rkel ha saputo essere più convin­cente di Roesler e di Guido Weste­rwelle.
Soprattutto, e questo vale per la Germania come per altri Paesi, i partiti che a parole si richiamano al liberalismo non hanno saputo fare i conti con la disfatta epocale del welfare State, che pure è la questio­ne cruciale su cui gli europei - alle prese con conti pubblici fuori con­trollo - dovrebbero confrontarsi con realismo. Non hanno colto co­me questo sia il tema cruciale e co­me l’unica soluzione consista nel difendere le libertà individuali e contrastare l’interventismo di Sta­to. Su tale questione la voce dei libe­rali non si sente da decenni e non a caso la stessa Margaret Thatcher non apparteneva a tale tradizione, anche se alla testa del partito con­servatore seppe essere più liberale di molti liberali solo di nome.
Dopo il risultato degli euroscetti­ci tedeschi e con le elezioni euro­pee ormai alle porte, (si voterà a maggio), la galassia liberaldemo­cratica è comunque costretta a ri­pensarsi, se vuole sperare di avere un futuro.