Osvaldo De Paolini, Il Messaggero 24/9/2013, 24 settembre 2013
AIRFRANCE, CONDIZIONI PIU’ DURE PER L’ACQUISTO DI ALITALIA
«Dal nostro punto di vista non ci sono preclusioni». Così ieri il ministro Maurizio Lupi sull’ipotesi che Air France-Klm salga al 50% nel capitale di Alitalia. Secondo il ministro, l’importante è che l’Italia non divenga solo luogo si saccheggio: 60 milioni di potenziali viaggiatori e un contesto culturale e turistico unico, sono un valore che non può essere svilito. Il compito del governo, ha spiegato Lupi, «è perciò di ottenere garanzie su come verrà salvaguardato il ruolo del nostro hub, i livelli produttivi e la prospettiva di un’Italia che continui a svolgere un ruolo nel settore aeroportuale».
Una dichiarazione di tono rassicurante, quasi che già esista un dialogo aperto tra Roma e Parigi. La verità è che non solo non c’è alcun canale aperto, ma di fronte alla dura prospettiva ventilata dalla stampa francese nei giorni scorsi c’è il rischio che le incomprensioni divengano più estese. L’ala dura del cda di Air France, in particolare la componente Klm (che ieri pare abbia fatto sentire la sua voce durante il cda della compagnia transalpina), ritiene infatti che l’avventura in Alitalia possa continuare solo a patto che la governance finisca nelle mani di Air France, con libertà di determinazione delle rotte e degli organici. Perché ciò si realizzi, la compagnia franco-olandese sta valutando se raddoppiare la propria partecipazione nel capitale Alitalia, fermandosi però prima del 50% per evitare di consolidare il debito della compagnia italiana (quasi 1,1 miliardi tra esposizione bancaria, leasing sugli aerei e anticipi).
Insomma, dopo aver argutamente abbandonato la partita nel 2008 in risposta all’intransigenza dei sindacati e in seguito alle peggiorate condizioni del mercato - una verità assai diversa da quella raccontata nei cenacoli che invece imputano alla cordata italiana e all’opposizione del governo Berlusconi l’uscita di scena dei francesi - ora Air France si prepara a tornare quale dominus proponendo condizioni capestro. Ciò anche grazie al fatto che, bene attenta a impedire che Alitalia finisse nell’orbita di altri vettori e approfittando di una certa miopia dei soci italiani, riuscì a infilare nel capitale sociale la «zeppa» del 25% che ora impedisce alla compagnia - a causa delle pesanti penali che comporterebbe rescindere gli accordi commerciali - di imbarcare partner più in sintonia con le sue aspirazioni.
La stessa freddezza manifestata di recente dai vertici di Ethiad è figlia di questo stato di cose: anche un bambino capirebbe che dietro l’improvvisa retromarcia del vettore emiratino c’è la mano di Parigi che suggerisce pazienza, per cogliere insieme il frutto ormai penzolante a prezzi di liquidazione. Del resto, se per disperazione i soci di Alitalia dovessero abbracciare le proposte estreme di Air France, i soldi che la cordata francese sborserebbe sarebbero davvero pochi. Se i numeri che circolano sono veri - e non dovremo attendere molto per verificarlo visto che il cda di Alitalia si riunirà giovedì 26 per deliberare le misure d’urgenza - Air France spenderebbe infatti non più di 100 milioni di euro per avere il controllo assoluto della compagnia italiana senza doversi sobbarcare un solo euro di debito.
Ora, non v’è dubbio che Alitalia, non sempre gestita al meglio anche dopo la resurrezione del 2008 e sicuramente sfavorita da un mercato del trasporto aereo che peggio non si poteva, necessiti di una profonda manutenzione, non solo finanziaria. E tuttavia, nemmeno Air France-Klm può rallegrarsi delle sue performance. Se infatti Alitalia nei cinque anni di gestione privata ha perduto 800 milioni a fronte di un fatturato di circa 14 miliardi e un impegno finanziario a 1,2 miliardi, nello stesso periodo la compagnia transalpina ha realizzato ricavi per 107 miliardi, incassato perdite per poco meno di 5 miliardi e accresciuto l’indebitamento lordo fino a 11 miliardi.
Certo, con quasi 5 miliardi in cassa e una potenza di fuoco di quasi dieci volte superiore un confronto tra Air France e Alitalia ha poco senso. Ma ciò non dà diritto ai francesi di alzare la voce a loro piacimento su organici e rotte. Come osserva Lupi, Alitalia non è solo una compagnia aerea, al suo attivo c’è un contesto territoriale che può fare la differenza nell’ambito di un trasporto aereo mondiale in cerca di nuovi parametri. E sappia il governo Letta che una volta ceduta, difficilmente tornerà indietro. Il fatto che gli advisor per Air France siano Lazard Italia e Mediobanca, vale a dire due merchant bank che vestono gli stessi colori di Alitalia, non è di per sé una garanzia che faranno buona guardia agli interessi generali del Paese.