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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

L’ IMPIEGATO VOLLE FARSI ATTORE CON UN BLUFF

Fu un bluff. In mano il giocatore Ivano non aveva niente. Neppure una coppia. In testa una grande depressione, quella sì. E la voglia di licenziarsi, andare via dal Comune di Ravenna dove l’avevano assunto come disegnatore progettista dieci anni prima. Le pareti si facevano sempre più strette. Un giorno un suo amico attore doveva presentarsi a recitare in uno spettacolo teatrale a Bologna, regia di Susy Bladi e Patrizio Roversi. “Vacci tu”, si sentì dire.
Ivano Marescotti, classe 1946, professione attore con ottanta film, fiction, teatro, perseguitato dal dottor Randazzo di Johnny Stecchino, non è più un ragazzino. Quel giorno ha 35 anni e chiede le ferie al Comune. “Mi rimanderanno indietro”, mi dissi. “Non avevo mai recitato in vita mia. Mai una volta. Neppure per sbaglio, neppure alle recite scolastiche”. Si presenta e Roversi gli dice: “Ma tu con chi hai recitato?”. Bluff: “Un po’ qua un po’ là”. “Proviamo”. Alla fine gli dissero: “Però sei bravo”. Iniziò così la sua carriera di attore. “Quando mi licenziai dal Comune, che allora neanche si poteva”, racconta oggi al Fatto, “dovetti dare soldi io indietro. Per recitare avevo fatto troppi giorni di ferie, ero in debito”. Era nato anche comunista, l’Ivano. Non è più né impiegato né comunista. Recita. E recita bene. La sua faccia lo ha aiutato. Anche quella tosta: “Non so una parola d’inglese, ma ho lavorato con Ridley Scott, Anthony Hopkins, Matt Damon e così via. Hannibal, Il talento di Mr Ripley, King Arthur. “Ormai la lezione l’avevo imparata. Io andavo. Mi chiedevano: ma tu parli inglese? Rispondevo ov cors e mi prendevano. Ma la parte me la sarei guadagnata sul posto”.
Mica si può raccontare la vita di una persona così, stretti dagli spazi di una pagina di giornale. Marescotti è sicuramente un attore con la A maiuscola. Ed è altrettanto una persona perbene. Leale sempre, se bluffa è perché gli piace la sfida e sul piatto c’è il suo futuro. E gli piace sempre ritornare a quel teatrino di Bologna che gli cambiò l’esistenza. “Intanto avevo una depressione fortissima. Questo era il mio stato. Pensavo di non rialzarmi mai più. Ma quando salii su quel palco, a 35 anni, ho vissuto l’emozione più forte della mia vita. Giudicatelo banale, se vi pare. Ma non credo che il cuore mi potrebbe tremare come allora, neanche se vincessi l’Oscar”.
IL DEBUTTO VERO e proprio, nel cinema, coincise con quello di Silvio Soldini, L’Aria serena dell’Ovest. Ama un film in particolare cui è protagonista: “Strane Storie” di Sandro Baldoni. “Un grande film. Se lo mandassero oggi in televisione farebbe il pieno. Ma i film hanno una vita strana. Io sono tormentato da quei tre minuti con Benigni in cui facevo l’assicuratore. La gente mi ferma ancora per strada. Tre minuti che cancellano una carriera intera, grandi film, teatri, ruoli più importanti. Ma quello fu un film particolare. E ogni anno in televisione, almeno una volta, capita di rivederlo. E il ruolo dell’assicuratore fu azzeccato”. Con Benigni fece anche il Mostro. “Con Roberto sono arrivato in anticipo”. Perché? Sta bluffando? “No, mi spiego meglio. In genere non si fanno più di due film con lo stesso regista. Altrimenti il cast diventa più simile a una compagnia teatrale. È una vecchia regola. Io feci Johnny Stecchino e il Mostro. Lui dopo girò La vita è bella. E vinse l’Oscar. Con Checco Zalone ne ho fatti due. Faccia ora sta facendo anche lui il terzo, senza di me. Porto fortuna”, e se la ride.
Anche perché l’Oscar ritorna nella conversazione, ma lui lo sa bene che nessun attore può venire da Bagnacavallo. Ci ha fatto su anche uno spettacolo. “Perché sono direttore del teatro di Conselice, ma sono di Bagnacavallo”. E lui ci mise su uno spettacolo teatrale, titolo: Nessun attore può venire da Bagnacavallo. “In realtà questa storia dell’invettiva è un po’ leggenda. Si tratta di una citazione ben precisa, presa da un film di Totò , Totò sulla Luna, regia di Steno. Totò in una scena fa un provino a un’attrice, comparsa prosperosa come lo erano le bellone di allora. Le chiese da dove venisse, lei rispose Bagnacavallo. E il grande Totò, in una delle sue improvvisazioni poi diventate copione le rispose: Bagnacavallo? Nessun attore può venire da Bagnacavallo. È così che nacque lo spettacolo teatrale. Autobiografico, ma su una battuta di Totò”.
Nel frattempo ha girato una settantina di film con Anthony Minghella e Ridley Scott, Marco Risi, Roberto Benigni, Pupi Avati, Sandro Baldoni, Maurizio Nichetti, Carlo Mazzacurati, Antonello Grimaldi, Klaus Maria Brandauer, Antoine Fuqua. Sei nomination al Nastro d’Argento, che vince nel 2004 per l’interpretazione nel cortometraggio Assicurazione sulla vita di Tommaso Cariboni e Augusto Modigliani.
DICEVAMO COMUNISTA. E figlio di partigiano. è un “fondatore” del Pd, e ha iscritto personalmente Romano Prodi, senza più riconoscersi in quello che era il suo partito. Non l’unico, né l’ultimo. Così, quando a Bologna è uscito fuori che il Comune finanziava le scuole private, ha promosso, lui e altri intellettuali, il referendum contro il finanziamento alle scuole private. E l’ha anche vinto. È il suo modo di far politica. Avrebbe anche la voglia e il piglio per candidarsi. Si definisce un “animale politico”. Ma non trova casa che lo possa ospitare, perché Marescotti gioca da libero. O si tiene in mano il bluff.