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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

L’ITALIA OSTAGGIO DI QUEL 3% CHE CI HA SPINTO NEL BARATRO

Penso che siano molti gli italiani che oggi vorreb­bero, come me, poter scrivere una lettera confiden­ziale ad Angela Merkel, alla «donna» Angela Merkel che ha in mano, con il potere politico, il destino presente non soltan­to dei tedeschi, ma di tutti colo­ro che sono legati a Maastricht e alla moneta euro. Perché vorremmo scrivere al­la donna Merkel, più che al ca­po del governo della Germa­nia? Perché l’euro, Maastricht e la «dittatura del 3%» hanno portato terribili sofferenze a co­loro che vi sono stati coinvolti; perché la crisi che ha investito l’Europa è dovuta, in modo di­retto tanto quanto in modo indi­retto, ai parametri di Maastri­cht e alla sua moneta; perché le migliaia di suicidi di Francia (chi potrà mai dimenticare i 57 suicidi dei dirigenti di France Telecom?), di Grecia, d’Italia, sono stati provocati da questa crisi, così come le migliaia di di­soccupati, di imprenditori falli­ti, di aziende costrette a chiude­re. Faccia un giro nella Lombar­dia, motore dell’economia pro­duttiva italiana, cara Signora Merkel, e vedrà il risultato del grande mercato promesso da Maastricht e dalla sua moneta: le fabbriche sono tutte chiuse.
Non creda ai politici che ven­gono a trovarla, inclusi quelli italiani, come Monti prima e ora Letta e i suoi ministri, Sacco­manni e Zanonato, tutti a porta­re la croce del 3%, in ginocchio davanti a questo totem: lei lo sa bene che le loro verità non sono verità. Se dicono, come dicono, da oltre tre anni, che si comin­cia a vedere la luce in fondo al tunnel, è perché questo tunnel non è un tunnel, ma la realtà. Si affidi al suo cuore e capirà, senti­rà quanta disperazione è accu­mulata dietro le macerie di ogni fabbrica chiusa, di un’Eu­ropa che era nel pieno della ri­nascita industriale, commer­ciale, culturale quando Maa­stricht e l’euro hanno spazzato via a poco a poco ogni speranza di vedere risorgere un grande mercato italiano ed europeo.
Ma soprattutto si è spenta l’anima dell’Europa, la sua ve­ra ricchezza. L’anima dell’Euro­pa non è mai stata il mercato, ma la creatività, la scienza, la fi­losofia, l’arte,la musica, la poe­sia, la cultura: era questo che portava con sé, quasi come un inevitabile prodotto, anche il mercato e la ricchezza. Maastricht e i suoi parametri sono sbagliati; una moneta uni­ca per mercati diversi e prodot­ti diversi non può funzionare: l’ha affermato, insieme a molti altri famosi economisti, anche il Premio Nobel Amarthya Sen. Ma per chi è abituato a fare scienza, quello che conta sono i risultati di un esperimento. Eb­bene, consideriamo la situazio­ne dell’Europa come il risultato di questo esperimento: è evi­dente che i calcoli erano sba­gliati.
Ci troviamo ormai davanti a dei nuovi martiri: quelli che si sono sacrificati e che debbono sacrificarsi per rimanere nel sa­cro parametro del 3% del Pil e mantenere in vita l’euro. Ci tro­viamo davanti, infatti, all’ab­bandono di ogni razionalità, di ogni possibilità umana di dub­bio, di alternativa, di scelta, os­sia davanti a un puro fenomeno di «sacralità»: sacrificarsi, mori­re, ma non venire meno.
E,se non si vuol credere all’in­staurarsi del Sacro nel pieno di un discorso mercantile e finan­ziario, allora siamo costretti a ri­piegare sulla patologia fobica. Quando il Signor Saccomanni afferma che, se si sfora il 3 % del Pil, lui dà le dimissioni, ebbene appare abbastanza evidente che ci troviamo fuori dalla nor­malità razionale e che una qual­che fobia sta comparendo al­l’orizzonte dei tutori della no­stra economia. Coraggio, corag­gio, cari economisti e banchie­ri: non lasciatevi prendere pure voi dalla disperazione dei para­metri, dopo averla imposta a noi in tutti questi anni come un infallibile dogma teologico. È vero che sono una vostra creatu­ra, ma tutti possono sbagliare e l’importante, come afferma un vecchio adagio, è non persiste­re nell’errore.