Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano 24/9/2013, 24 settembre 2013
I 5 STELLE HANNO PERSO L’APRISCATOLE
Che fine ha fatto il Movimento 5 Stelle? Quando cominceranno le doppie conferenza stampa mensili di Grillo a Genova e Milano? E il nuovo Vaffa Day? Certo, M5S sta combattendo molte battaglie, su tutte quelle in difesa della Costituzione e contro l’omofobia. Come e più di Sel, è l’unica opposizione alle larghe intese. I parlamentari 5 Stelle sono i meno assenteisti e i più battaglieri. La loro attività sembra però seguire una strana sinusoide. Per i primi due mesi, complice il duo Tafazzi Lombardi-Crimi, hanno sbagliato molto. Con la candidatura di Rodotà sono tornati in carreggiata. Da quel momento, crivellati da un sistema mediatico che perlopiù li detesta, sono cresciuti. Inciampando però in quella odiosa refrattarietà al dissenso che li caratterizza, dal caso Gambaro alla strategia (by Casaleggio) per isolare i reprobi. Negli ultimi giorni, M5S non dà molto segno di sé. O meglio: lo fa, ma più che altro per eventi collaterali: l’obiezione degli scontrini per combattere il fisco, la guerriglia alla Preside Permalosa Boldrini, le teorie complottiste sull’11 settembre. In quello che sembra il momento più nero per Berlusconi, con il governo eternamente in bilico, i 5 Stelle parlano d’altro.
DURANTE LA DISCUSSIONE in Giunta, uno dei più efficaci era stato il senatore Mario Michele Giarrusso. Ora anche Berlusconi, contro cui – almeno loro – si sono sempre battuti senza sconti, sembra marginale: ci sono cose più importanti di cui parlare, garantiscono. Per esempio il ritiro, grazie alla loro opposizione, di un emendamento Pd che intendeva dare un milione di euro l’anno ai partiti per i loro archivi. Tutto bello, tutto nobile. Poi però uno si chiede: sì, ma quei 9 milioni o giù di lì di voti? Non li hanno messi in frigo, perché in Parlamento lottano, ma sembra che a ogni snodo decisivo il M5S ami giocare di rimessa. Gli ultimi sondaggi li ridanno sopra il 20%, segno che forse hanno ragione loro e che certo non hanno ragione quelli che a marzo li davano già finiti. Permane, eppure, la sensazione che i 5 Stelle siano bravissimi a combattere le battaglie e perdere le guerre. È già qualcosa, ma non è abbastanza. Hanno deciso di andare in tivù, in collegamento o faccia a faccia, comunque lontani dai pollai. C’è chi lo sa fare, come Luigi Di Maio, e chi non lo sa fare, come Paola Taverna. E c’è chi è bravo a incendiare il dibattito come Alessandro Di Battista. In un’intervista all’Espresso, alla domanda se i 5 Stelle avessero sin qui commesso errori politici, Di Battista ha risposto senza esibire dubbi: “No”. Magari (per loro) fosse vero. Ne hanno fatti e ne fanno, regalando alibi industriali proprio a chi odiano sempre più: il Pd. Ogni volta che potrebbero uscire dall’angolo se ne stanno a guardare, ripetendo poi “Noi l’avevamo detto” quasi compiacendosi dei disastri altrui. Non vogliono alleanze col Pd, e c’è da capirli, ma neanche propongono rilanci concreti. Di nomi non ne fanno mai: “Tanto Napolitano non li accetterebbe”, ripetono, dimenticando la differenza tra strategia coerente e duropurismo fighetto. Basterebbe proporre un governo di scopo, sottoponendo agli altri una lista di alto profilo (Zagrebelsky, Strada, etc): “Ci state o non ci state?”. Sarebbe sufficiente per fare tana al Pd e dimostrare di essere forza di governo, oltre che di lotta. Ma non lo fanno. Rivoluzionari in terra sbagliata e adusi all’ortodossia assembleare, dovrebbero forse leggere meno mail di Casaleggio e più scritti corsari di Pasolini.